mercoledì, novembre 08, 2006

La dimensione sociale dello shopping viene amplificata on line

Tutta la dimensione di consiglio, confronto, socializzazione tipica dello shopping influenza fortemente la nostra decisione di cosa compraree dove. Non è però generalmente corretto chiamare shopping quello che si fa on-line: difficilmente si “va per vetrine”, per vedere cosa c’è di nuovo e di bello, aspettandosi l’inaspettato e la sorpresa. E non si va, generalmente, a fare compere online in compagnia (se invece lo fate postate un commento, mi interessano le eventuali dinamiche su questo fronte).

Queste dimensioni sociali stanno venendo recuperate anche grazie a siti che aggregano comunità che si relazionano fra di loro in modo sociale. E che possono, sul sito, dare voti ai prodotti, creare liste tipo "i 10 migliori", scrivere recensioni e consultare le recensioni dei propri pari. Ricevendo quindi un aiuto per orizzontarsi fra le decine di milioni di prodotti in vendita online e offline, senza doversi fidare solo del punto di vista del produttore ( la pubblicità), ma affidandosi ad un consenso collettivo o più semplicemente, sentendo le opinioni di chi il prodotto l’ha già provato. O, più spesso, di qualità, almeno negli obiettivi: in molti siti esperti e celebrità sono invitati a scrivere recensioni e proprie liste del “meglio di”; e gli utenti “normali” potrebbero venire presto remunerati sulla base della qualità della propria recensione (e , a tendere, sulla capacità di far vendere online il prodotto, in una forma di affiliate marketing).

Questo può avvenire a livello dell'intero mercato ma, molto probabilmente, esprimerà la sua vera forza sulle nicchie sociodemografiche, sulle tribù, su quei piccoli gruppi appassionati, altospendenti, dispostissimi e interessatissimi a scambiarsi opinioni, pareri e consigli.

giovedì, novembre 02, 2006

Nuovo Cliente: DM Group

Si arricchisce la lista clienti con l'entrata di DM Group.

DM GROUP è un'agenzia a servizio completo che affianca il Cliente nella definizione, realizzazione ed ottimizzazione delle strategie e dei programmi di CRM e comunicazione diretta, attraverso l'applicazione combinata delle tecniche tradizionali di 1to1 (direct mail, couponing, telemarketing) con le nuove tecnologie di comunicazione (web marketing, e-mailing, Mobile Marketing). Il tutto, secondo un approccio consulenziale innovativo e da sofisticate tecnologie per il database management

Grazie anche a DM Group per la fiducia accordata...

martedì, ottobre 31, 2006

Il Social Shopping alla cinese

Impeccabile esempio di come le tecnologie e la dimensione sociale dello shopping possono spaccare i mercati: il fenomeno cinese del Tuangou.

Secondo un articolo dell'Economist, si tratta di una smart mob che condivide l'interesse a comprare un certo prodotto e che si ritrova on line per organizzarsi.

Ci si mette d'accordo e ci si trova tutti insieme in un negozio. E una volta lì si usa il peso del numero per negoziare il prezzo con il negoziante.

L'esempio riportato dall'Economist è quello di un gruppo di 500 (!) acquirenti che si sono dati appuntamento nel più grande negozio di elettronica domestica della Cina.

Chiaro che se ti arrivano 500 compratori di botto.... (hanno sbarrato le porte agli altri acquirenti, hanno fatto sconti sui prodotti e gli hanno pure dato dei simpatici omaggi...)

Date le rigidità struttturali, una cosa del genere non funzionerebbe (probabilmente) in un punto di vendita di una catena (dove i prezzi non sono presumibilmente gestibili dal direttore di filiale) - ma devo dire che fare un bel smart mob blitz da FNAC o da Mondadori Informatica non mi dispiacerebbe proprio... dovrei giusto comprarmi un GPS...

Social Shopping: i consumatori cambiano il mercato



Internet è sempre stato uno strumento usato per innescare dinamiche di relazione sociale (e infatti la posta elettronica è nata prima delle pagine web).
Ed il web è stato subito uno strumento al servizio dello shopping. Molto prima che nascesse l’ecommerce, già si potevano contare numerosissimi siti, forum, liste che riportavano consigli, suggerimenti, dibattiti e condivisioni relative all'acquisto di beni o servizi per il proprio consumo.

Così, proprio per la natura di Internet, è naturale che questi i filoni della socialità e dello shopping abbiano effettuato una convergenza e sia da circa un’anno sotto stretta osservazione il fenomeno del Social Shopping.

Il Social Shopping è una evoluzione dell’e-commerce. Un contesto sociale online dove si massimizza la capacità del consumatore di influenzare negli acquisti gli altri consumatori.

Ha al suo centro la potenza inarrestabile della massa umana collegata e della sua voglia di parlare, di scambiarsi informazioni. Il principio fondante è quello della massa di utenti in grado di decidere, attraverso le interazioni con gli altri utenti, quali prodotti comprare – a livello singolo, a livello di massa e a livello di fenomeno.

E si tratta di tre livelli di influenza che portano con sé delle conseguenze non da poco per il lato dell’offerta.

Il Social Shopping per l’acquisto individuale è la punta dell’iceberg.
Si va su un sito, si parla con i propri pari, si leggono recensioni, si decide. Si compra online o in un negozio vero. E spesso ha più influenza la parola del gruppo sociale o dello sconosciuto amico recensore di quanto influenzi la pubblicità, la comunicazione, l'incentivazione del commesso in negozio.

Ma la parte sommersa dell’iceberg la cominciamo a vedere se consideriamo che l'effetto accumulato di questi acquisti individuali innesca il comportamento di gruppo.

Il passaparola quindi diventa un fenomeno di comunicazione di massa, fino a innescare il terzo livello, quello della moda, del badge value, del prodotto di cui non si va a cercare conferma su un sito ma di cui si viene avvertiti proattivamente dagli amici con una mail o durante una chat, quel prodotto di cui si sente parlare sui mass media - il prodotto che la massa collegata, attraverso le proprie interazioni online, ha decretato essere il nuovo status, la nuova killer application, il gadget o il capo d'abbigliamento irrinunciabile.

E qui si intrecciano strettamente i temi del Viral Marketing e del Social Shopping.
(seguirà)
Pioniere e Moderatore al Webchallenge

Per chi fosse interessato, segnalo questo "Talk Show" cui parteciperò in qualità di moderatore ( e con il biglietto da visita di "Pioniere dell'Internet Italiano" :-) )

http://www.webchallenge.it/Home.asp

"Multimedia Branding: esperienze e strategie innovative"

Business Talk Show con aperitivo in concerto

Tema: il branding innovativo e digitale attraverso le testimonianze dei protagonisti di casi di successo.

Obiettivo: fornire esempi pratici e strumenti utili nella gestione del lavoro quotidiano.

Partecipano:
  • Corrado Massone, marketing manager HP Italiana PSG, "Personalizzazione estrema del messaggio: protagonista di un video HP in pochi click"
  • Alessio Valtolina, brand manager Heineken, "Brand che anima e coinvolge: dal palcoscenico allo spazio virtuale cresce la community di Heineken "
  • Giuliano Giorgetti, web & crm project manager di ACMilan, "ACMilan scende in campo: nuove strategie per sfida online"
  • Stefano Colombo, creative director Publicis, "Il caso Hype Gallery"
  • Massimo Bartoccioli, docente IED Comunicazione, "XL Brands: un modo allargato di fare branding"
  • Fabrizio Bellavista, responsabile editoriale mensile ADV, "Il 'pensiero liquido' e la convenienza del marketing digitale"
  • Maurizio Spagnulo, communication director di Lancia, "Lancia Y B-Color: internet ti chiama"

Anchorman: Roberto Venturini, pioniere dell'Internet Marketing Italiano, con oltre 20 anni di esperienza nel Marketing strategico/operativo, dei mezzi digitali e della comunicazione on line.

