martedì, gennaio 31, 2012

La Vetrina Interattiva di Net a Porter


... dà un senso tutto diverso al Window Shopping. Mooolto carino.

L'8 Settembre 2011 la vetrina di Net a porter è diventata un'esperienza di esplorazione del prodotto, una experience. 

L'operazione "The Window Shop" si è basata su una specifica app per tablet e smartphone.
Il capo si presenta indossato, un po' come assistere ad una sfilata. E l'acquisto si può fare dal device.

Un po' Realtà virtuale / Augmented reality, un po' QR code - ma senza il qr code, molto geek advertising, una spruzzata di promozione, vinci i premi dalla vetrina.. molta interazione con tablet e smartphone...

Ecco il video.
Se poi questa è una marca che vi piace seguire, segnalo anche il magazine per iPad.

Dati sul Social-una presentazione. Il 22% della popolazione mondiale usa i Social.


Utile per le presentazioni (e anche per sapere e capire). 

Gli ultimi dati di penetrazione dei Social Media divisi per piattaforma e per regione da Wearesocial.

lunedì, gennaio 30, 2012

Colpirne uno per educarli tutti. Sui Social :-) Brillante case history

Il Grande Timoniere la intendeva un po' in un altro senso. Ma questo esempio di "real time marketing" su Twitter è da manuale.

Ve ne faccio una sintesi (poi potete leggere l'approfondimento - la case history redatta dal protagonista in persona).

Qualcuno al Ristorante Morton stava evidentemente tenendo d'occhio Twitter.
Così, quando un fan del ristorante, nel mezzo di una giornata in aereo, ha espresso su Twitter la voglia di una bisteccazza, questi hanno mandato un cameriere in guanti bianchi a portargliela :-)

Chiaro, una cosa così la puoi fare una volta o due l'anno... ma i buzz e la goodwill generata se ben gestita vale di gran lunga il costo dell'operazione. 



The Catvertising Agency


Catvertising.
Questo è il futuro.

venerdì, gennaio 27, 2012

Corso Marketing e Comunicazione Digitale-formula weekend


Nuovo corso del Sole 24 Ore in cui sarò uno dei docenti ( a Milano).
Se interessa, potete avere maggiori informazioni sul sito del Sole 24 Ore.

• COME CAMBIANO LE LEVE DI MARKETING: LE 4 P DIGITALI
• E-BUSINESS
• DIGITAL STRATEGY: PIANIFICARE UNA STRATEGIA DI MARKETING DIGITALE INTEGRATA
• MOBILE STRATEGY E MOBILE MARKETING
• LE LEVE DEL MARKETING DIGITALE: SEM, SEO, DEM, E-COMMERCE
• WEB ANALYTICS E PERFORMANCE MARKETING
• SOCIAL MEDIA MARKETING E COMMUNICATION
• PROJECT WORK COSTRUIRE UN PIANO DI DIGITAL MARKETING


Coordinamento didattico edizione Milano: Monica Garisto Tel: 02.3022.3158 ext.monica.garisto@ilsole24ore.com 
 Coordinamento didattico edizione Roma: Francesca D’Urso Tel: 06.3022.6273 francesca.durso@ilsole24ore.com

L'oculista unconventional comunica sulla carota.

Visto negli Emirati Arabi.

Non fare affidamento sulle carote, per migliorare la vista.

By the way, quella delle carote buone per gli occhi è una leggenda. Che a quanto pare trae origine da una forma di intossicazione mediatica messa in pista dagli inglesi nella seconda guerra mondiale.

Per nascondere il più a lungo possibile l'esistenza del radar, avevano messo in giro la notizia che gli osservatori inglesi, quelli che danno l'allarme alla contraerea e agli intercettori, avevano una vista particolarmente acuta, grazie alla dieta ricca in carote :-) 

Per la serie non tutti sanno che.

giovedì, gennaio 26, 2012

Sarò in Digital Accademia. Workshop su Social Brand e Community Management



Vi segnalo che il 16 Febbraio sarò al Workshop di Digital Accademia su Social Brand & Community Management: progettare e gestire le relazioni nei nuovi mercati conversazionali.


http://www.digitalaccademia.com/professional_workshop.php

Per chi non conoscesse Digital Accademia.. beh, sta dalle parti di Treviso :-) Quindi per una volta non dovete scapicollarvi fino a Milano :-)


Se interessa, le iscrizioni sono aperte...

L'appartamento Ikea... ci vivi in Metro :-)


Ancora un'ideona da Ikea.

In Francia hanno realizzato il loro solito, intelligente, appartamento tipo in una superfice di soli 54 metri quadri. Per dimostrare che anche gli spazi piccoli e potenzialmente scomodi, possono essere resi vivibili e gradevoli da Ikea.
Al punto che questo discorso vale anche in metropolitana.

Infatti l'appartamentino è stato realizzato all'interno della Stazione Auber del metro parigino dal 9 al 14 Gennaio. E per rafforzare ulteriormente l'idea (e l'impatto) ci hanno fatto vivere 6 persone. Sotto gli occhi degli utenti della stazione.

A chiusura della campagna, hanno messo in palio un festone (viste le dimensioni, si fa per dire) per 13 Facebook fans (se vinci ti porti 12 amici) per Venerdì 13 scorso.





mercoledì, gennaio 25, 2012

Il mio articolo su Tech Economy. Internet, che dilemma per le aziende...

E comincia un'altra avventura giornalistica. 

Da ieri è partita la mia rubrica su Tech Economy - "iniziativa editoriale che ha l’obiettivo di esplorare i punti di contatto tra il mondo dell’economia e quello delle tecnologie"


(per approfondimenti, vi rimando al mio post precedente).


Quanto al mio pezzo, ho ripensato al primo articolo che ho scritto (moltissimi anni fa) per Web Marketing Tools. E l'ho ripensato ad oggi, mettendomi nei panni delle aziende. Messe di fronte alle necessità di fare un marketing e una comunicazione diversa ma, allo stesso tempo di far quadrare i conti e di non esplodere intubandosi in una complessità eccessiva.


Se interessa, potete leggere il mio pezzo per Tech Economy cliccando qui.
Enjoy.

Scuola di musica Very Unconventional


Un approccio molto interessante alla promozione dei corsi di musica di una nobile scuola di violino. In Tunisia.

Il pensiero sotto è intelligente, forse un filo sofisticato.

Ma dato che a scuola di violino non ci vedo andare degli abbrutiti, una comunicazione sofisticata ci sta.

E il costo per contatto (ancorché la campagna non è focalizzata, quindi elevatissime dispersioni) è certamente bassissimo :-)

Per chi non l'avesse capito o leggesse il post con una qualche forma di device che non restituisca le immagini, l'idea è di mettere sotto il tergicristallo dei volantino con raffigurato un violino. E la spazzola del tergicristallo, posata sopra, fa l'archetto del violino...

martedì, gennaio 24, 2012

Audi su iPad: un'altro Slide to Unlock.

Differente da quello di Amnesty.

Visto che Audi è un'auto sportiva e tiene bene la strada... :-)

Un interessante iAd.




Axe Anarchy - il fumetto collaborativo (e sexy)


Parliamo di un progetto integrato, ampio e articolato. E intelligente.

Axe, il ben noto deodorante tutto focalizzato sullo "spruzza e seduci", ha lanciato una nuova iniziativa di robuste dimensioni. Basata sul coinvolgimento del pubblico nella creazione di una storia. Anzi di una Graphic Novel.

Per la prima volta nella storia della marca, la campagna televisiva ha avuto un ruolo secondario rispetto all'attività di comunicazione online basata sul coinvolgimento - e su uno User Generated intelligente.

Datosi il lancio di due nuove fragranze della linea, l'azienda ha organizzato un'operazione, partita il 10 Gennaio centrato su una storia di intrighi e seduzioni, di sesso e inseguimenti. Dove però la trama non è ancora scritta.

L'idea è quella di costruire, partendo da un tema centrale, un fumetto ( o meglio una Graphic Novel) - il cui sviluppo della trama viene influenzato dai followers - e disegnato  in "tempo reale" da professionisti (per questo parlo di UGC intelligente: non affidiamo la parte complessa e tecnica alle persone, normalmente garanzia di risultati scadenti e di scarso coinvolgimento; diamo alla gente la parte facile, quella in cui possono davvero dare un valore, ovvero ipotizzare gli sviluppi della trama).

