martedì, ottobre 27, 2015

E' un attimo passare da lovemark a hatemark... (che palle gli Epic Fail) #StrategiaDigitale


Nel nostro mondo dei social e delle conversazioni, dove secondo Eco abbiamo dato voce a troppi imbecilli, c'è forse una sola cosa chiara: fai un errore e ti salteranno alla gola.  Sbaglia un prodotto, una risposta, e il popolo chiederà la tua testa su una picca, come in Trono di Spade.

Se ti si alluviona l'azienda, certo, si mobiliteranno per comprare la tua pasta e salvare i posti di lavoro; ma se il management dell'azienda canna un'interazione, lo stesso popolo si scaglierà chiedendo l' espulsione del colpevole o addirittura la chiusura dell'azienda (e il conseguente licenziamento di persone incolpevoli). 

Un battibecco fra due persone andrà in Trending Topic perché letto come un attacco imperdonabile a tutto il "popolo della rete".
Uno scivolone diventerà a priori un Epic Fail (che, diciamocelo, hanno un po' stancato, quanto meno è ora di inventarsi un nome nuovo per la stessa roba, che almeno è un po' più fresco).

Che, intendiamoci bene, secondo me ci sta. Se un'azienda sbaglia o prende coscientemente posizioni intollerabili, se dimostra di non aver capito come funziona il marketing, il rapporto con le persone, il business.. o anche solo il rispetto e la buona educazione va duramente cazziata.
Una bella crisi spesso è molto educativa. Per chi la soffre e per le altre aziende che guardano.


Ma se siamo di fronte a un vero e proprio infortunio (e chi non fa errori o ha una botta di sfiga, o gli scappa un "qual'è" ?) per favore, facciamo che si invoca la clausola della "Puttanata Manifesta" e si va avanti.

Hai voluto instaurare relazioni emotive? E mo' pedala.
Parte grossa del problema è stata questa mania delle aziende di voler instaurare relazioni emotive con il proprio pubblico. Di creare un affettività tra persone e marca. Per qualcuna di voler diventare quella roba strana che si chiama Lovemark (spesso non facendo nulla di concreto per diventarlo, beninteso).

Il problema è che non è facile per una marca diventare un lovemark e, soprattutto, restarci - specialmente se i basics di business non sono a posto e se la nostra dichiarazione/richiesta d'amore si deve confrontare con una scarsa concretezza nel delivery.

Costruire affettività, relazione è una strategia potente, che permette di uscire dalla battaglia per il prezzo - specialmente ora che i consumi sembrano timidamente voler ripartire... ma si è instaurata un'abitudine a una maggior frugalità.
Ma c'è un problema: nessuno è più vendicativo di un amante deluso.



Parallelamente, alziamo la barra degli standard: se si sparge la voce che la marca deve corteggiarti, ogni giorno, deve relazionarsi... siamo nei guai seri.

Una marca che si comporta in maniera "tradizionale" è allora vista come sarebbe visto oggi un uomo degli anni '50: rozzo e fuori tempo nei suoi comportamenti.

D'altra parte, una marea di prodotti e marche non hanno le carte in regola per instaurare relazioni affettive. Non c'è il substrato, la performance... e alle persone, non interessa relazionarsi con qualsiasi prodotto e qualsiasi marca.

Anche perché, per amore del cielo, se mi metto a relazionarmi con qualsiasi oggetto e qualsiasi atto d'acquisto che compio nella giornata, arriverò a sera emozionalmente prosciugato e mi ritroverete a letto abbracciato alla mia ruota di scorta.

E' allora un attimo passare dal lovemark all’hatemark.
La marca che amiamo odiare.

D’altra parte abbiamo voluto vestire "d'amore" un rapporto che per noi era, certo, biecamente commerciale. Un gioco pericoloso. Specialmente si rivela che (noi azienda) siamo pronti a proclamarci innamorati dei clienti - a condizione che ci caccino i loro soldi.

Pensavo fosse amore, ma sei solo una peripatetica


Pensavo fosse amore e invece era solo un modo per prenderti i miei soldi, per di più fingendo.

"Ci tengo a te. Voglio avere una relazione e una conversazione." Poi si scopre che è una strategia di comunicazione. Che non rispecchia in alcun modo la realtà dell'azienda, che è cinica e razionale.

Ma un conto è trovare un posizionamento, costruire una percezione (ad es. marca con valori artigianali.. poi scopri che è prodotta in un capannone industriale e tu ti aspettavi il Mulino Bianco vicino al fiume...). E un altro conto è fingere. E soprattutto farsi beccare. 

Perché tutte le volte in cui si sospetta uno scambio di affetti in cambio di denaro, spuntano inevitabili parallelismi con mestieri di antichissima tradizione.

Di nuovo, la comunicazione non è una coperta sotto cui nascondere la realtà.

La marca deve essere espressione di un'azienda. E non un costrutto astratto, che va in conflitto con la realtà dei fatti. Perché la verità poi finisce per venire a galla e l'amante tradito diventa pericoloso, e ti aggredisce a colpi di #EpicFail.

--- VI VOGLIO BENE E INSERISCO UN MESSAGGIO PROMOZIONALE, PERCHE' VOGLIO AVERE UNA RELAZIONE AFFETTIVA COI VOI------

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Nella colonna qui a destra trovate qualche informazione in più, volendo.

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