Data ed ora: 23 Novembre 2006, registrazione alle ore 18.00, inizio talk show 18:30, aperitivo musicale dalle 20:30.
Dove:
al T35 in Via Tortona 35, Milano

Il nome, "Multimedia Branding : esperienze e strategie innovative", sta ad indicare il tema centrale dell'evento: il branding innovativo e digitale (la promozione della marca attraverso canali e modalità non tradizionali), presentato attraverso diverse ed interessanti case history.
Nel corso della serata, infatti, i protagonisti di alcune storie di successo si confronteranno tra loro sulle nuove tendenze del marketing innovativo, esponendo le proprie esperienze.
Durante l'evento è inoltre prevista la premiazione dei vincitori del contest on-line Webchallenge 2006.

venerdì, ottobre 20, 2006

Mezzi Elettronici e comunicazione interna: molte possibilità per migliorare l'azienda
(Il diritto di mugugno - e il blog aziendale)

E' disponibile la nuova puntata del mio corso di Internet Marketing per le PMI, pubblicata sul portale di EuroPMI

giovedì, ottobre 19, 2006

Religious Social Networking, la chiesa ti segue online

Il settimanale articolo su Apogeo...

Il social networking arriva nelle chiese e nelle parrocchie americane. Per consolidare la rete dei parrocchiani, fare new business e mantenere fidelizzato il gregge...

lo trovate qui

PS: causa turne' Milano - Roma - Vienna - Amsterdam e pare anche Napoli per smazzarmi un overload di lavoro che mi e' arrivato addosso, chiedo anticipatamente scusa se non riusciro' a tenere molto vivo il blog nei prossimi giorni... :-(

lunedì, ottobre 16, 2006

Il break spagnolo in TV non finisce mai

Lo sapevate che qui in Spagna sono strani ?
Ci sono break pubblicitari in prime time che durano 20 minuti (!!) con 4o comunicati che passano di fila.

Quelli strani sono ovviamente gli investitori pubblicitari, non le stazioni. Infatti le tariffe pubblicitarie sono in aumento, segno che c'è la coda di gente che vuole comprare spazi in TV in prime time ( e non).

Ora, io non conosco nessun cliente in Italia che sarebbe disposto a spendere un pacco di soldi per passare al 12° minuto di pubblicità con il suo spot (con un'audience ovviamente ridotta asintoticamente a zero ) e per di più senza esclusività merceologica (il che vuol dire che siete il quarto dentifricio che passa nel break negli ultimi 5 minuti...).

Furbissime le stazioni TV, che approfittando di questa strana follia degli investitori, fanno un pacco di soldi.
Per colpa nostra, cresce il product placement

Grazie alla digitalizzazione dei contenuti, diventa sempre più facile evitare la pubblicità in TV, con il TiVo o comunque con l'adozione della visione differita dei programmi, grazie ai sempre piu' avanzati VCR digitali (lo so, si faceva anche con il vecchio VHS analogico, ma con il digitale è tutta un'altra cosa.... ;-)

Forse lo facciamo anche per reazione all'eccesso di pubblicità cui siamo sottoposti ( si veda l'altro mio post di oggi). O se non usiamo la visione time shifted, magari evitiamo la TV stupida per guardarci un buon DVD.

E se noi saltiamo la pubblicità tradizionale, mettiamo in crisi il modello televisivo. Che deve reinfilarci per forza dalla finestra la pubblicità che abbiamo fatto uscire dalla porta.

La conseguenza è che la pubblicità cerca di arrivare a noi in forme diverse, ad esempio attraverso il product placement, un mercato in netta crescita.

Secondo una ricerca pubblicata quest'estate da PQ Media, una società di ricerca americana, il placement è cresciuto in tutto il mondo, con un salto del 42% nel 2005 - per un valore totale di 2,2 miliardi di dollari.

Crescite a due cifre sono attese anche per il 2006 (si parla di un 39%) per arrivare ad un valore combinato (TV, cinema e altri media) sui 7,5 miliardi di dollari (sommando i principali mercati mondiali) e con una previsione per per il 2010 di 14 miliardi di $ (attenzione, la ragione della forte crescita percentuale deriva anche dal fatto che si sta passando da un modello in cui si barattavano gli spazi nei programmi o nei film ad un modello dove sempre più comunemente il placement si paga ).

Per l'Italia il valore del product placement è definito dalla ricerca come "minuscolo" (si veda questo articolo).

Sarà dunque sempre più difficile godersi un contenuto in cui non si sia infiltrato un messaggio pubblicitario ( si veda il mio post precedente sul product integration).

Ma sarà davvero più difficile? Per me tutto sommato no - probabilmente continuerò con il mio trend: sempre meno TV, sempre più Internet...

lunedì, ottobre 09, 2006

Il disco di platino dei monaci buddisti
(il mio pezzo di questa settimana su Apogeo)

Grazie anche alla forza della Rete, un Cd prodotto dai monaci buddisti arriva ai vertici delle classifiche in Spagna e in Italia. Mentre sul Pc gira una ruota di preghiera a 7200 giri al minuto…

Il resto lo leggete su Apogeo...

(ah, btw, questo è il mio 100° pezzo su Apogeo...)
Il Carrello Intelligente (parte 2)

Riprendendo il discorso sul Mediacart, il carrello intelligente con la pubblicità dentro (se ve lo siete persi, leggete il pezzo precedente qui)…

A quanto pare, nel progetto, la difficoltà vera non è stata data tanto dagli aspetti tecnologici quanto dallo studio dei comportamenti del consumatore che interagisce col carrello, della definizione delle logiche comunicazionali del proprio prodotto .

Il problema cruciale, infatti, era psicologico e di marketing; definire i modi ed i limiti della presenza pubblicitaria sul carrello.

Se da un lato è nell’interesse degli inserzionisti e del PV riempire il più possibile di comunicazione lo schermo, esiste dall’altro un limite psicologico di sopportazione e il pericolo che troppa pubblicità distolga il compratore dalla propria lista della spesa e possa alla fine fargli consumare di meno.

Non ci si può infatti dimenticare dell’atteggiamento dello shopper in negozio – spesso con precisi limiti di tempo, con un budget di attenzione limitato, con una stanchezza fisica o mentale che lo può rendere insofferente (specialmente in momenti di affollamento), con un probabile rifiuto verso tutto ciò che possa complicare invece di semplificare la sua esperienza d’acquisto.

Si tratta dunque di attivare una logica di engagement, di trovare modi per scatenare la capacità della comunicazione di attirare e coinvolgere il pubblico.

Il sistema Mediacart ha il potenziale (se funzionerà) di influire sui rapporti di forza tra produttori e distributori, per l’aumento del potere del punto vendita rispetto alle aziende distribuite – ponendo il negozio sempre più come un media pubblicitario oltre che un canale distributivo – e appesantendo quindi i pedaggi richiesti per una forte esposizione in negozio del prodotto e del suo messaggio.

Dal punto di vista pubblicitario, il sistema appare offrire possibilità molto interessanti di rivoluzionare il mondo della comunicazione instore – anche solo per l’abolizione dei costi di produzione e stampa dei materiali cartacei che verrebbero in gran parte sostituiti.

Ed emergono scenari di rivoluzione anche nel modo stesso di concepire il meccanismo promozionale, trasformandolo da statico ad iperdinamico.

Attivando promozioni per fasce orarie o per specifici giorni della settimana o addirittura innescando tagli di prezzo automatici, per incentivare le vendite di quei prodotti che negli ultimi cinque minuti hanno mostrato un rallentamento nelle vendite – rallentamento rilevato dal server centrale collegato alle casse e che comanda i meccanismi di formazione di prezzo e di conseguente, automatica, formazione dell’offerta, del messaggio promozionale e della sua diffusione sui carrelli di un singolo store o di una intera catena nazionale (segue, credo).

venerdì, ottobre 06, 2006

Segnalo...