Altro aspetto intelligente è il mettere dentro la storia i contributors.... se dai una bella idea la tua foto viene trasformata in un personaggio dei fumetti ed inserito nella storia... di che andare feri con gli amici (veri o di Facebook che siano). Il concetto "Starring the Readers" mi piace molto.

Di seguito lo spot e il video di presentazione del progetto fumetto.
Progetto che ovviamente si articola su Facebook, Twitter e YouTube.

E poi ci sono anche i filmati di "backstage", come ad esempio questo.

Il progetto è ampio, quindi c'è tanto da esplorare... buon viaggio.



lunedì, gennaio 23, 2012

L'Hamburger in Braille. Letteralmente.


Questo è bello perchè è un esempio da manuale di marketing su un target molto focalizzato.

E dimostra come da un piccolo seme si può generare un effetto molto forte. Letteralmente.

A parte che se guardate il video qui sotto capite tutto, ve lo racconto - per chi ad es. legge via RSS o in altri svariati modi ;-)

In Sud Africa la catena di fast food Wimpy ha deciso di aprire di più i propri prodotti ai non vedenti. Per cui ha iniziato a produrre i menu in Braille.

Per lanciare questa iniziativa (e diventare la catena preferita dai ciechi?) non poteva ovviamente ricorrere all'advertising, per cui ha fatto una cosa unconventional.

Ha preparato degli hamburger speciali, fatti a mano. Scrivendo un mesaggio in braille sulla superficie del panino con i semi di sesamo (il piccolo seme ;-)

Poi li ha fatti provare ad alcuni non vedenti.

A parte l'effetto anche un po' commovente documentato dal video, questo piccolo esperimento ha generato una valanga di ridiffusioni e buzz all'interno dei canali di comunicazione e socializzazione di questo target, in una proporzione apparentemente insensata rispetto alla dimensione dello stimolo iniziale.

Il che dimostra che se hai l'idea giusta, il moltiplicatore del suo effetto, da parte della gente, può essere smisurato.

Se vi piacciono gli hamburger vi ricorso il recente post sull'hamburger di Darth Vader...

venerdì, gennaio 20, 2012

Social, QR,app: fai sapere quanto sei bravo a letto per il sesso sicuro.


Svezia.
Preoccupati per lo scarso ricorso al sesso sicuro da parte dei giovani svedesi, i nostri scandinavi hanno deciso di fare un'azione di comunicazione a supporto dell'uso del profilattico.

Fottutamente unconventional, se mi passate il termine :-)

L'operazione è articolata in 3 step:

1) Distribuzione gratuita di 50.000 profilattici. La confezione reca un QR Code. I giovani svedesi vengono così invitati a partecipare all'operazione "Summer Sex Statistics"

2) Tramite il QR, download di una app mobile



3) Installazione e attivazione dell'app: lo smartphone va posto sul letto durante l'attività sessuale (volendo, nascosto in un calzino se pensate che possa inibire il vs parner).

4) l'app registra la durata, il ritmo e la quantità di rumore generata durante l'amplesso.

5) l'app carica in forma anonima in Rete i dati



6) l'utente può confrontare sul sito la propria performance con quella di altri utenti con caratteristiche comparabili

7) usando i dati raccolti, sviluppare una campagna di affissione e di banner che veicola le statistiche accumulate dando delle informazioni al limite del surreale (i proprietari di cani fanno più rumore durante il sesso dei proprietari di gatti)  :-)



Guardatevi il video, che merita :-)

giovedì, gennaio 19, 2012

Vail: Social turismo/tecnologico da 10 e lode


Esempio da primo premio (e infatti ne ha vinti).

Vail, nota località sciistica del Colorado, ha deciso di "ingaggiare" maggiormente le persone, per attrarle e soprattutto direi fidelizzarle. E trovare un modo per usare le persone come portavoce della propria marca, come veicoli della propria comunicazione.

Dando loro qualcosa che le altre località non danno.

Ovviamente il pensiero è andato subito ai Social Media. Ma dato che questa è gente che gioca sul serio, gente che gioca in Serie A (per capirci noi mediamente in Italia giochiamo nel campionato scapoli contro ammogliati), hanno fatto un progetto serio.

Così invece di una qualche paginetta su FB o una applicazioncina dalle gambe corte, hanno creato un Social tutto loro. EpicMix.

Eccolo qui: http://www.epicmix.com/ che in realtà è un'operazione più integrata che semplicemente un nuovo socialcoso.

La cosa, fatta così ha molto senso.
L'idea è di parlare ai fanatici dello sci. E dare un tool con cui condividere le proprie imprese. I km fatti. Le esperienze. Costruire classifiche. Esibire quanto fatto. Il tutto, ovviamente con una app mobile. Integrata con un sito. Che ti da' pure i badge in base ai risultati raggiunti, mettendoti se vuoi in competizione con i tuoi anici.

Il colpo di genio (o di buon senso) è che questa cosa non avrebbe mai funzionato se si fosse chiesto alle persone di inserire dati sulle piste percorse sul loro cellulare... usando i guanti visto che sulle piste va facilmente sotto zero. Mentre l'app, è perfettamente usabile in mobilità, non sei costretto a fare tu il data entry - che è quello che normalmente ci frena nell'adozione e uso dei sistemi di geolocalizzazione, di sharing etc.

No, l'aspetto più serio dell'operazione è stato appoggiarsi al sistema di rilevazione mobile delle presenze. Dato che gli addetti agli impianti leggono un tag RFID incorporato nel pass per la seggiovia per controllare che tu abbia pagato il biglietto, questo sistema è stato integrato all'app social.

Così, senza rotture di scatole, il tuo giornaliero o stagionale comunica al sistema dove sei stato, quali piste hai fatto, quanti metri di dislivello hai fatto in una giornata... il tuo track record. Da condividere con gli amici. Da usare come pretesto per socializzare. Etc etc.

Morale della favola: nel primo anno, 100.000 account (molto mirati, ovviamente, se non vai a sciare a Vail non ti serve a niente). Il 45% degli iscritti ha fatto sharing delle proprie prodezze su Facebook e i Social, facendosi portatore del messaggio promozionale di Vail. Sono state generate 35 milioni di Social Impression.

Guardate il video perché qui c'è da imparare.

 

Nasce Tech Economy, roba da leggere :-)

Nel panorama sempre più desolato dell'informazione sul digitale e sulla economia digitale, dove le testate di riferimento sono appassite, accolgo con un caloroso benvenuto una nuova iniziativa editoriale: Tech Economy.

Focalizzata sullo spiegare "il digitale" alle aziende e nell'avvicinare il "nostro" mondo con il "loro".

La lista di quelli che ci scrivono promette qualità. E di riempire almeno in parte il buco lasciato sul mercato dagli altri players. Con news, approfondimenti, Case History e White Paper.

Come approfondimento, vi faccio una sintesi della press release ufficiale ;-)


Nasce Tech Economy, iniziativa editoriale che ha l’obiettivo di esplorare i punti di contatto tra il mondo dell’economia e quello delle tecnologie. 

Lo scopo è quello di supportare attraverso informazioni puntuali ed approfondimenti costanti manager e professionisti di imprese e PMI che oggi trovano nell’IT e nell’innovazione strumenti di crescita e di sviluppo essenziali per affrontare la crisi in corso. 

 “Il nostro obiettivo – spiega Stefano Epifani, editor di Tech Economy – è quello di avvicinare due mondi che ancora oggi, nel nostro Paese, stentano a toccarsi: quello del management e quello dell’Information Technology. 

Di fatto, questi due mondi non solo non si toccano, ma vivono in uno stato di conflitto latente che nasce dall’incomprensione, dal digital divide che nel nostro Paese è un problema non solo tecnologico ma anche e soprattutto culturale e politico, dall’endemica diffidenza nei confronti di un mondo, quello delle tecnologie, che certo non può esser più definito nuovo”. 

 Tech Economy si propone quindi di affrontare il tema delle tecnologie dal punto di vista del business e degli impatti che esse producono ed inducono nel sistema economico. La tecnologia rappresenta oggi una grande opportunità di crescita e di sviluppo, che non può essere ignorata da chi opera a vari livelli in azienda. 

