lunedì, settembre 08, 2014

Importa come si fa o cosa si fa? Riflessioni, esternazioni - #StrategiaDigitale e formazione


Pensare, perché?
Nel mondo della fretta, della scarsa competenza e istruzione, dei pochi soldi che girano e del comparto della comunicazione sotto pressione, l'unica strada per uscirne sarebbe pensare.

E invece è evidentissimo il trend è quello di sottovalutare, sul digital e sul social, l’importanza di un pensiero strategico (cosa cercare di fare, l'idea), a favore della competenza nello schiacciare bottoni.

Concentrarsi su come fare la pagina Facebook o l'operazione di engagement senza domandarsi se è quello che ci serve. O domandandoselo ma vendendolo lo stesso al cliente (o al proprio capo) perché è quello che sappiamo fare, mentre non siamo attrezzati per pensare in modo non operativo.

Pensare alle technicalities e non a perché lo facciamo. E perché dovrebbero darci retta.

Un trend che si vede bene in formazione: da un lato un'offerta tecnica, che insegna a schiacciare i bottoni (e va benissimo: usare Photoshop è utilissimo, ma non è quello che ci insegna a essere creativi). Dall'altro discorsi sui massimi sistemi, sui paradigmi.. che poi torni a casa e ti rendi conto che, come prima, non sai come affrontare il problema di inventarsi un'azione di comunicazione che funzioni. Perché non si insegna a pensare. Si fa la filosofia (fondamentale) e si fa la manovalanza (utilissima). In mezzo il nulla.

Si parla di urbanistica e di filosofia di gestione del territorio e si insegna a tirar su i muretti. Ma come si disegna una casa difficile trovare chi lo insegni.

Inutile pagare gli stilisti, tanto ci sono le sartine
A saper usare Photoshop (e basta) si rischia di ritrovarsi a essere un simpatico operaio in fondo alla catena della creazione, quasi una commodity, sostituibile e sottopagabile.  Molto più sotto di un creativo o di un planner che sanno invece pensare a come dovrà essere la casa che un qualche muratore dovrà poi tirare su ;-)

Sul digitale vedo un sacco di attori, dalla parte di chi compra e di chi vende, che sembrano convinti che non importi invece il pensiero. E assolutamente non disposti a remunerarlo, perchè tanto pensare è gratis. Ad esempio come il pensare di uno stilista di moda, tanto noi in quel campo lì paghiamo solo il tessuto e il costo della sarta, mica vogliamo remunerare il lavoro dello stilista, che ci vorrà mai a fare un bellissimo vestito, se hai una buona sarta e un paio di lavoranti che hanno il mestiere?

Si confonde la capacità di fare “in pratica” un’attività digitale con la capacità di trovare idee per fare attività che non cadano nel disinteresse generale, come capita nella stragrande maggioranza dei casi (date un occhio al numero di fan di un sacco di pagine aziendale e avrete un primo, drammatico indicatore di come sono stati buttati i soldi).

Serve testa, non serve la fuffa
E' da un sacco di tempo che lo dico (e in effetti questo post è un adattamento di un pezzo che avevo scritto per TechEconomy, che a sua volta è figlio di cose scritte per il compianto Web Marketing Tools... ma purtroppo negli anni le cose non sono affatto migliorate, anzi...).

La grandiose teorie dell'Internet e del suo cambiare la società e gli scenari sono utilissime per capire i macroscenari. Ma non è leggendo il Cluetrain manifesto che arrivo a creare in concreto un'operazione Social o di Internet PR per la mia carta igienica. Posso arrivare a capire che se i mercati sono conversazioni, allora sarebbe interessante far parlare le persone della mia carta igienica. Ma non mi da' spunti su come fare.

Dall'altro lato, se chi lavora sul progetto mette la testa direttamente sul livello basso - a fronte di un brief (normalmente pessimo) parte alla carica dicendo "ok, ho già un'idea di come fare la pagina FB" non ci siamo. 
Se invece di pensare a obiettivi da raggiungere (e a come raggiungerli) pensa a tirar fuori delle trovate, è inevitabile che ci si rifugi nella copia di robe già fatte o nel proporre idee banali e scontate. E se è un junior, a lavorare così crescerà poco.

Sul digitale, ammettiamolo, c’è troppa fuffa. Perché la committenza non conosce abbastanza il problema e le sue logiche. Perché si sottovaluta, si confonde il saper fare con il saper pensare a cosa fare.

C’è fuffa perché, in buona fede, chi compra formazione cerca corsi operativi e snelli, economici e rapidi, con un titolo che faccia sognare. E trova troppi corsi dove il materiale è vecchio. Oppure dove si parla delle solite macroteorie e poi non si dice come queste ricadono sul nostro lavoro quotidiano. O dove ti insegnano a schiacciare i bottoni di un software ma non a pensare ai progetti. Dove ti insegnano presunti trucchetti che non esistono e che comunque diventano subito obsoleti. Dove in 2 ore, in cambio dei tuoi soldi ti insegnano (obbligando magari il docente che non è d'accordo) tutto il Social Media e in omaggio anche l'email marketing e cenni di SEO -  per far vincere la tua azienda e spaccare i mercati per il successo delle tue vendite che dopo il corso saranno sicuramente travolgenti...

Arrivi a casa con la testa piena di magnifiche emozioni, di entusiasmo. E il giorno dopo in ufficio, davanti al foglio bianco ti rendi conto che al cliente non puoi scrivere (solo) la nostra soluzione è di fare un qualche progetto che parli alla gente con un tono umano. Figo. E quindi...? Che progetto? Come ci arrivo? Come riesco a inventarmelo?

I corsi specialistici, intendiamoci, servono. Molto. Ma se ho bisogno di un direttore per un ristorante di lusso, non lo mando a un corso di cucina. O forse si, ma dopo che ha capito e imparato un sacco di cose più generali.


A pensare si fa più fatica che a fare, non c’è dubbio. Ma forse è necessario, visto che la controparte, le persone, il consumer è sempre meno tonto e (lui, sì) sembra pensare sempre di più, prima di comprare…

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