E-commerce, sprint italiano
Di di Jarvis Macchi

L'Italia è pronta al suo Rinascimento on-line. L'e-commerce continua a crescere e a coinvolgere sempre più consumatori, che oggi sono più maturi e pronti ad usare la rete come un grande centro commerciale. Non solo. Nel 2011 gli italiani che faranno acquisti online saranno 22 milioni, raggiungendo quota 14 miliardi di transato, circa il 6% del valore totale europeo dell'e-commerce per quella data.

A rivelarlo è uno studio di Forrester research (NASDAQ: FORR - notizie) , che evidenzia...
Link all'articolo

giovedì, ottobre 05, 2006

Creatività

Lo sapete, da sempre dico che la creatività senza strategia magari e' bella ma magari non vende.
Ci sono a volte però delle idee creative davanti alle quali occorre togliersi il cappello.
Ecco alcune idee eccellenti ( grazie a Stefano Mantovani per la segnalazione).
































































mercoledì, ottobre 04, 2006

Corso sulla Pubblicità

Mancano pochi giorni al corso "Ideare, gestire e ottimizzare le campagne pubblicitarie in azienda" che terrò a Milano il 17 e il 18 Ottobre.

Tra gli obiettivi del corso:
- Chiarire le fasi dello sviluppo strategico di un progetto di comunicazione
- Apprendere come dialogare con l’agenzia pubblicitaria
- Conoscere i "trucchi" per massimizzare il lavoro dell’agenzia
- Approcciarsi con nuovi presupposti alla collaborazione per una campagna pubblicitaria

Interessati? Per informazioni ed adesioni (il corso è organizzato da LRA), cliccate qui
Rubano la sedia a Zapatero - ma è (cattivo?) Guerilla Marketing

In Spagna ha fatto scalpore il video postato su un blog apparentemente "contro".

Un blog redatto da una sedicente organizzazione di quattro gatti, schierata a favore di una campagna dell'ONU, chiamata "alzati contro la povertà".

In questo video si vede un gruppo di giovani incappucciati penetrare di notte, da una finestra, all'interno della Camera dei deputati di Madrid e rubare la poltrona di Zapatero dall'emiciclo.

Il video e' andato a ruba su YouTube ( 375,000 visioni...) ed è stato ripreso da tutti i telegiornali.

Potete figurarvi le polemiche in termini di scarsa sicurezza delle sedi pubbliche e di offesa alle istituzioni. Anche perchè il tono del video non è che sia poi ne' leggero ne' tanto divertente; un po' ansiogeno - e evocava forse un po' di terrorismo (e qui in Spagna tra islamici ed ETA sono abbastanza suscettibili sull'argomento, visto la gran quantità di morti che hanno sofferto negli ultimi vent'anni).

E ci sono cascati tutti, compreso El Pais (si veda questo articolo in spagnolo)

Bene, alla fine salta fuori che è stata una trovata di una agenzia di pubblicità, la normalmente molto stimata Tiempo BBDO. A sostegno di una ONG locale che appoggia quella iniziativa .

Male, secondo me. La campagna mi è parsa un autogol. Un esempio di come si fa male il Guerilla / Buzz, chiamatelo come volete.

Primo: sì, se ne è parlato molto, ma in termini negativi. La campagna ( prima che si svelasse il trucco) ha evocato sensazioni negative e/o di pericolo (infrazione della sicurezza, allora i terroristi potevano mettere una bomba... insulto alle istituzioni... i soliti ragazzotti balordi....)

Di conseguenza anche se il target giovanile magari avesse apprezzato (pare non troppo), il problema è capire se questa ONG voleva coalizzare i giovani e mettersi contro invece i non giovani, a sostegno di questa causa umanitaria peraltro universale.

Della serie se fanno una fesseria cosi' per pubblicizzare questa azione, l'iniziativa non sarà ne' buona ne' seria.

Il blog "levantate Zapatero" voleva essere un modo anche per far pressione sul governo spagnolo per fare di più contro la povertà, mobilitando anche l'opinione pubblica. L'operazione invece è stata percepita come una goliardata.

Per di più questo finto blog, questo finto film... che poi si rivela una mossa publicitaria, sa proprio tanto di manipolazione plateale delle coscenze (è per questo che anche molti giovani hanno criticato l'operazione, almeno a quanto mi è capitato di sentire in questi giorni sui mezzi pubblici)

A seguire il problema che ha messo nei guai una persona, un (alto?) funzionario pubblico / complice che ha fatto entrare di nascosto e illegalmente gli operatori al congresso per filmare alcune sequenze del video e che adesso - identificato e reo confesso - passerà i suoi guai.

A questo punto l'operazione, anche se ha fatto registrare fortissimi download del video su YouTube ha preso un odore un po' triste, complice anche la disapprovazione che ha avuto sui media di comunicazione.

Media che tra l'altro si sono concentrati sull'evento ma che hanno passato assolutamente in quinto piano il perchè, e il cosa fosse l'iniziativa in questione.

Male, perche' una operazione di comunicazione deve far parlare prima del prodotto pubblicizzato e dopo (forse) di se'. E poi perchè tutto questo casino doveva essere a sostegno di una iniziativa delle Nazioni Unite, che si sono invece categoricamente dissociate dal finto furto e dall'operazione, minando la credibilità e la valenza eroico - positiva di questo atto di disinformazione.

Per approfondimenti sulla storia (in spagnolo) potete leggere questo articolo de El Pais e questo de La Vanguardia (i media internazionali non hanno generalmente coperto molto a fondo la storia)

Il video - che YouTube segnala essere stato flaggato come inappropriato da parte di alcuni utenti - lo dovreste poter vedere ricercando su YouTube a questo URL o digitando la keyword "somos4gatos"

Guardatevelo e decidete voi - sono certo che molti lo troveranno invece geniale ed efficacissimo. E' il bello del marketing, il mondo è bello perchè l'è variabile. ;-)

domenica, ottobre 01, 2006

Un collant al caffé e la cellulite se ne va

Per combattere l’inestetismo più temuto, proposti collant corretti al caffè. Ma resisteranno alla concorrenza delle calze spray?

.... questa settimana su Apogeo

Aggiornamento: l'articolo è stato visto dalla Radio della Svizzera Italiana che mi ha intervistato in diretta in merito.... sempre più internazionale e sempre più multimediale... ;-)

giovedì, settembre 28, 2006

Notiziola 2

Videogames get real
SAN FRANCISCO (Business 2.0 magazine) -- All hell broke loose in Manhattan last week. Mobs of strangers roamed the streets around Broadway trying to assassinate each other with orders received via text messages.

Giant games of Pong and Space Invaders were projected on the sides of city skyscrapers, with players using their bodies as controllers (run left, run right, and jump to shoot).

Il resto in questo articolo di Business 2.0.
Interessante il concetto di giocare a un videogioco muovendosi fisicamente in un mondo reale: Anche se non sono sicuro che sarei contento se sbarcasse World of Warcraft nel mio quartiere...
Notiziola 1

L'operatore telefonico francese Orange ha lanciato il servizio "ulink" che offre ai suoi abbonati della zona di parigi chiamate urbane illimitate.
Ma solo se usano un telefono Wi-Fi.

notiziola, ma gravida di significati.
Per testare la pubblicità, ti ficco nella macchina RMN...

Tornando sul tema del Neuromarketing...

Dai suoi inizi negli anni ’90 la sperimentazione in ambito neuromarkettariale è stata in larga parte basata sull’utilizzo di apparati per la risonanza magnetica nucleare (RMN), grosse macchine che permettono di controllare lo stato dei nostri organi interni, esaminare i menischi e di verificare quali parti del cervello vengono stimolate come risposta fisiologica ad uno stimolo esterno.