 Tech Economy affiancherà alle news, che garantiranno una copertura puntuale delle novità provenienti dal mondo dell’Information Technology, Focus, Best Practice e White Paper. I Focus sono articoli curati da alcuni dei principali esperti italiani sui punti di contatto tra IT ed azienda (e-Commerce, e-Learning, Marketing, Logistica, Social Network, CRM, innovazione in senso lato). 

Grazie alle Best Practice invece, casi di successo (o di insuccesso) raccontati direttamente dai protagonisti, si approfondiranno nel concreto tematiche che troppo spesso rimangono ad un livello teorico. I White Paper sono infine approfondimenti tematici nei quali si forniscono strumenti operativi a quanti vogliono approfondire aspetti specifici che riguardano l’impatto delle tecnologie in azienda. 

 Tech Economy è presente in rete all’indirizzo http://www.techeconomy.it, ma anche nei principali Social Network (Facebook, Twitter, Google Plus).

mercoledì, gennaio 18, 2012

Il tassista più 2.0 che c'è :-) Complimenti


Se da noi i tassisti pensano solo al problema di combattere la liberalizzazione, altrove (a Chicago) un loro collega si chiede invece come fare più business.

Dando più servizio ai clienti e usando le tecnologie. Intervenendo in qualche modo sul modello di business.

Cosa fa, il nostro amico @ChicagoCabbie:

- Posta su Tweet la posizione, la sua disponibilità... e le offerte speciali del giorno (sconti per certi percorsi...) ma solo a chi lo segue sui social

- Regala la connessione a Internet in macchina, con un suo WiFi interno

- E prenotabile contattandolo sui Social

- Si può vedere dov'è grazie alla geolocalizzazione riportata sulle mappe attraverso più di un servizio di friend-location (da Fourquare in poi)

- Su twitter da anche indicazioni ai followers delle condizioni del traffico, di semafori rotti e problemi, del meteo...

- Ti avvisa via SMS (o mail, social, quel che volete) quando sta per arrivare

E poi ha anche il suo sito, of course: http://www.mychicagocabbie.com/myChicagoCabbie/Home.html

Risultato: più del 90% del suo business è repeat business. I clienti non chiamano un taxi qualsiasi - chiamano lui, magari aspettando un po' di più o programmandosi con lui in anticipo. O contattandolo su Twitter per chiedergli dov'è...

Mi sembra un esempio da studiare, non solo per i tassisti ma per molte altre categorie professionali. E anche le aziende hanno qualcosa da imparare da questo tassista, che come strategia di marketing digitale ha parecchio da insegnare :-)

Leggete questo articolo che va più nei dettagli:


 


martedì, gennaio 17, 2012

Goodbuzz: ti do' la mancia se diffondi il buzz

Evoluzione del modello del pay per post / pay per tweet... ; qui il pay per buzz prende la forma di una mancia. E di un sistema che non prevede una gestione umana dei collaboratori.

L'azienda / agenzia mette a disposizione del pubblico una piccola somma (Qualche centinaio di dollari?).

Le persone iscritte al nework di Goodbuzz diffondono il messaggio oggetto della campagna sui loro network. Sui propri social media. Come vogliono e sentono più appropriato.

Un software tiene conto dei lead generati.

La mancia viene divisa in base ai lead generati. Il tutto in modo automatico.
Gli iscritti al network vengono pagati sul loro conto, accumulando denaro per ogni attività / promozione cui hanno collaborato, su un concetto di remunerazione della lead generation.

Data la dimensione del capitale investito in mance, è uno strumento alla portata anche di piccole aziende, piccoli budget, piccole attività e progetti.

Per i partecipanti l'obiettivo non è di guadagnare tanto promuovendo una cosa, ma di trasformare un'attività di routine di tutti noi (la raccomandazione di prodotti) in un'attività che porta revenue su base costante - qualche centesimo oggi, qualche centesimo domani... che alla fine del mese fanno qualche dolalro. Un po' come gli AdWords che abbiamo sul blog (sul mio, almeno ;-)

Questo è il sito con tutto le FAQ etc. E qui sotto il video.
Secondo me vale la pena di studiare un po' il modello perché è interessante.

Certamente restano dei dubbi di fondo. Sull'interesse di "sponsorizzazioni" da parte di nostri amici a prodotti che è evidente sono puramente mercenarie. Quindi contrarie a quello che sarebbe filosoficamente lo spirito dei Social.
Su cosa succede sulla mia reputation come persona se mi trasformo in un ambasciatore, un evengelista puramente mercenario di prodotti di altri. Etc.

Secondo me rischiano un po' le persone; le marche promozionate e che lasciano la mancia non mi sembra che con questo sistema possano correre dei rischi (come è nel caso dei pay per post).

L'hamburger Darth Vader. Un Hamburger nero - come la Morte Nera :-)

Se andate in Francia non perdete l'occasione.

Se da noi McDonald's gioca la carta Gualtiero Marchesi, oltralpe la catena Quick lancia un prodotto per celebrare l'uscita della versione 3D di Star Wars, la Minaccia Fantasma.

Intitolata a Darth Vader, questa versione sfoggia un panino nero nero. Dal 31 Gennaio solo fino al primo Marzo. Fino al 5 resisterà invece la versione Jedi.

lunedì, gennaio 16, 2012

Stage in agenzia...

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la notizia di un paio di stage disponibili. In sostanza:

Un'agenzia appartenente a grande gruppo internazionale, mette a disposizione presso la propria divisione digital:

* Stage per 1 Digital Art Director

* Stage per 1 Graphic Designer con competenze nella comunicazione "tradizionale" che disponga anche di una base generale sulla comunicazione digitale / online.

E previsto un rimborso spese per gli stagisti.

Chi fosse interessato, mandi un CV a questo indirizzo: stagedesign@hotmail.it


come sempre: NON inviate CV a me. Io non sono coinvolto nella ricerca.
Tutto quello che mi arriva verrà cestinato e i parenti delle vittime non saranno avvertiti. ;-)

Il sampling SOLO per adulti. Rigorosamente :-)

Jell-O è un'icona americana, per quanto riguarda i dessert.

Qualche problemino di posizionamento, però ce lo devono aver avuto, ritrovandosi appiattiti su un pubblico esclusivamente infantile.

Per trovare credibilità anche in un segmento di adulti, si sono inventati un prodotto più "maturo" e un unconventional... una macchina distributrice di campioni gratuiti vietati ai minori.

Nel senso che se un ragazzino ci prova la macchina si allarma. E il piccino ci resta malissimo...

 

Approfondimenti sulla facial recognition impiegata, in questo articolo: http://www.nydailynews.com/news/money/hi-tech-ads-greet-city-streets-article-1.996204

venerdì, gennaio 13, 2012

L'evidenziatore...sbarca in Rete


Nonostante Internet, carta e libri si usano sempre.

Per lavorare, per studiare... e di conseguenza si usano gli evidenziatori.

Ma come promozionare, pubblicizzare l'evidenziatore online?

Già Tipp-ex aveva portato in rete un prodotto (lo "sbianchetto") tipicamente analogico...

Ecco allora arrivare l'evidenziatore per sottolineare i siti. Da Edding.

Messo a disposizione dell'utenza Internet attraverso un banner. Ma anche dal sito http://www.digital-highlighter.com/index-setup.php

Il testo evidenziato si può poi inviare per mail, condividere sui social o salvare in pdf :-)

Guardate il video sul sito dell'azienda, sempre qui: http://www.digital-highlighter.com/index-setup.php


  

Il 70% delle marche potrebbe scomparire...


... e a nessuno potrebbe importargliene di meno :-)

Questo è uno dei risultati (quello più "ad effetto", quindi quello più usabile per i titoli) della ricerca 'Meaningful Brands for a Sustainable Future', di Havas.

Diciamo che per le marche c'è molto, molto spazio per migliorare la propria relazione con le persone.

Qui potete saperne di più sullo studio: http://www.havasmedia.com/our-thinking/research/ e c'è anche l'infografica.

Detto questo, che è un ragionamento da planner, entra il ragionamento da uomo d'azienda e/o da consulente. Ovvero il dilemma, con la D maiuscola.

