lunedì, agosto 07, 2006

Provami, provami...col tryvertising


Parliamo di “Tryvertising” - l’approccio di marketing volto a mettere nelle mani dei consumatori il prodotto affinché lo provino, lo adottino, ne parlino bene o facciano scattare dei fenomeni imitativi.

Diciamolo subito: siamo di fronte ad una (non semplice) evoluzione del classico sampling o di una operazione sugli influencers – come la solita offerta speciale per i giornalisti o il regalo del prodotto al VIP di turno.

E le sovrapposizioni con l'Ambient Marketing non mancano (noi markettari spesso diamo dieci nomi diversi alla stessa cosa...)

Gli esempi di applicazione di questa tecnica non mancano... anche se generalmente mancano di impressionare in termini di creatività. Probabilmente, dunque, il tryvertising è una buona idea il cui potenziale è però ancora tutto da sfruttare. E, curiosamente, quasi tutta la casistica sembra concentrarsi sugli alberghi come canale di contatto con il pubblico ( più che di tryvertising sarebbe il caso di parlare di hotelvertising?)

Un certo numero di hotel di lusso mettono oggi a disposizione dei clienti auto altrettanto di lusso; con l’obiettivo di convincere il VIP a comprare l’auto che ha potuto provare, di convertirlo in un evangelista del prodotto, portandolo a parlarne bene con i suoi altri amici (VIP), di farlo diventare testimonial gratuito - sperando che venga avvistato al volante del nostro veicolo.

Possiamo poi citare la catena alberghiera Etap, che ha ammobiliato alcune camere con i mobili di Ikea, o (più interessante) l’idea di mettere a disposizione degli ospiti una PlayStation con i giochi più recenti.

Niente di sconvolgente, eppure la teoria che posta alla base dello strumento ha dei punti sensati: se il pubblico ha fatto un po’ il callo alla pubblicità, se le fasce più giovani diventano difficili da raggiungere con i media classici, per costruire una marca e un prodotto di successo occorre passare (anche?) per altre strade.
Usare non i “media” come veicolo del nostro messaggio, ma fare sì che siano gli user stessi a diventare nostri propagandisti, evangelizzatori. Quindi credibili in quanto “uno di noi” e neutri in quanto indipendenti. Una critica, dunque, al celebrity marketing: le celebrità credibili sono i consumatori stessi, molto più affidabili di una “star” nel dar giudizi su un prodotto mass market…

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