Si è così scoperto nel 2004 che, in una situazione di classico blind test Pepsi contro Coke, comunicare ai soggetti sperimentali che stavano bevendo la rossa non solo faceva cambiare di molto la percezione del gusto e la preferenza, ma metteva in azione la corteccia prefrontale, una zona del cervello adibita a funzioni “alte” di pensiero. Il che dimostrerebbe come (probabilmente) il cervello ripeschi le impressioni ricevute dalla comunicazione e dal branding, le sovraimponga ai messaggi che arrivano dai recettori che misurano la realtà e modifichi quindi le percezioni sulla base di idee preconcette, attivando specifiche zone del nostro apparato cerebrale.

In questi anni questa disciplina si è andata un po’ sotterraneamente sviluppando, attirando forti interessi da parte dei grandi investitori, con sovvenzioni e aiuti tenuti generalmente occulti, per non incorrere in campagne di boicottaggio dei gruppi di oppositori a questo tipo di approccio alla persuasione commerciale. E’ infatti nato un movimento di rigetto verso queste tecniche da parte dei difensori della società, che vedono in queste ricerche un pericolo in termini non solo commerciali ma in quanto si teme potrebbero portare allo sviluppo di processi in grado di controllare mentalmente la popolazione da parte dei poteri politici.

Anche se dunque non se ne parla quanto si potrebbe, è certo che si sta comunque procedendo a gettare le basi di questa nuova scienza, con l’obiettivo di scovare a medio termine i meccanismi che meglio eccitino specifiche parti del cervello. Studi commissionati da Daimler-Chrysler hanno ad esempio scoperto che le auto sportive stimolano i centri di autogratificazione – le stesse aree che rispondono all’alcool e agli stupefacenti. Molto interessante. Si spiegano una serie di cose sulle stragi del sabato sera.

Come tradurre questa informazione in uno storyboard migliore è poi, ovviamente, tutto un altro paio di maniche.

Possiamo dunque pensare ad un futuro dove le agenzie noleggeanno abitualmente queste macchine presso qualche clinica privata e ci infileranno dentro membri rappresentativi del target? Cavie umane che, volta infilati nel macchinone, verranno sottoposte allo spot in test, per valutare oggettivamente – attraverso il lo studio delle immagini cerebrali - la capacità dell’annuncio di modificare la propensione all’acquisto e l’evoluzione della percezione della marca?
Lo scenario, posto in questi termini, appare non solo lugubre ma anche improbabile – da sempre si sono criticati i test “scientifici” sull’advertising per la loro necessità di svolgersi in un laboratorio e quindi non riproducendo le condizioni normali di fruizione (credo che nessuno di noi abbia ancora abbandonato il divano a favore di una macchina RMN come luogo deputato per godersi le partite di Coppa Uefa).

Per approfondimenti potete partire da questo articolo di Apogeo.

Curiosamente negli ultimi tempi non se ne è sentito parlare più molto, di questo tipo di ricerche. Saranno arrivate ad un punto morto o proseguono alacremente sotto una terribile cappa di segreto, stile X-files? ;-)

lunedì, settembre 25, 2006

Nuovo incarico universitario (si raddoppia)

La European University - business school internazionale di Barcellona - ha deciso di assegnarmi la docenza per il prossimo anno accademico del corso di "Consumer Behaviour" in aggiunta alla cattedra di "Elements of Electronic Media".




Al supermercato, pubblicitariamente ostaggi del carrello (che sa dove andare)…


La pubblicità televisiva arriva sui carrelli del supermercati – carrelli che sanno dove, come e quando passare uno spot o attivare una promozione.

Sta arrivando alla fase di test sul campo un carrello della spesa digitale – non nel senso dell’e-commerce ma proprio nel senso del carrello con le ruote, in cui al supermercato stiviamo prodotti e bambini.

La differenza sta nella presenza (in posizione ergonomicamente progettata) di uno schermo televisivo a colori. Rigorosamente privo di audio, per preservare la salute mentale dei frequentatori del negozio.

L’innovazione vera è però data dalla presenza di un sistema di posizionamento basato su una tecnologia RFID – che a tendere potrà integrare anche il dialogo con i famosi chip di identità che presto identificheranno i prodotti.

Sullo schermo posto sul carrello potranno quindi comparire messaggi pubblicitari e promozionali di vario tipo ed una serie di indicazioni utili per il compratore – basate sulla capacità del carrello di riconoscere la propria posizione all’interno del negozio, di sapere di fronte a quale prodotti si trova e di attivare un messaggio perfettamente contestuale (o micro geocontestuale) alla posizione del consumatore.

La pubblicità giusta nel momento e nel posto giusto…. (segue)
La TV sul cellulare: un grande successo - se non sbagliano niente...

Secondo l'istituto di ricerche Juniper Research, la TV mobile sul cellulare fatturerà nel mondo 11,7 miliardi di dollari nel 2011. In testa alla lista dei paesi con la maggiore adozione del sistema si prevede sia il Giappone con quasi 3 miliardi di fatturato e gli US con quasi 2.

In Europa saranno gli UK il paese guida, con quasi 1 miliardo.

Si prevede che l'offerta di TV mobile sarà sempre più focalizzata su modelli a pagamento e che i mercati dove maggiore sarà il successo della TV sul telefonino saranno quelli dove è maggiore il consumo di TV (ma dai?).

Il successo della TV Mobile dipenderà comunque, affermano i ricercatori, da numerosi fattori, quali il modello di business, i contenuti disponibili, le problematiche dei diritti, la copertura del segnale (specialmente in interni), gli aspetti legislativi.
E chi l'avrebbe mai detto, non saprei cos'altro aggiungere.

E' letteralmente il caso di dire che (forse) staremo a vedere.

Per chi fosse interessato, segnalo questo mio post precedente:
La TV sul cellulare: sarà un business?


venerdì, settembre 22, 2006

Senza mani - la telepatia come input device, su Apogeo

Si sta studiando cortocircuitare le correnti elettriche dei nostri neuroni con quelle del microprocessore. L’obiettivo è quello di poter permettere al nostro cervello di controllare direttamente computer e videogiochi...

E' questo il tema del mio pezzo settimanale su Apogeo...
Il Neuromarketing arriva sulla TV

Neuromarketing - scienza che studia la risposta del cervello agli stimoli pubblicitari.

In alcuni casi si usa la risonanza magnetica o la TAC ma ora si sta proponendo un sistema basato su un sistema di riconoscimento facciale.

Una videocamera incorporata nella TV sarà in grado di riconoscerci (e quindi di rendere piu' accurato il buon auditel) ma anche di capire il nostro stato d'animo, tarando l'emissione degli spot sulla nostra TV (ovviamente TVIP) in base al nostro stato d'animo percepito - e leggere le nostre reazioni allo spot, inviando un feedback ad azienda e creativi.

Settimana prossima, passata la festa grande di qui (La Mercè, weekend di 3 giorni) approfondirò sul tema
Audioguide gratis

A completamento del mio post sull'uso delle audioguide come strumento di marketing geocontestuale (link) segnalo queste audioguide (scaricabili gratuitamente) che coprono varie città europee.

Il modello di business non mi pare solidissimo ma staremo a vedere...

Già che siamo a parlare di Spagna e seguendo i link del sito delle audioguide, segnalo questo blog per gli interessati ad imparare l'idioma e questi podcasts didattici in Spagnolo che mi sembrano ben fatti, piacevoli e persino interessanti.

martedì, settembre 19, 2006

Chi l'ha detto che la pubblicità va fatta apposta?

Da adesso lo spot televisivo si compra "off the shelf", già pronto...

Una volta si andava tutti dal sarto, a farsi fare i vestiti su misura.
Poi è arrivata l'industria della confezione - dove non solo ci sta bene di comprare capi fatti in grande serie e che non si adattano perfettamente alle nostre forme - ma godiamo del indossare esattamente lo stesso capo che milioni di altre persone indossano.