Se lo chiedo alle persone, tutti vogliono che la mia marca migliori. Specialmente gli opinionisti digitali ;-)
Ok, allora do' retta, investo soldi in comunicazione, in reingegnierizzazione dei miei processi, in servizi e in identità... in tutte quelle cose lì.

A questo punto, ovviamente, i costi sostenuti impediscono per i miei prodotti una politica di pricing aggressiva.
Non è che la gente mi amerà di più ma mi comprerà di meno, preferendo roba made in China che costa meno - complice anche la crisi? 

Il rischio, non neghiamocelo, esiste e non tutti possiamo sperare di essere delle love brands che supportano dei premium price rilevanti...

btw, buon primo venerdì 13 dell'anno...

giovedì, gennaio 12, 2012

Dati utenti Internet Novembre 2011: leggero calo... ma anche crescita.

Dati sulla diffusione dell'online in Italia: dati di audience del mese di Novembre 2011 da Audiweb .

Ecco il solito e consueto aggiornamento mensile, con qualche commento e un po' di prospettiva storica - con un confronto di dati che non trovate facilmente altrove ;-). 

Quanti siamo online? 27 Milioni. Sono riscomparsi i 300.000 italiani che erano arrivati sul Web (usando il PC) nel mese di Ottobre – torniamo quindi sui livelli di settembre. La crescita su base annuale è del 9 %, più o meno quella cui siamo abituati da un po’ di tempo. E comunque in meno di un anno la popolazione navigante è salita di 1.2 milioni di persone. 

A Ottobre 2011 erano 27,3 milioni, a Settembre 27 milioni, ad Agosto 26 milioni, a Luglio e Giugno 26,2, a Maggio 26.8 milioni. Ad Aprile erano 26.6 contro circa 26 milioni scarsi a Marzo 2011. A Febbraio erano 25.4 milioni, 25.8 milioni a Gennaio. 

Ricordo che si tratta di persone di un’età superiore ai 2 anni che si sono collegati almeno una volta a Internet tramite computer a Novembre 2011 da casa, ufficio o altri luoghi.

Quanti italiani trovo online nel giorno medio? Sale invece l’audience del giorno medio: a Novembre trovo 13,4 milioni di utenti attivi, rispetto ai 13 di Ottobre. A Settembre ne trovavo 12,9 ad Agosto erano 10,7. 

Abbiamo finalmente recuperato il calo di audience rispetto alla primavera: a Luglio 2011 erano 12,2 milioni, 13 milioni a Giugno, a Maggio erano 13,2 milioni, 13 milioni a Aprile. A Marzo erano 13.3 milioni, a Febbraio 12,8 milioni, 12,6 a Gennaio. (se poi volete farvi delle storiche più arretrate, fate un search su questo blog per “Audiweb” così recuperate i post precedenti e vi fate rapidamente una serie). 

Se guardiamo la tendenza sull'anno, Novembre 2011/ 2010 registra una crescita del 6,6 % - prosegue il rallentamento della crescita rispetto ai periodi precedenti (a Luglio cresceva quasi del 13%). 

Quanto si sta online, ogni giorno? Resta stabile (nel breve periodo) la permanenza su Internet - a Novembre 1 ora e 23 minuti, contro Ottobre a 1 ora e 21 minuti al giorno, mentre a Settembre era 1 ora e 22’ e 1 ora e 18 minuti a Agosto. 
Da inizio anno il tempo passato online è sceso notevolmente, con un trend tutto in discesa. Ecco i dati precedenti: Luglio 1h 13', Giugno 1h 19', Aprile 1h 18', Marzo 1 h 24' al giorno, 1h 37’ a Febbraio, a Gennaio era 1h 40’. 

Quante pagine si vedono? Stabili nel breve le pagine viste, a Novembre (come ad Ottobre 2011) gli utenti Internet italiani hanno visto 160 pagine per persona, contro le 171 di Settembre e le 155 di Agosto. 

A Luglio le pagine viste erano 128, a Giugno 146, a Maggio 155, ad Aprile erano 158, a Marzo erano 174 pagine mentre erano in media 202 a Febbraio, a Gennaio 201 e a Dicembre 2010 erano 183. 

Di qui in poi sostanzialmente copio e incollo la press release e le tabelle: 

 Cresce particolarmente la presenza di donne online nel giorno medio, l’11,7% in più rispetto all’anno scorso, con il 22,4% delle donne (6 milioni) in rete almeno una volta nel giorno medio. 

Risultano online soprattutto le donne tra i 25 e i 34 anni (il 37% delle donne di questa fascia d’età), tra i 35 e i 54 anni (32%) e tra i 18 e i 24 anni (il 30,7%). Sono online nel giorno medio il 26,5% degli uomini (7,3 milioni), in particolare tra i 35 e i 54 anni (il 37,7% degli uomini di questa fascia d’età) e tra i 25 e i 34 anni (il 32,7%). 

 Per quanto riguarda la provenienza geografica degli utenti attivi in questo mese, il 30,7% dei casi è dell’area Nord Ovest, il 30,6% dell’area Sud e Isole, il 17,6% del Centro e il 15,1% del Nord Est. 






Legenda Utenti attivi nel giorno medio (Reach Daily) = fruitori per almeno un secondo del mezzo (Brand/Channel) nel giorno medio del periodo selezionato. Utenti attivi (Reach) = fruitori per almeno un secondo del mezzo nell’intero periodo di durata della rilevazione. Connessi: individui +2 che hanno accesso potenziale a Internet. Popolazione: individui + 2 anni (per quanto riguarda gli individui +74 anni, si fa riferimento esclusivamente agli individui che vivono in nuclei familiari dove c'è almeno un componente tra gli 11-74 anni). Popolazione di riferimento: in alcuni casi viene proposta la proiezione dei dati sulla popolazione di riferimento al fine di dare un'idea della percentuale di concentrazione del fenomeno nel segmento di riferimento. Ad esempio, tabella "Internet audience - Donne / Fasce d'età", popolazione di riferimento = totale popolazione femminile +2 anni. Si prega di citare nella diffusione dei dati Audiweb elementi tecnici quali: la fonte, il nome del report, l’universo di riferimento e le date di rilevazione. Audiweb Audiweb è il soggetto realizzatore e distributore dei dati sulla audience online. Il suo obiettivo primario è fornire informazioni oggettive e imparziali al mercato, di carattere quantitativo e qualitativo, sulla fruizione del mezzo Internet e sui sistemi online utilizzando opportuni strumenti di rilevazione. Audiweb è un Joint Industry Committee guidato dal Presidente Enrico Gasperini e composto da tutti gli operatori del mercato: Fedoweb, associazione degli editori online; UPA Utenti Pubblicità Associati, che rappresenta le aziende nazionali e multinazionali che investono in pubblicità; e Assap Servizi, l’azienda di servizi di AssoComunicazione, associazione delle agenzie e centri media operanti in Italia.

Riscopri Central Park con i QR Code. Marketing Turistico & Geek Advertising


Il Central Park non è semplicemente un posto con quattro alberi: è un luogo pieno di storia, di rimandi culturali e cinematografici, un luogo da scoprire o riscoprire... ma, a quanto pare, relativamente poco interessante per le giovani generazioni.

Per renderlo più "wired" sono state usate delle interessanti applicazioni basate su QR Code: dalla segnalazione degli alberi più interessanti a operazioni di realtà aumentata, dalla sovraimpressione di clip di film famosi nel punto esatto in cui sono state girate.. a un sacco di altre cose.

Interessante video da guardare e studiare, specialmente per chi fa marketing turistico: il progetto "The World Park" mi sembra ben costruito e molto ben articolato. 

Ma se penso alle risorse turistiche che abbiamo noi in casa e a tutto quello che (non ) facciamo per valorizzarle, mi viene una rabbia...



mercoledì, gennaio 11, 2012

14 anni fa: Internet, un pericolo per le Aziende

Ho deciso di riproporre il mio primo articolo, assolutamente il primo che ho scritto, su Internet. Era il 1998. Su WMT.

Ve lo ripubblico senza editarlo (se non per il fatto che da due parti l'ho fatto diventare di una).

