Sarà "Engagement" la parola chiave della comunicazione del prossimo futuro?
Da qualche tempo alcuni guru della comunicazione stanno scommettendo su una nuova "buzzword". La nuova parola magica è "engagement", la capacità della comunicazione di attirare, coinvolgere il pubblico.
In una parola di farsi vedere e appassionare.
Di fronte alle correnti di pensiero che attribuiscono una disaffezione del pubblico al mezzo televisivo e di fronte alle richeste sempre più pressanti dei grandi clienti di otrtimizzare il budget, si sta iniziando a spostare il tiro.
A passare dalla necessità di fare OTS (un gran numero di opportunità potenziali per il target di vedere il messaggio, calcolate estrapolando i numeri dei un campione Auditel) alla necessità di misurare quanto in effetti il messaggio sia davvero visto, compreso, di quanto abbia avuto effetto.
Si parla allora di engagement, della capacità del messaggio di costruire una storia per la marca, una storia che abbia un effetto sugli atteggiameni e sui consumi.
Si parla di engagement come alternativa al ricorso alla pura "interruzione" - ovvero all'affidarsi alla potenza della televisione di infilarsi nella vita del target e dello spot di colpire il prospect. Un meccanismo che, in uno scenario dove l'affollamento di messaggi pubblicitari che ci interrompono è sempre più alto, il consumatore ha sviluppato dei filtri potenti - in grado di cancellare dalla sua percezione buona parte delle comunicazioni indesiderate o non "engaging"
Al crescere del numero di interruzioni cresce la capacità di filtro e la sfida per le agenzie ed i clienti di osare, di investire strategicamente in pensiero ed esecuzione per creare messaggi coinvolgenti, non solo dal punto di vista meramente esecuzionale ma dal punto di vista dei concetti di marketing sottostanti
Creando una relazione più stretta e proficua con la marca - una marca che non ci assedia durante il giorno "interrompendoci" ma una marca piacevole, che ci arricchisce (un pochino) la vita con contenuto interessanti, affascinanti..."engaging"
Nasce quindi (in TV e su altri media) la disciplina dell'"Engagement marketing", naturalmente basata in larga parte sulla capacità di inserire elementi di entertainment value nella comunicazione pubblicitaria.
Una forma di marketing che se non richiede necessariamente forti budget richiede molta competenza fantasia e, soprattutto un grandissimo coraggio... direi fuori della portata della maggior parte delle aziende nostrane ( e non solo...). O no?
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