Se l'abito non fa il monaco, la comunicazione fa l'azienda - e la regola storica della comunicazione TV era quella di investire tempo e denaro per farsi realizzare uno spot ad hoc, strategicamente e creativamente adatto a noi (sempre che l'agenzia fosse brava e curasse i nostri interessi, non solo i suoi).

Le cose stanno però cambiando: Spot Runner, una startup di San Francisco (e mi pare non sia la sola) propone ai clienti di comprare degli spot già belli e pronti, a scaffale.

L'azienda sceglie dal sito, il commercial che più gli piace e se lo fa solo personalizzare (modello Vistaprint). In aggiunta Spot Runner si può occupare anche della pianificazione media, il tutto a partire dalla ridicola cifra di 500 dollari - anche grazie alla capacità del sistema informatico di Spot Runner di lavorare sugli spazi televisivi invenduti (e quindi che vengono via per poco)

Insomma una comunicazione che magari non ci starà benissimo addosso, sarà un po' generica, sarà quasi identica a quella di altre aziende... ma che ha il vantaggio di costare poco.

E sospetto che, rispetto al lavoro che possono fare "ad hoc" certe agenzie da poco e poco professionali, il danno che può fare Spot Runner all'azienda non sia maggiore... (quanto ai risultati.. beh si sa, quella è un'altra storia - e spesso un terno al lotto).

venerdì, settembre 15, 2006

L'arte è nel DNA?

O è il DNA nell'arte?

Scoprite come il vostro acido desossiribonucleico può diventare un'opera espositiva nel mio ultimo articolo su Apogeonline.com
Riparte il corso di E-Marketing...

Riprendono le pubblicazioni a puntate del mio corso di e-marketing per le PMI su EuroPMI.it, il portale di Eurogroup per le PMI.

Un corso dal taglio semplicissimo, pensato a meno che non addetti ai lavori.
Se vi interessa, l'ultima puntata la trovate qui.

Quelle precedenti, qui.
Bloggare: poco ma buono… ;-)

Lo ammetto, avevo un senso di colpa. Non riuscire a pubblicare contributi almeno quotidiani in questo mio blog.

Mi sentivo inadeguato, colpevole di scrivere solo quando trovavo qualcosa che mi piacesse davvero dire – e di lasciare passare giorni fra un post e l’altro.

Colpevole di violare una regola sotterranea che da molte parti ci viene proposta: content, content, content, a manetta. In quanto eticamente giusto, in quanto intrinsecamente connaturato alla natura stessa del blog, in quanto indispensabile per attirare montagne di new business e fidelizzare i clienti esistenti.

Mi ha molto risollevato leggere questo post:
Why Blog Post Frequency Does Not Matter Anymore

Poco ma buono.
Basta che non sia poco di buono…. ;-)

martedì, settembre 12, 2006

Il web sta ammazzando la stampa giovanile?

Beh, alla fine è capitato.

Il web ha ammazzato la stampa. Bel titolo sensazionalista.
O meglio, un periodico cartaceo è stato soppresso per fare posto alla sua versione puramente digitale.

Parliamo della rivista americana "Teen People" di Time Inc., lanciata circa 8 anni fa con un buon successo.

Tutto bene, tutti contenti - poi un declino nella raccolta pubblicitaria. Gli inserzionisti (e i centri media) hanno iniziato a ritenere che i loro soldi sarebbero stati meglio spesi in elettroni piuttosto che in atomi di carta e inchiostro.

E' ora in edicola l'ultimo numero. Requiescat in pacem. D'ora in poi il business di Teen People è solo on line.

Copio e incollo da Wikipedia:

In 1997 the magazine introduced a version targeted at teens called 'Teen People.

However, on July 27, 2006, the company announced it would shutter publication of Teen People effective immediately. The last issue to be released will be for September 2006. There were numerous reasons cited for the publication shutdown, including a downfall in ad pages, competition from both other teen-oriented magazines and the internet along with a decrease in circulation numbers. [1]"

Ah, tra l'altro, la stessa cosa è successa ad "Elle Girl".
Vorrà dire qualcosa?


sabato, settembre 09, 2006

La Marca ha un suo museo (ma non un sito...)

Amici Markettari, se passate da Londra non potete esimervi dal visitare il museo della Marca, una esposizione che traccia l'evoluzione di marche note ( e meno note) attraverso gli anni.

Il museo sta a Notting Hill, quindi dopo potete farvi un giro a Portobello... il biglietto costa la modica cifra di 5,80 sterline.


Affascinante per constatare quanto ( o quanto poco) siano poi evoluti in 60 anni certi marchi e certi loghi (if it ain't broken, don't fix it...)

Presenta oltre 10,000 pezzi che coprono più di 200 anni di storia e nasce da una collezione privata ora diventata una "Charity"

Ulteriori informazioni : cliccate qui

Ah, si', ci sarebbe anche il sito del Museo, ma è praticamente inesistente, contenendo solo la Home Page e un pdf scaricabile con indirizzo e orari.

Qualche persona di buona volontà aderisce alla loro richiesta di volontari a supporto dell'associazione e magari gli realizza qualche paginetta HTML?

Potete visitare anche il sito della collezione da cui è nato il museo - utile se a Londra non ci andate ma vi interessa comprare articoli di "British Nostalgia"...

martedì, settembre 05, 2006

Nominato professore...

Da Ottobre terrò la cattedra di "Elements of Electronic Media", presso la European University - business school internazionale di Barcellona.

Fate gli auguri a quei poveracci che dovranno passare sotto le mie grinfie...
Riprende la mia rubrica su Apogeonline

Riprende la mia rubrica settimanale su Apogeonline: questa settimana parliamo di fantini robot che potrebbero liberare i bambini dal lavoro minorile negli Emirati Arabi... o no?

Se volete, potete leggerlo qui...

lunedì, settembre 04, 2006

Pubblicità geocontestuale: Il Bluecasting

Un altro strumento interessante ma un po’ complesso ( se ne sta discutendo in questo periodo anche su mlist) è l’accoppiata poster col Bluetooth - che permette alle affissioni di dialogare con i nostri telefonini.

In molte città europee si possono incontrare degli impianti speciali che ci richiedono di attivare il Blutooth del nostro cellulare. Fatto questo, il poster potrà inviare contenuti multimediali pubblicitari al nostro telefono ( o PDA), files, buoni sconto, jingle o spot.


Ah, questa forma di comunicazione, ovviamente ha un nome in codice: "Bluecasting"

Permettendo al poster di collegarsi al telefonino è possibile scaricare materiali di comunicazione come spot, un salvaschermo sviluppato per l'occasione, suonerie per i cellulari...

Qualche link utile:
http://digital-lifestyles.info/display_page.asp?section=platforms&id=2512
Wall Street Journal
Cosa ne dicono gli altri blogger...

Che siano Telefonini, GPS, o poster, le forme di comunicazione di cui ho dato dei cenni presentano un elemento in comune. Questi approcci di comunicazione contestuali alla location offre un significativo vantaggio rispetto ad altre forme di advertising precedentemente ipotizzate, specificamente nella loro mancanza di intrusività.

Erano infatti stati spesso vaticinati modelli di pubblicità basati sull'invio di SMS in modalità "push", in cui un sistema collegato al provider telefonico avvertiva la prossimità del cellulare ad un punto sensibile (ad esempio un negozio) e automaticamente inviava a quel cellulare un messaggio pubblicitario in merito.

Questo tipo di comunicazione non è in realtà mai stata introdotta significativamente sul mercato, anche per il timore di reazioni negative da parte dell'utente, che avrebbe probabilmente percepito questa attività come "spam", per di più in un luogo tanto privato come il cellulare, in cui l'arrivo di messaggi indesiderati tende a provocare reazioni fortemente negative.
Le nuove forme di pubblicità ora proposte sono invece basate su un modello "pull" in cui è l'utente stesso a richiedere la comunicazione, rispondendo perfettamente al detto "La pubblicità è una gran seccatura...fino al momento in cui hai bisogno di essere informato su un prodotto. In quel momento diventa Customer Service".

giovedì, agosto 31, 2006

New Business: Vivido

Si arricchisce ancora la lista con l'acquisizione di Vivido, brillante software house fiorentina.