Secondo me serve per pensare a quanta strada abbiamo fatto e a quanta non ne abbiamo fatta. (e a me per pensare che nel frattempo spero di aver imparato a scrivere un po' meglio, dopo tutti questi anni :-)

Enjoy. E se volete fatemi sapere che ne pensate.


Internet,  un pericolo per le aziende. (un articolo scritto nel 1998)

Entrare in Internet? Lasciate stare, datemi retta…

In un periodo in cui tutti osanniamo Internet e lo proponiamo come la panacea per tutti mali, voglio lanciare un appello.

Uomini d’azienda che in questo momento state valutando se e come ‘entrare in Internet’ con un proprio sito/attività: pensateci bene! Attenzione a non cadere in una trappola che potrebbe rivelarsi pericolosa…

Il mio appello può suonare strano, lanciato proprio da questa tribuna. Purtroppo la triste verità (specialmente se siamo in una azienda di medie/grandi dimensioni) è che sviluppare ed implementare una attività di comunicazione su Internet può avere delle conseguenze francamente destabilizzanti. E questo mi sembra il posto giusto per dirlo.

O meglio: se si fa il solito sitarello istituzionale o la brochure on-line possiamo stare abbastanza tranquilli: nessuno se li fila. Passiamo inosservati e viviamo sereni, nella felice consapevolezza di essere in rete , senza vantaggi ma anche senza complicazioni. 
Diverso è il problema quando decidiamo di portare in rete una seria e professionale operazione di marketing e comunicazione.

Andiamo sul pratico.
Mettiamoci, ad esempio, nella situazione di voler condurre una campagna pubblicitaria on-line ( scusate la sintesi: lo spazio è tiranno ma cercherò di evidenziare i problemi nelle loro linee più generali - ma pur sempre preoccupanti).

Da bravi uomini di marketing iniziamo a valutare il problema in un ottica razional-professionale. Ahimè, rispetto a quello che siamo abituati a fare, la situazione non collima per nulla con le nostre esperienze. Tanto per cominciare i dati sono pochi e poco affidabili – tentare di valutare il costo/contatto fa venire il mal di testa  e (peccato capitale!) non sono disponibili i GRP . Gli strumenti di web audit sono ancora in costruzione.

Un ulteriore sorpresa: generalmente non si comprano i periodi di campagna ma direttamente i contatti . Pianificando quindi una campagna di banner su un sito trafficato ci si brucia tutta la campagna in un paio di settimane o anche meno (viene da domandarsi se non sia un po’ troppo poco…)

Conclusione #1: A mettere le mani dentro Internet si scopre rapidamente di dover reimparare un po’ di cose – siamo costretti a ragionare in un modo totalmente diverso, ad esempio rivedere il modo di valutare le pianificazioni.

Passiamo al target. Dato che siamo dei ragazzi seri abbiamo pacchi di dati sociodemografici; lo conosciamo a fondo, magari abbiamo anche usato Sinottica e la sua Grande Mappa… peccato che ‘le testate’ su Internet non offrano un profilo dei lettori come quello che siamo abituati ad usare. Esistono migliaia di siti; in mancanza di dati e statistiche, quali scegliere per le pianificazioni?
La nostra anima quantitativa suggerisce di scegliere siti ad alto traffico (es. Motori di ricerca) per generare un alto numero di contatti e far rapida visibilità. La nostra anima più qualitativa , d’altro canto,  preme per un uso più di fino del Web. Ma dovendo segmentare, come scoprire quali siano siti i più affini al nostro target e, soprattutto, quali siti siano più affini e sinergici al nostro prodotto/messaggio?

Conclusione #2: l’enorme vastità della rete rende complesso un coinvolgimento diretto nella selezione delle testate. Sicuramente c’è chi ci può consigliare – ma per costruirci una opinione personale dobbiamo mettere a budget decine di serate passate a navigare e ad esplorare. (Attenzione: ricordate che i valori umani sono prioritari rispetto al lavoro – e che alla nostra età comincia a diventare difficile trovare una nuova fidanzata).

Quando poi decidiamo di fare delle analisi a posteriori sull’efficacia dell’azione ci troviamo a far di conto con bestie strane come i clicktroughs, gli hits, le impression…ma le vecchie ma pur sempre valide copertura e frequenza? Come dare un senso operativo a questa massa di dati che il provider fornisce a raffica?

Veniamo ora all’impostazione strategica della campagna pubblicitaria… al solito convegno ci hanno spiegato che  con Internet si fa il “narrowcasting”. Detto in parole povere: se con la pubblicità si fa il “broadcasting” ovvero si parla a audience dell’ordine delle centinaia di migliaia se non milioni di persone, con il web si può lavorare su target molto più focalizzati. Questo offre l’opportunità di mirare meglio il messaggio – costruendolo ad hoc per ogni gruppo…
E quante sono le persone in ogni gruppo? Mica poi tante…torna l’incubo del costo per contatto! (D’altra parte, sviluppando messaggi molto focalizzati, quasi personalizzati, l’efficacia aumenta, il target reagisce meglio…)

Conclusione #3: a pensarci bene noterete che non stiamo facendo della pubblicità ma qualcosa di più vicino al Direct Marketing. Di qui l’opportunità di integrare la comunicazione con la raccolta di indirizzi, di mantenere un tracking del comportamento degli utenti, di Database Marketing e mille altre opportunità… ma non è che stiamo per aprire un vaso di Pandora, di imboccare una strada che non sappiamo bene in quale complesse regioni potrà condurci? (gli stavamo dando un dito e il progetto si sta prendendo un braccio)

Tanto per risollevarvi il morale, passiamo ad occuparci di creatività. Non c’è niente di più divertente che sfogliare layout e discutere con l’agenzia di casting, mood e location…ma  per fare una comunicazione focalizzata, si devono sviluppare soggetti ad hoc per ogni gruppo. I soggetti si bruciano in fretta e vanno quindi rinnovati frequentemente. Facciamo a questo punto una manica di conti. Quanto lavoro tocca fare per sviluppare messaggi ad hoc per ogni gruppo che compone il vostro target? Ve lo dico io: un bel po’.
Per fare un lavoro ben fatto si devono sviluppare un gran numero di soggetti, da sostituire molto spesso. Facendo le solite somme, un bel po’ di lavoro in più rispetto alla comunicazione tradizionale…

Conclusione #4: Accettate il mio invito al pub, ordiniamo un po’ di birre e raccontiamoci come era tutto più bello quando la pubblicità era esclusivamente intrusiva. Quando tutto sostanzialmente si riduceva ad una gara di velocità tra il break pubblicitario e il telecomando (la probabilità di un utente di essere esposto ad uno spot era inversamente proporzionale ai suoi riflessi nel fare zapping). I tempi magici in cui di pubblicità ci si occupava un paio di volte all’anno…

Questa follia che ha pervaso le aziende, quella di essere on-line ed interattivi, sta in effetti iniziando a produrre dei danni: diamo in mano all’utente la possibilità di parlare con noi, di chiedere, di confrontare. Con poca preveggenza, chi ha imboccato questa strada ha accelerato un processo di dinamizzazione del mercato e di empowerment del cliente. Mettendoci tutti un po’ più nelle canne.
Infatti, sulla rete, mi trovo (sostanzialmente in modo indipendente da quanto la mia azienda sia grossa e potente) a confrontarmi alla pari con milioni di altri siti - aziendali e non - a disposizione dei navigatori.
Se Internet è “pubblicità” questo significa che se prima dovevo solo preoccuparmi di convincere il consumatore a comprare il mio prodotto, ora devo addirittura dargli un buon motivo per guardare la mia “pubblicità”!

Potremmo forse salvarci nel caso che, invece di business-to-consumer ci occupiamo di business-to-business?  Purtroppo no. E’ vero che il consumatore-cliente è più elusivo, imprevedibile ed irrazionale di un’azienda-cliente; ma l’azienda è normalmente un cliente molto più esigente e difficile di un individuo-consumatore. Se le cose non sono fatte come Dio comanda ci beccano subito e non ce la perdonano. Sono pagati per questo, in fondo – come lo siamo noi nei confronti dei nostri fornitori.

