Se leggiamo una qualsiasi statistica dell’uso della Rete, vediamo che la maggior parte del tempo e dell’attenzione dei navigatori si concentra su pochi grandi siti. Google, Yahoo, MSN, YouTube (probabilmente anche YouPorn), Facebook e così via.
Questo, in termini da economista, si chiama oligopolio.
E’ tramontato il sogno che il web fosse un mezzo di competizione perfetta, dove l'outsider poteva battere, anche con risorse limitate, con i grandi del mondo editoriale. Salvo pochi casi, in realtà il verdetto su cosa sia Internet e su cosa funzioni lo sta emettendo il mercato.
La colpa è dunque del mercato - cioè dei navigatori. Una massa di utenti tuttora in crescita, con una fame di Internet che (a giudicare dall'incremento del tempo speso on line) non si è ancora saziata.
Proprio in conseguenza di questa crescita, aumenta il numero di utenti con esperienza limitata della rete. Esiste (ed è grande) una utenza che esprime un bisogno di concretezza, di risposte ad esigenze pragmatiche di contenuto, di servizio, di entertainment.
Una utenza che non ha probabilmente voglia o interesse ad esplorare ad oltranza la rete.
Di qui il coagularsi di traffico attorno a pochi siti in grado di soddisfare le esigenze (almeno "di base") degli utenti. E, soprattutto, siti dal brand forte, caratterizzato, dalla forte identità e dalla consolidata awareness. Anche in questo caso il brand funziona da punto di riferimento, che orienta le scelte e funziona da faro per guidare il tragitto nel mare magnum di questa rete infinita.
Mentre si è rivelato faticoso ma praticabile sviluppare siti e mettere a disposizione contenuti fruibili a tutti, si è rivelato molto più difficile riuscire a farlo raccogliendo successi eclatanti in termini di audience. Ed il mercato si è progressivamente compattato attorno a pochi grandi nomi.
Un po' come è successo (con tutte le diversità del caso) nel tumultuoso processo di nascita e sviluppo della emittenza commerciale radiotelevisiva.
Questo paragone da’ un certo brivido: dobbiamo temere un processo di "massificazione" della rete tale da portare i livelli qualitativi dei siti verso modelli televisivi che non fanno onore all'intelligenza umana?
Ma tant'è, quanto più la rete evolve da mezzo elitario a mezzo di massa, tanto più deve probabilmente fare i conti con "i gusti del pubblico".
Seguendo modelli di business basati sul traffico, molti siti hanno perseguito politiche di espansione a tutti i costi della quantità di contenuto offerta. Il vuol dire aumentare il numero di pagine del proprio sito, ergo incrementare il numero di impression da vendere, ergo avere un portafoglio più ricco.
Personalmente continuo comunque ad essere convinto che i grandi colossi lasceranno inevitabilmente degli spazi non occupati che potranno essere appannaggio di organismi più snelli, più specializzati ed adatti ad occupare nicchie specifiche - rivelandosi in questi ambiti circoscritti più darwinisticamente funzionali. A condizione di circoscrivere la propria attività in termini quantitativi e di approfondire al massimo i livelli qualitativi. Lavorando su target più piccoli e ben più specifici.
Con una complicazione: pianificare pubblicità su siti di nicchia significa complicare da morire il lavoro dei centri media o simili. E la tentazione susseguente è non lavorare di fino ma inseguire i grandi numeri, con macro pianificazioni sulle macro testate verso macro target poco differenziati…
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Come sai sono uno dei tuoi fan. Però questa riflessione mi sembra un po' troppo "analogica". Nel senso che mi sembra tu tragga troppe analogie fra il tradizionale mercato della televisione generalista e la situazione di dominanza di alcuni siti internet in termini di visite.
RispondiEliminaIl fatto che alcuni siti siano enormemente più visitati di altri mi sembra solo la riproposizione del principio di Pareto o principio 80/20. Senza contare che i motori di ricerca sono più "servizi" che "spettacolo" o "intrattenimento": il motore di ricerca è semplicemente la porta di accesso ad altri siti, spesso molto polverizzati.
Concordo con il post, ma sono dell'idea che i grandi sicuramente lavoreranno sui grandi numeri, preoccupandosi poco di cercare una comunicazione mirata o per target più specifici... perchè mirano all'utente poco esperto.
RispondiEliminaMa visto il numero crescendo dei navigatori e del tempo che passano in rete, sono dell'idea che una volta essersi evoluti anchessi cercheranno spazi gestiti da piccole nicchie che concentrano la loro comunicazione per un pubblico di nicchia e con contenuti sempre più validi.
Analisi corretta.
RispondiEliminaL'unica crepa in grado di generare una capillarità della distribuzione di advertising verso le nicchie ce la offre come sempre Google.
Il canale dei contenuti (Adsense per i webmaster) è diffuso e facile da implementare ed è l'unica vera fonte di reddito per i micro-editori.
Il fatto che sia l'unica non è affatto un bene e spesso si è evidenziata l'anomalia dicendo che Google - nei fatti - è socio di ogni micro-editore.
Se ti rimuove dal suo programma probabilmente chiudi bottega.
non credo che sia corretto perchè le grosse realtà che ci sono oggi sono uno sviluppo dei piccoli di ieri. Basta pensare a facebook di ieri e google di oggi che hanno scalfito il mercato a grosse company come myspace di murdoch e microsoft. Oggi ne stanno nascendo di nuove frutto di piccoli e grandi imprenditori che hanno piu capacità di evolversi rispetto ai grossi colossi. Il presente ce lo dimostra con la difficoltà di microsoft a inseguire google e quella di google che verrà scalfita da una new entry che riuscirà a contrastare un potere che oggi sembra irraggiungibile e allora forse saremo al web 3.0...
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