Il progetto di consulenza affidatomi è legato alle attività di Marketing e Comunicazione per Roomshop, un innovativo software per il settore alberghiero.

Roomshop permette agli alberghi di effettuare rapidamente e facilmente la propria offerta di camere sui portali turistici (tipo Expedia, Lastminute..), semplificando notevolemente la vendita di camere su Internet. Il software permette inoltre di realizzare la comparazione dell'offerta e delle tariffe dei propri concorrenti, per un marketing alberghiero più informato.

Anche a Vivido, un grazie per avermi scelto.
Nuovi clienti: Softpeople Connexia

Entra nella lista dei miei clienti Softpeople Connexia, agenzia di comunicazione integrata.

Softpeople Connexia propone servizi di relazioni pubbliche, media relation, advertising, brand image e comunicazione online.

E' specializzata nella progettazione e implementazione di piani di comunicazione online e offline, offre servizi di comunicazione integrata e pubbliche relazioni con un focus particolare nei settori hi-tech, fashion, lifestyle, sport e travel.

Sto lavorando con loro su un progetto di consulenza relativo ad un importante attività di New Business. Grazie per la fiducia...

lunedì, agosto 28, 2006

Il Cellulare GPS per la pubblicità geocontestuale...

Qualche giorno fa avete potuto leggere qui un pezzo sulle possibilità di comunicazione geocontestuale dei lettori MP3.
Ancora più interessanti per la comunicazione sono le possibilità legate agli sviluppi delle tecnologie della telefonia cellulare.

In questo campo è all'avanguardia il Giappone. In questo paese una legge ha imposto che i telefonini vengano dotati dall'anno prossimo di un sistema GPS per permetterne la localizzazione in caso di emergenza: e al segnale GPS si affianca un segnale radio non satellitare, che permette una precisione di pochi metri nella localizzazione, anche in zone affollate di alti edifici dove il segnale GPS è spesso mascherato.

Su questa piattaforma la società GeoVector ha sviluppato un sistema che permette (grazie alla connessione del cellulare ad internet) non solo di visualizzare mappe della zona in cui ci si trova, ma anche di essere guidati passo a passo verso un punto di interesse (ad esempio un museo) e di ottenere informazioni semplicemente puntando il cellulare in direzione del luogo, monumento o esercizio commerciale che ci interessa.

E' anche possibile, grazie a questo sistema, ottenere informazioni / suggerimenti su temi di proprio interesse, ad esempio trovare un particolare tipo di ristorante oppure - puntando il telefonino su un gruppo di edifici - ottenere una lista degli alberghi presenti in quella zona, con tanto di distanze rispetto alla nostra posizione e, una volta scelto l'albergo di nostro gradimento venir guidati fino all'entrata.

Il servizio offre già informazioni descrittive e pubblicità per oltre 700,000 locations in Giappone, tutte disponibili agli 1,5 milioni di utenti che già dispongono dei nuovi modelli di cellulare abilitati per questo servizio.

Le estensioni potenziali del sistema sono notevoli: si potrà puntare il proprio telefono verso un poster per venire trasportati sul sito web relativo al prodotto pubblicizzato, puntarlo verso un cinema per poter leggere orari e recensioni. Con uno scenario futuro di mobile commerce (prenotare il ristorante, comprare i biglietti del cinema) ed uno scenario contemporaneo di buoni sconti/offerte promozionali inviati direttamente al cellulare (sperimentazioni di questo tipo sono attualmente in corso negli USA).

venerdì, agosto 25, 2006

Disponibile la versione Beta di Google Writely

Google ha rilasciato la versione beta di Writely, text editor che funziona online, via web, senza applicazioni da scaricare e che tiene i documenti in memoria su un qualche server e quindi sempre disponibili anche quando siamo in viaggio o considivibili con altri ( ma invisibili a Google e agli altri motori a meno che non si disponga il contrario).

Potenzialmente un applicazione molto interessante per PDA e simili, non richiedendo una applicazione residente

A breve lo testerò a fondo con il portatile e il Nokia 770, provando ad esempio a scrivere qualche pezzo dal bar della palestra (dotato di wifi gratuito, con mia grade gioia) - unico problema riscontrato: non funziona con Safari, ma con Firefox si' (e del resto anche blogger funziona molto meglio con Firefox...)

Writely permette di pubblicare direttamente sul proprio blog, quindi si configura anche come blog editor - ma qui non ci siamo ancora del tutto, ho incontrato qualche baco da risolvere.

La beta di Writely la trovate qui

giovedì, agosto 24, 2006

La complessità vende - ma con il boomerang

A quanto pare l'usabilità, intesa come semplicità dei prodotti, non sarebbe una buona idea dal punto di vista commerciale.

Secondo uno studio dell'Università del Maryland, i consumatori preferirebbero acquistare prodotti complessi, ricchi di funzioni, bottoni, lucette, trappolette.

E' l'effetto telefonino con videocamera, frullatore e coltello svizzero incorporato o "nuova versione del software" - sempre più complesso e zeppo di funzioni che nessuno userà.
Ma che se non ci fossero non farebbero vendere il prodotto.

Ovviamente, poi, una volta acquistato il prodotto, iniziano le insoddisfazioni - e dalla ricerca emerge che (a posteriori) i clienti sono più contenti nell'uso della versione più semplice...

Chiaro - la ricerca è troppo piccola e limitata per essere secondo me universalmente significativa.
Ma è interessante - contribuisce a sottolineare la differenza tra ciò di cui ha bisogno il cliente e ciò che invece desidera.

E spiega perchè ci siano ancora tanti siti (e ne vengono lanciati di nuovi ogni giorno) zeppi di animazioni in Flash, effetti speciali, musichette e altre amenità inutili se non dannose.

E' la differenza tra ciò che il committente necessita e ciò che ha desiderato. O che gli è stato fatto desiderare dalla web agency - che grazie a campanelli e fischietti (bell & whistles, come dicono gli americani) è riuscita a fatturare molto di più di quanto avrebbe potuto chiedere per un sito semplice e funzionale.

Come dicono di nuovo gli americani, uno sciocco e i suoi soldi sono facilmente separati. Ancora peggio quando il cliente è ignorante, nel senso buono e asettico della parola.

Quanto più si investe in formazione, si spende per capire e imparare, tanto più diventa facile non cadere nelle trappole dei fornitori - che purtroppo sono spesso anche loro in buona fede e più ignoranti di noi e ci fanno le animazioni in 3D e i menu randomizzati perchè credono davvero che siano belli e servano a far si' che alla gente il sito affascini e coinvolga di più.

Dimenticando che il sito, come tutti gli altri prodotti, deve anche essere usato.

Per maggiori informazioni sulla ricerca cliccate qui

mercoledì, agosto 23, 2006

Quotidiani gratuiti: in Europa, chi li ferma più?

I proprietari dei quotidiani a pagamento dormono sicuramente sonni agitati.
Il fenomeno dei quotidiani gratuti non sembra aver nessuna voglia di perdere il suo trend positivo di crescita.

In Francia un giornale letto su cinque è un gratuito. In Spagna uno su due, valgono il 30% in Portogallo, Svizzera e Danimarca.

Un sacco di editori si stanno affrettando a saltare sul treno, sperando che non sia troppo tardi.

Le Monde e le Figaro stanno lavorando a loro progetti in questo campo.
In Inghilterra si sta preparando il lancio di un altro (ancora!) quotidiano di questo tipo. E non sarebbe una gran notizia se non fosse che l’editore è la News Corp (sapete, quella di Rupert Murdoch, propietaria del Sun e del Times…). In Germania è di questi giorni il lancio di una nuova iniziativa prodotta dall’editore di un importante quotidiano finanziario.