Conclusione #5 – forse da soli non ce la facciamo, e dobbiamo appoggiarci ad un buon consulente. Però… chi scegliere? Un agenzia tradizionale che conosce bene i miei prodotti, è la custode dei valori del mio brand e della mia immagine? Una Internet-Agency che conosca a fondo i misteri tecnologici del web ma che non sa molto di me e dei miei prodotti? O entrambe – e come ottimizzare il loro lavoro di partnership?

Un altro problemino è: quanto devo pagare per un sito (o una qualsiasi attività di web marketing)? Sul mercato, per progetti apparentemente analoghi si trovano offerte che variano anche di 10 volte l’una dall’altra. Dov’è è il prezzo giusto? Come so che non mi sto facendo fregare o che sto risparmiando a scapito della qualità? (senza considerare il problema di convincere il management ad allocare dei fondi su progetti on-line in questa fase in cui Internet è ancora generalmente visto come ‘sperimentale’).

Supponiamo comunque che, con molta fatica e testardaggine siamo riusciti a portare in porto il progetto. I nostri banner sono on-line. E se poi la gente clicca?
Beh, semplice. Entrano nel sito…. E l’azienda è nuda.

Un piccolo sito istituzionale fatto per benino, una brochurina elettronica dei nostri prodotti, (mi raccomando senza interattività) non può fare un grosso danno. Non lascia danni permanenti nei visitatori, ci permette di non fare dei grossi errori. Non servirà a nulla ma almeno abbiamo speso poco e non abbiamo sbagliato.

Tocca comunque fare attenzione: l’utente Internet è sempre più esigente, se visita un sito aziendale cerca informazioni, servizio, un vantaggio personale (se no se ne andrebbe direttamente in negozio, no?). Dato che non abbiamo più la scusa dello spazio (30 secondi in TV, una pagina sola su Panorama…) diventa un po’ difficile giustificare il fatto che sul nostro sito, potenzialmente di illimitate dimensioni… diciamo poco o niente. Abbiamo forse qualcosa da nascondere? Non abbiamo un gran che da dire? Non siamo capaci di far di meglio? Non vogliamo che il nostro cliente ci conosca troppo bene o (Dio ce ne scampi!) interagisca con noi? Forse è il caso di evitare che il visitatore si ponga queste domande.

Conclusione #6 – forse è meglio che Internet  lo facciamo bene o non lo facciamo affatto (raccomando la seconda che ho detto).

Già, ma a far bene un sito non è un lavoro da poco…intanto dal punto di vista strategico: non è solo pubblicità, è anche Direct Marketing, Promozione, PR, comunicazione istituzionale e di prodotto, servizio pre-sale e post-sale…tutto è contiguo e c’è un continuo overlapping tra le variabili di marketing e comunicazione. Non è come fare la classica pubblicità o il sanissimo catalogo tradizionale.

Conclusione #7 – occorre un rilevante investimento di pensiero e un coinvolgimento integrato/sinergico di molte competenze.

A questo punto, conseguentemente, Internet non è cosa che possa fare una persona sola. Diventa ovviamente un lavoro di team. Occorre assicurare la fornitura di contenuti, la coerenza del sito con l’immagine, le strategie aziendali e le strategie di marketing della nostra impresa…dobbiamo quindi coinvolgere, grosso modo:

Internamente:
Esternamente:
Responsabile Comunicazione
Agenzia di Pubblicità
Direttore Marketing
Consulenti PR
Direttore Commerciale
Agenzia Promozioni
Brand Manager(s)
Consulenti Direct Marketing
Product Manager(s)
(in media dalle 2 alle 3 persone per agenzia)
Direttore Generale

Amministratore Delegato
Senza contare chi realizza e mette on line il nostro sito
EDP

(altri)



Questo, a sua volta, comporta delle ulteriori complicazioni: integrare le competenze vuol dire far lavorare insieme persone di reparti diversi, con competenze ed esperienze differenti – spesso non abituate a progetti di team.
Coinvolgere tante persone comporta problemi di organizzazione dei flussi di lavoro (ma già solo far coincidere le agende per organizzare le riunioni…).
Tante teste, tante idee – o meglio tanti contributi preziosi; tanti pareri e quindi tante richieste di revisioni.

Conclusione #8 – la necessità di coinvolgere molte persone/funzioni aziendali impatta significativamente sul time to market. Il tempo necessario per concludere un progetto è all’incirca proporzionale al quadrato delle persone coinvolte (ogni volta che si raddoppia  il numero dei partecipanti con voce in capitolo si quadruplicano i tempi).

Va poi considerata la difficoltà di darsi un timing efficace – ricordo la semplice massima dell’ 80/20 (corollario della Legge di Murphy ): per portare a termine il primo 20% di un progetto si impiega l’80% del tempo. Per portare a termine il restante 80% del lavoro si impiega un altro 80% del tempi.

Mi è capitato di vedere aziende rinunciare a progetti Internet proprio per questo; si sono rese conto che non sarebbero state in grado di avere un sito ragionevolmente aggiornato rispetto all’evoluzione dei propri prodotti. Allora, piuttosto che andare in edicola con un quotidiano di tre giorni prima, hanno scelto di non pubblicare.

Sicuramente si poterebbero ridurre sensibilmente i problemi snellendo la catena del comando e soprattutto il processo di approvazione, minimizzando i colli di bottiglia (per evitare di metterci un anno a fare un sito che una volta on-line è già da rifare…). Ma questo significa dare responsabilità ed autonomia, su questioni di comunicazione e marketing su cui molte persone  hanno responsabilità in azienda.
Delegare è molto difficile, essere delegati significa prendersi delle grosse responsabilità.

Conclusione #8 - Vale la pena di rischiare? La condivisione delle decisioni significa condivisione e redistribuzione dei rischi, anche dal punto di vista della propria carriera…se si sbaglia meglio sbagliare tutti insieme.
 (nota: meglio non sbagliare – niente di meglio allora che evitare gli esperimenti o allontanarsi da strade già ben note e battute).

Allora, se vogliamo fare Internet a modino tocca mettere le mani sulla struttura organizzativa dell’azienda? O almeno sull’organizzazione del lavoro, responsabilità e competenze? Beh, è abbastanza probabile. Non voglio poi nemmeno menzionare il caso in cui si voglia entrare nel commercio elettronico e si debbano integrare nel processo problemi di vendita e di logistica…

In modo collegato c’è il problema della scarsa conoscenza media di Internet in azienda. Se vogliamo che tutte le persone coinvolte nel progetto possano fattivamente contribuire, sarebbe necessario dare a tutti l’accesso a Internet, stimolare l’esplorazione, fare un training specifico (più in termini di Internet marketing che di ‘tecnica’ – il che è ben più complesso e costoso…).

Fra l’altro, una volta che siamo riusciti a mettere in moto la ponderosa macchina aziendale e tra mille difficoltà abbiamo finito il sito, ci troviamo di fronte alla necessità di aggiornarlo. Dobbiamo quindi ricoinvolgere le persone…che scoprono che Internet è un progetto on-going, un tormentone che non finisce mai e che assorbe su base continuativa tempo e risorse.

Conclusione #9 - Non è generalmente una scoperta che ci rende molto popolari in azienda.

Avvicinandoci alle conclusioni: mettersi su Internet è un processo impegnativo. Che tra l’altro ci capita addosso proprio in un momento in cui la competitività sui mercati si sta esacerbando – abbiamo sempre più cose da fare, sempre meno persone, soldi, tempo e risorse per gestire il nostro business. Senza poi contare le pressioni cui il management ci sottopone quotidianamente.

Conclusione # 10 – visto abbiamo già il nostro bel da fare, che Internet è complesso, da seguire su base continuativa con impegno ed intelligenza, che è un campo ancora abbastanza inesplorato, che comporta mutamenti pesanti nell’organizzazione del lavoro…. Non è che forse sarebbe meglio lasciar stare e continuare a vivere in modo più sereno continuando a fare quello che siamo abituati a fare?

La mia risposta, come anticipato all’inizio, è che probabilmente non conviene buttarsi in questo marasma.
Viviamo tranquilli e stiamo lontani da rischiose sperimentazioni.

Spero di avervi illustrato esaurientemente le mille ragioni per non fare Internet.
Per esclusivo amore di obiettività mi tocca adesso sussurrare che, forse, una piccola ragione per fare seriamente Internet ci sarebbe.