E in Italia il lancio della versione stampabile /pdf de La Repubblica (Repubblica Ultimo Minuto) può essere letta come una mossa per riuscire in qualche modo a stare dentro a questo trend senza caricarsi degli ingenti costi di un quotidiano gratuito distribuito a mano.

Insomma, tra Internet e Quotidiani Gratuiti, il mondo dell'editoria deve veramente rimboccarsi le maniche per poter guardare con una certa fiducia ad un futuro in cui gli inserzionisti siano ancora disposti a supportare corposamente certi media...
Per approfondire il tema dei gratuiti in Europa, questo articolo dell’Herald Tribune

lunedì, agosto 21, 2006

Pubblicità geocontestuale sui lettori MP3?

iPod & co. hanno conosciuto in questi anni una straordinaria diffusione; e la pressione dei produttori per mantenere vivo il mercato attraverso la sostituzione ha portato all'incremento delle features di questi prodotti.

In questo modo i riproduttori sono diventati dei veri e propri distributori di content; e chi dice contenuto distribuito su device molto diffusi dice media... e chi dice media dice opportunità di comunicazione ed advertising.


Con la particolare ed unica opportunità di diffondere pubblicità geocontestuale (detta anche location-aware), ovvero legata al luogo dove si trova il fruitore, con tutte le opportunità del caso.

Da tempo i lettori mp3 non sono più limitati all'ascolto della musica ma hanno offerto l'accesso ad altri tipi di contenuto.
Per primi sono arrivati gli audiolibri (mercato comunque tuttora di nicchia, il cui player di riferimento è audible.com) poi i corsi di lingue (si veda qui, ma ce ne sono decine...), poi i podcast ed altre applicazioni ancora che stanno allargando a dismisura le tipologie di contenuto di cui possiamo fruire senza la necessità di essere collegati in tempo reale alla Rete (da segnalare anche il frasario utile della BBC... ma sarà davvero utile?).

Uno degli sviluppi interessanti per il mondo pubblicitario è la crescita nella produzione di guide turistiche audio, guide che riprendono il concetto degli apparati messi a disposizione in molti musei e che, quadro per quadro ci guidano attraverso l'esposizione, facendoci capire ed apprezzare meglio quello che vediamo.

Queste guide offrono un potenziale di comunicazione di proposte commerciali (tipicamente di servizi turistici) legate alla città e al quartiere che si sta visitando.

Il settore sta comunque conoscendo un forte sviluppo di iniziative autoprodotte, spesso disponibili gratuitamente su siti specializzati o sull'iTunes Music Store di Apple; o realizzati e distribuiti sul proprio sito da enti del turismo, come quelli disponibili sul sito esmadrid.com o sul sito della città di Oxford.

E probabile che, partendo da questi primi prodotti pionieristici si possa presto arrivare al lancio di prodotti audio sviluppati dai giganti del settore delle guide turistiche e ad una differenziazione dei modelli di business.

Da un lato vedremo prodotti posti in vendita e dall'altro assisteremo probabilmente allo sviluppo di prodotti resi disponibili gratuitamente ai turisti ma abbondantemente popolati di messaggi pubblicitari relativi alla zona visitata (anche se la tecnologia probabilmente non riuscirà a risolvere soddisfacentemente il problema della vendita degli spazi pubblicitari a livello di quartiere o di singolo esercizio commerciale...).

giovedì, agosto 17, 2006

Guerilla Parenting

...una applicazione dei metodi del Guerilla Marketing, focalizzati su una educazione corretta dei giovinetti - adottando tecniche e strumenti che ben si integrano con il loro background culturale.

http://cosmo7.com/stencil/

O no?
Ma... è Guerilla Marketing o Guerilla Communication?
Il GM , almeno nella sua stragrande maggioramza dei casi, è una forma di comunicazione. Però il termine "Guerilla Marketing" suona meglio, è più markettabile…;-) io ritengo che dovrebbe essere chiamato Guerilla Communications ma ormai e’ fatta…

Anche perchè, molto spesso, di Marketing ne ha poco.
Il GM si è storicamente (per quel poco di storia che ha) sviluppato su un approccio "creativo". Cercare la trovata, il colpo ad effetto.

Molto spesso quella del GM è tutta teoria generica perche’ alla fine quello che conta è la trovata. E non che sia sbagliato: non si vive di solo Marketing...

In effetti questo approccio dove la strategia e il marketing sono in sottordine rispetto alla capacità creativa è tipico di alcuni settori come la moda o i profumi, dove non si puo’ organizzare la comunicazione su parametri razionali (se mi permettete la generalizzazione) e dove sono gli stilisti e i creativi che la fanno da padrni in comunicazione, interpretando trend, cogliendo cose che sono nell’aria, trovando modi di stupire e attrarre l’attenzione.

Si tratta dunque, nel GM, di lavorare sull’awareness e sulla generazione di news value – ovvero facendo casino fare si’ che i media se ne occupino e parlino di noi, dandoci copertura mediatica gratuita (publicity).

Il problema è che se anche alziamo l’awareness, non è detto che facciamo del bene alla brand equity – e poi che marca potrà essere una marca che vive solo di colpi ad effetto?

Pochissime marche possono sopravvivere ad una strategia fatta solo di guerilla – che anzi va in molti casi usato a dosi omeopatiche. Il rapporto tra marca e cliente è spesso è un fidanzamento, un certo livello di prevedibilità è spesso apprezzato...

lunedì, agosto 14, 2006

Tryvertising, implicazioni per le aziende
Un’operazione complessa e frammentata come il Tryvertising implica, dal punto di vista dell’azienda, un impegno a sviluppare un marketing mix sempre più su misura per i nostri target (spesso sempre più piccoli e specialistici).

E una volta sviluppato il package prodotto/marca/comunicazione, portarlo nelle mani dei consumatori più influential e più vocali, contando sulla forza della nostra offerta (e della nostra persuasione) per farli innamorare del nostro prodotto. Di qui, auspicabilmente, l’inizio di un rapporto affettivo e di entusiasmo – un amore che si faccia rumoroso, usando i canali virali.

Gli esempi di user innamorati che osannano un prodotto già oggi non mancano – basterà farsi un giro su tribe.net, su ciao.com o su uno dei mille siti che aggregano comunità; su blog di successo e mailing list per incontrare esempi di prodotti idolatrati o di aziende crocefisse di fronte a migliaia di potential users.

Lo sforzo importante per rendere il tryvertising una disciplina funzionale (e non una semplice ridenominazione del sampling) passa attraverso la costruzione di una serie di regole strategiche che possano rendere efficace questo strumento.

Riflessione 1: Pensare strategicamente. Il tryvertising deve essere visto come una operazione strategica – quindi su cui si investe in pensiero, in ricerca, in analisi del target, in creatività. Per trovare soluzioni che non siano banali, episodiche o casuali.

Riflessione 2: Tutti i prodotti sono ”buoni”, sono le emozioni che li differenziano. Se cerchialo il successo attraverso un sampling basato sulle funzionalità del prodotto, dobbiamo avere un prodotto dalle performance miracolose. L’obiettivo deve essere (invece) la costruzione di relazione emotiva ed affettiva tra azienda e persone.

Fermo una persona per la strada, le regalo un campione di caffé. Questa poi lo prova, lo trova buono ma nulla di più. So what. Davvero otterrò una conversione al prodotto o che si impegni a far proseliti fra le sue amiche?