Una ragione piccolina, ma fastidiosa. Si tratta dello scenario concorrenziale.
Si tratta del fatto che il nostro consumatore non ci ha sposato e se ha deciso di usare Internet non si farà problemi a dare i suoi soldi ai nostri concorrenti che su Internet ci vanno giù pesante.
Che al nostro Cliente i nostri problemi non interessano – ne ha già troppi di suo.
Del fatto che la nostra concorrenza non è più a livello locale: potenzialmente ce li abbiamo tutti contro, dalla multinazionale americana al sottoscalista di Castagnole Lanze.
Del fatto che la fuori c’è gente affamata di mercato, pronta a darsi da fare buttarci fuori, con tutti i mezzi e tutti gli strumenti.
Che c’è gente giovane e brava, aziende piccole e dinamiche che aggrediscono il mercato. Del fatto che, se noi non ce la facciamo a ristrutturarci per seguire Internet, aziende più piccole e flessibili (di quelle che possono decidere e implementare decisioni nel corso di una notte) possono  dare ai nostri clienti un servizio migliore.
Che ci sono multinazionali che non hanno grossi problemi ad investire qualche milione di dollari solo per vedere se questo Internet funziona davvero.
Che negli Stati Uniti le agenzie di viaggi hanno visto ridursi le commissioni sulla vendita di biglietti aerei – le compagnie aeree vendono talmente bene in rete i biglietti agli utenti che non vedono più forti ragioni di coccolare troppo i rivenditori tradizionali….

Internet: vale la pena di occuparsene?
Internet è spesso ancora percepito come ‘sperimentale’; non gli viene quindi dedicata troppa attenzione. Questo vuol dire rimandare ad un indefinito futuro una attenta valutazione di come questo nuovo strumento di marketing, comunicazione e commercio possa costituire un nuovo tool per l’azienda (o possa rappresentare una minaccia nelle mani della concorrenza). E’ la classica sindrome del “se nessuno dei miei concorrenti lo fa allora vuol dire che non vale la pena di farlo”.

Se Internet non viene preso sul serio dalle aziende non emerge la necessità di un’azione formativa del management su queste nuove frontiere della comunicazione. Visto quindi con gli occhi e gli strumenti tradizionali, Internet ha poco senso e si conclude frettolosamente che il mezzo non è adatto o che non è efficiente.

Anche per le aziende che hanno comunque deciso di “fare Internet” la tentazione è quella di considerarlo come un evento one shot, una operazione da compiere una volta (e da aggiornare, se del caso, un paio di volte l’anno…).  Può anche essere compreso, da parte del committente, che usato così Internet serve a poco o niente… ma, d’altra parte, moltissime aziende esistenti sembrano non essere in grado di fare di meglio.

Impossibilità della delega
Usare bene Internet significa adottarlo come uno dei processi continuativi di comunicazione e vendita dell’azienda, attribuendogli la stessa importanza di azioni quali la realizzazione e l’aggiornamento del catalogo al pubblico. Questo implica investire attenzione, risorse, soldi, persone, formazione. Per peggiorare le cose, l’aggiornamento del proprio sito deve avvenire molto spesso. La quantità di informazioni e contenuti da inserire nel sito può essere decisamente rilevante. Tutto ciò non è evidentemente compatibile con un processo di approvazione gerarchico o con un processo di sviluppo che coinvolga più di tre o quattro persone.

Difficoltà ad essere flessibili
Se ogni pagina richiede l’approvazione ( e le richieste di revisione) di 5 o 6 persone, se lo sviluppo di una nuova sezione del sito richiede sei mesi e la sua successiva revisione ne richiede quattro - mentre i concorrenti aggiornano il proprio sito in tempo reale…forse è meglio che l’azienda ammetta la propria incapacità ad evolversi per adattarsi al proprio ambiente ed inizi a considerare serenamente l’estinzione come una possibilità.

Il meglio è nemico del bene
Un sito fatto bene, pensato a fondo dal punto di vista sia marketing che creativo può essere fatto in sei settimane. Bisogna però correre tutti, essere decisionisti, viaggiare senza intoppi, accettare il fatto che il sito iniziale non sarà perfetto, non sarà completo e dovrà essere continuamente affinato con l’esperienza fatta con la prima versione. Bisogna essere disposti a sacrificare serate e weekend per lavorare ed essere in grado di esprimere commenti ed approvazioni nel giro di una giornata al massimo. Bisogna metterci dei soldi veri per aver un numero adeguato di persone che ci lavorano.
Bisogna avere voglia di segare le gambe a quel pachiderma del proprio concorrente che sono sei mesi che sta cercando di decidere se scegliere per il suo sito la gabbia grafica con le roselline o le farfalle e che da otto sta cercando di giungere ad un accordo interno sui testi (accordo impossibile: nel tempo che ci mettono per concordare qualcosa è tutto da rifare perché fortunatamente l’azienda non si ferma ed ha evoluto la  propria linea di prodotti).
Forse è meglio partire in fretta con un sito accettabile che arrivare per ultimi con un sito perfetto…o meglio perfetto per quella che era la situazione di 12 mesi fa…(grazie a Dio i nostri progenitori non hanno aspettato lo sviluppo del pneumatico radiale prima di inventare la ruota…).

Il teorema della coperta corta
Ad Internet, anche perché storicamente è stato posizionato come un mezzo dai costi contenuti, vengono dedicate le briciole. Sia in termini di budget (e passi) sia in termini di risorse umane/tempo. E’ sempre il tema della sperimentalità dell’area – in un mondo in cui i risultati si valutano sempre più sul breve periodo.
Non ci si può forse aspettare molto di diverso dal mondo delle aziende italiane – note per essere tra le aziende del mondo occidentale con i minori investimenti in ricerca e sviluppo. Va comunque detto che anche nei mitici USA le cose stanno peggiorando.
In un recente documento della Comunità Europea veniva sottolineato come, ad esempio,  l’estrema competitività nel mondo delle telecomunicazioni sta rendendo sempre più difficile fare ricerca di base in questo campo, anche negli Stati Uniti. La disperata ricerca di risultati a breve sta rendendo critico l’investimento in ricerche a lungo periodo. Nel documento viene ipotizzato che se ci fosse stato all’epoca questo tipo di scenario, non si sarebbe probabilmente arrivati all’invenzione del transistor – ci si sarebbe limitati a spremere qualcosa di più dalle valvole.

Val la pena di ribaltare l’azienda per fare Internet?
Risolvere questi problemi significherebbe modificare pesantemente strutture, procedure e filosofie aziendali. In sostanza destabilizzare lo status quo. Un’azienda piccola troverà più facile farlo. Un’azienda grande, ricca, aggressiva e con vision troverà il coraggio e le risorse per affrontare questo mutamento. Aziende grandi e burocratiche o piccole e tradizionaliste non saranno probabilmente in grado di affrontare questo cambiamento.

Appare molto probabile, quindi, che il problema vero non sia l’adozione o meno di Internet quanto una generale approccio all’innovazione e la capacità di reagire in modo efficace alle mutate condizioni del mercato.
In estrema sintesi, ho il sospetto che un gran numero di aziende non sia in grado di cambiare la propria struttura, il proprio modo di delegare e di approvare in misura sufficiente per poter pensare ad Internet come ad uno strumento chiave. Forse il reale effetto di questa incapacità sarà quello di decretare l’irrilevanza progressiva di una serie di protagonisti e sanzionare l’inaspettato successo di outsider più capaci.

Al di là quindi dei confini nazionali (e trascurando il fatto che Internet abbatte le barriere e favorisce quelli che sono partiti per primi, quindi gli americani), si possono trarre delle semplici conclusioni.
La fuori c’è gente affamata, pronta a tutto pur di rubarci il mercato. Concorrenti pronti a  dare di più al consumatore ( la cui fedeltà alla marca può essere messa in crisi da un miglior prezzo o servizio), pronti ad usare Internet al meglio.

Cambia radicalmente il concetto di barriera all’ingresso: vendere su Internet implica l’irrilevanza della posizione geografica, delle dimensioni dell’azienda, della struttura distributiva; la “concorrenza” ai propri prodotti può essere portata da aziende piccole o grandi, locali o poste oltreoceano. Piccoli operatori possono infiltrarsi in mercati sinora solidamente blindati.

Il pesce piccolo è più rapido del pesce grosso. Piccole aziende dinamiche possono avere un ‘time to market’ molto più contenuto, sia in termini di prodotto che in termini di marketing, comunicazione, presenza e aggiornamento internet. Questo anche solo per una struttura di management più piatta e un processo decisionale più corto (per non citare la filosofia vincente del “dai, prendi su la lima che per stasera in qualche modo la risolviamo”)

Il pesce grossissimo è più cattivo: disposto ad investire le risorse umane e finanziarie necessarie, disposto a crederci, aperto all’internazionalizzazione.

La nostra azienda è in mezzo al mare. Resta da capire se è tra quelle che tirano morsi o tra quelle considerabili come fast food.
E’ infatti tutto da capire se (come e perché) avendo la nostra azienda avuto successo finora, potrà continuare ad averlo.

Sembra una affermazione esagerata? Assolutamente possibile. In fondo dipende tutto da un piccolo aspetto chiamato ‘vantaggio competitivo’. Il mio cliente compra da me se la mia offerta  è migliore di quella della concorrenza.
Potremmo stare qui per altre quindici pagine a teorizzare su come Internet possa modificare il concetto stesso di vantaggio competitivo; ritengo però più utile impiegare meno spazio ed elencare un po’ di aree dove Internet potrà mettere (o ha già messo) un po’ di aziende nei casini.  Stimoli di riflessione, chiamiamoli… o forse crepe nella diga.

L’irrilevanza progressiva di certi vantaggi competitivi…

Le assicurazioni automobilistiche
Le tradizionali compagnie assicurative  hanno sempre visto le polizze RC Auto come una fonte di perdite ed una seccatura – ma sono obbligate ad offrire questo servizio. Una serie di aziende innovative sono riuscite a trasformare questo bidone in una interessante opportunità di business.
La selezione del target (scremando la parte meno remunerativa del mercato) e l’abbattimento dei costi di struttura e di servizio consentono prezzi molto competitivi. E’ evidente che, per le migliaia di clienti di questi nuovi servizi, la prossimità dell’agenzia o professionalità dell’agente (due fronti in cui le assicurazioni hanno sempre molto investito) non hanno rappresentato un vantaggio competitivo rispetto a rapidità e risparmio. Dal telefono ad Internet il passo è breve…(e “loro” lo stanno facendo) così come dalla RC alle ben più lucrose polizze vita.

Le banche
Anche in questo caso la copertura geografica con una vasta rete di sportelli è stata considerata una priorità strategica – a volte anche la preparazione del personale di vendita/di sportello. La comodità di operare in tempo reale, in qualsiasi luogo, a qualsiasi ora sui propri conti (assumendo che ci si convinca della sostanziale sicurezza della rete) non è forse in grado di essere molto più efficace? Certo, non per tutti…solo per persone di alta cultura, posizione socio economica elevata, approccio dinamico al mercato etc… insomma, forse solo per quei clienti che hanno un bel po’ di soldi e li fanno girare…Alcune banche hanno molto investito nei servizi via telefono ma penso sia evidente quanto è più pratico poter leggere i propri dati piuttosto che prenderne nota tenendo in precario equilibrio la cornetta sulla spalla.

La Borsa
I broker USA stanno guardando con estrema preoccupazione ad Internet. Il loro vantaggio competitivo non sembra essere più molto competitivo se il 20% delle transazioni passa ormai per via telematica. Charles Schwabb, il maggiore discount broker americano, è ormai attorno o oltre il 50% di transazioni on-line sul suo giro d’affari, pari a circa 2 miliardi di dollari la settimana negoziati via Internet…

Le librerie
In Italia l’offerta in questo campo (nonostante alcuni tentativi ed alcune dichiarazioni d’intenti) non sembra essere un gran che. Guardando agli USA, nessuna libreria tradizionale è in grado di competere con i 2.5 milioni di titoli di Amazon.com. Gli ingenti investimenti fatti da una libreria tradizionale per fornire una offerta  molto vasta risultano in:
a.     Alti costi dei locali, vasti per contenere una mole di libri, abbastanza centrali per offrire comodità ai clienti; alti immobilizzi di capitale
b.     Alti costi di personale, per fornire assistenza, servire e controllare i clienti
c.     Copertura geografica molto limitata: per libri ‘normali’ probabilmente non passa il quartiere, per libri più difficili da reperire la città o la provincia. Oltre si entra nel campo della vendita per corrispondenza…

E se Amazon, una volta in profitto negli USA decidesse di replicare il modello in altri paesi? Tramite una buona alleanza con un retailer del settore e portando tecnologie ed un modello di business già collaudato, non ci vorrebbe molto a mettere in piedi un sistema efficace anche in Italia. Con una base di costi più contenuta, sarebbe facile adottare politiche di prezzo competitive…

Agenzie di Viaggi
Negli ultimi anni le compagnie aeree americane hanno lentamente ridotto le commissioni alle agenzie di viaggi sulle vendite dei biglietti aerei, con l’obiettivo di migliorare la profittabilità. Siamo adesso attorno all’8%, con un massimale di 50$ per biglietto.

Considerando che:
a.     secondo l’Air Transport Association of America il costo di emissione di un biglietto tradizionale è di 8$  mentre il costo di emissione di un biglietto ‘elettronico’, richiesto via Internet da un cliente alla linea aerea è di 1$ circa;
b.     Le linee aeree hanno in progetto di tagliare i loro costi  di vendite e marketing di circa il 20-30% nei prossimi tre anni, preferibilmente attraverso l’uso delle tecnologie;

quanti motivi di dormire tranquilli di notte hanno le agenzie di viaggi americane? (senza contare che le agenzie di viaggi trovano difficile competere con i servizi last minute a prezzi stracciati che si trovano in rete).

E potremmo continuare così ancora per un po’…anzi, mi riprometto, più avanti, di aggiornare questa lista di vincitori e vinti del mondo on-line.

In conclusione
Se, come molti di noi pensano (al punto di scommetterci il proprio futuro professionale), Internet diventerà una significativa realtà…è altamente probabile che un gran numero di aziende attualmente di successo si trovino un domani in situazioni alquanto imbarazzanti.

Per avere un idea, guardiamo al passato; ai fabbricanti di carrozze che non hanno saputo cogliere l’opportunità della nascita delle automobili, a certe aziende un tempo di successo che non sono state in grado di capire e cavalcare la rivoluzione distributiva costituita dai supermercati, alla grande Francia che si sentiva al sicuro dietro alla Linea Maginot in mondo che si spostava verso il Blitzkrieg…

Cambiare è rischioso, adottare Internet come componente strategico della propria azienda è sicuramente faticoso e doloroso… ed è una scommessa.
D’altra parte forse ha ragione chi frena su Internet; l’Italia è indietro, è diversa, non siamo gli Stati Uniti. E anche se negli Usa Internet stia diventando un fenomeno di tutto rispetto, da noi non sarà così.
No, non capiterà questa volta quello che e ‘successo con i McDonalds, la musica, i film e in generale la cultura, il marketing, le sigarette americane, il successo delle multinazionali… no, questa volta l’Italia manterrà una propria posizione originale. Di retroguardia come al solito, ma originale.
Il milione o due di Internet user italiani si stancheranno, spegneranno i modem e consiglieranno a parenti ed amici di lasciar stare. Torneranno a consumare solo TV e giornali. Passerà la moda e tornerà il sereno dopo questa tempesta in un bicchiere d’acqua.

Se uno non se la sente, c’è poco da fare, è inutile sforzarsi. Se decidiamo di prendere Internet sottogamba possiamo continuare a vivere sereni e produttivi lo stesso. Almeno per un po’.
Io credo che i dinosauri si siano estinti poco a poco, senza catastrofi ecologiche. E sono pronto a scommettere che si sono spenti senza fare troppe storie, pensando “meglio aspettare un attimo, vediamo come evolve la situazione…”.

Peccato che l’evoluzione di una specie, spesso, passi per l’estinzione di altre.

In bocca al lupo, ne abbiamo bisogno tutti.