Diverso darle appuntamento per assaggiare il mio caffé in un locale carino, portandosi dietro il fidanzato ed offrendole un mazzo di fiori (c’è poco da ridere: un fast food americano è riuscito a riattivare una serie di ex clienti invitandoli per San Valentino ad una cena romantica a lume di candela nel locale… contando sul fatto che per molti clienti, in un’età giovanile, quello era proprio il luogo dove era iniziata o si era sviluppata la loro storia d’amore…)

Se riesco a trasformare l’occasione di “assaggio” in un momento che possa emozionare il mio potenziale cliente e che lo faccia sentire coccolato e stimato, potrò iniziare a costruire un vincolo emotivo che cambierà la relazione da “consumatore <-> prodotto” a “persona <–> azienda che mi vuole bene e a cui voglio bene”

Riflessione 4. Quindi…gratificare il ricevente. A tutti piace sentirsi speciali. Sentirsi riconosciuti come parte di un’elite da parte dell’azienda può fortemente modificare la percezione.
Ricevere 20 centilitri di ammorbidente non mi gratifica. Ricevere una versione fuori commercio, personalizzata, riservata solo a “noi eletti” del tuo prodotto… mi fa sentire un cliente di riguardo.

Ricevere un campione dall’evidente valore di qualche centesimo a volte mi irrita. Ricevere un oggetto il cui retail value sia invece significativo (ma che, sul mercato dell’oggettistica promozionale, si può ottenere a prezzi infinitamente inferiori) mi lascia piacevolmente sorpreso.

Darmi la possibilità di esprimere il mio parere, di contribuire allo sviluppo del prodotto e alla crescita dell’azienda può farmi sentire parte di quell’azienda. E quindi dalla loro parte. A condizione che mi raccontino cosa hanno fatto del mio input…

Riflessione 5. Contestualizzazione. Il tryvertising deve essere allineato e funzionale al contesto. Un campione di shampoo dato in metropolitana ha poco impatto. Un budino pronto (se buono!) offerto a fine pasto in un ristorante, un altro.

giovedì, agosto 10, 2006

Ancora sul tryvertising...

In realtà il tryvertising non è terribilmente diffuso a livello "alto", ma qualche esempio interessante c'è: ad esempio il ConQwest 2005 – una caccia al tesoro su larga scala organizzata negli US su un target teenagers. I partecipanti, per giocare, dovevano utilizzare (a lungo) prodotti di Qwest (un operatore di comunicazione) quali telefoni cellulari con fotocamera integrata (imprestati al team dall’operatore).

Anche Nike si è data da fare, ad esempio offrendo in palestre universitarie corsi di fitness, step o cardio. Tenuti da istruttori certificati del Nike Fitness Team, questi corsi (gratuiti) sono anche un’ottima occasione per provare, sul campo, i prodotti dell’azienda. O sempre Nike, in Canada, supporta i runners che si preparano per la mezza maratona di Vancouver: possono ottenere da Nike un appuntamento con un allenatore che li accompagna, massaggi gratuiti e, ovviamente, una prova su strada delle scarpette…

Ma interessanti opportunità si aprono nei cessi di Parigi.

In sostanza, il Tryvertising è una bella idea – che richiede però fantasia, molto lavoro e molto rigore strategico per evitare il rischio di pensare che un campione gratuito, cellofanato in una rivista femminile, farà diventare di moda il nostro prodotto…

Interessante link: cliccate qui

lunedì, agosto 07, 2006

Il nuovo OS del Nokia 770

Per i fortunati utilizzatori di questo interessante navigatore Internet tascabile, segnalo la release della nuova versione del sistema operativo - che aggiunge significative features all'oggetto.


La feature più interessante è la disponibiltà del VoIP e di Google Talk.

Purtroppo... no, non c'è Skype... :-(
Per evidenti questioni di accordi ad alto livello, il software incorporato nel nuovo OS è Google Talk, che permette di chattare e di fare telefonate.

Ho qualche dubbio che Skype venga reso presto disponibile: immagino che Google avrà preteso una sorta di esclusiva di qualche tipo.. e tra Google e Skype non corre buonissimo sangue, suppongo. La loro rivalità non si esaurisce nel VoIP ma anche nei sistemi di pagamento.

Skype è infatti proprietà di eBay, che possiede anche PayPal.
Google ha invece da poco lanciato il proprio sistema di pagamento, Google Checkout...


Tornando a noi: è però possibile installare Gizmo, che oltre alle chiamate PC - PC permette di chiamare (a pagamento) fissi e cellulari... anche dal 770.

Tutto ciò vuol dire che, avendo il 770 la connettività WiFi, se trovate un hotspot aperto potete telefonare gratis o a bassissimo costo - e se l'hotspot non c'e' vi collegate via blutooth al cellulare e pagate la connessione voce al costo di un collegamento dati

La qualità della chiamata è discreta e dipende molto dalla qualità del segnale che si riceve dall'hotspot

La descrizione delle sue features è qui
Il sito ufficiale del 770 (da cui si può scaricare l'OS) è qui
Il mio precedente post sul 770 lo trovate qui

Provami, provami...col tryvertising


Parliamo di “Tryvertising” - l’approccio di marketing volto a mettere nelle mani dei consumatori il prodotto affinché lo provino, lo adottino, ne parlino bene o facciano scattare dei fenomeni imitativi.

Diciamolo subito: siamo di fronte ad una (non semplice) evoluzione del classico sampling o di una operazione sugli influencers – come la solita offerta speciale per i giornalisti o il regalo del prodotto al VIP di turno.

E le sovrapposizioni con l'Ambient Marketing non mancano (noi markettari spesso diamo dieci nomi diversi alla stessa cosa...)

Gli esempi di applicazione di questa tecnica non mancano... anche se generalmente mancano di impressionare in termini di creatività. Probabilmente, dunque, il tryvertising è una buona idea il cui potenziale è però ancora tutto da sfruttare. E, curiosamente, quasi tutta la casistica sembra concentrarsi sugli alberghi come canale di contatto con il pubblico ( più che di tryvertising sarebbe il caso di parlare di hotelvertising?)

Un certo numero di hotel di lusso mettono oggi a disposizione dei clienti auto altrettanto di lusso; con l’obiettivo di convincere il VIP a comprare l’auto che ha potuto provare, di convertirlo in un evangelista del prodotto, portandolo a parlarne bene con i suoi altri amici (VIP), di farlo diventare testimonial gratuito - sperando che venga avvistato al volante del nostro veicolo.

Possiamo poi citare la catena alberghiera Etap, che ha ammobiliato alcune camere con i mobili di Ikea, o (più interessante) l’idea di mettere a disposizione degli ospiti una PlayStation con i giochi più recenti.

Niente di sconvolgente, eppure la teoria che posta alla base dello strumento ha dei punti sensati: se il pubblico ha fatto un po’ il callo alla pubblicità, se le fasce più giovani diventano difficili da raggiungere con i media classici, per costruire una marca e un prodotto di successo occorre passare (anche?) per altre strade.
Usare non i “media” come veicolo del nostro messaggio, ma fare sì che siano gli user stessi a diventare nostri propagandisti, evangelizzatori. Quindi credibili in quanto “uno di noi” e neutri in quanto indipendenti. Una critica, dunque, al celebrity marketing: le celebrità credibili sono i consumatori stessi, molto più affidabili di una “star” nel dar giudizi su un prodotto mass market…

venerdì, agosto 04, 2006

On line la nuova versione del mio sito

E' da oggi online la nuova versione del mio sito...

Sicuramente qualche problemino non risolto ci sarà ancora... un grazie a tutti quelli che mi segnaleranno eventuali bachi o problemi di visualizzazione

giovedì, agosto 03, 2006

Semichiuso per ferie
Il blog funzionerà in maniera molto limitata fino a fine mese.... tanto siete tutti in ferie, no?
Se non è così, manifestatevi e dite la vostra ;-)

domenica, luglio 02, 2006

Saatchi, Una Parola, Tantissimi Dubbi

Maurice Saatchi (uno dei 2 fratelloni dell'adv) in un recente articolo sul Financial Times, vaticina la fine dell'advertising.
OK, grazie mille, prenda un numero e si metta in coda con i 20.000 altri che da tribune meno nobili l'hanno già detta, questa.

(L'articolo lo potete leggere sul FT previa una iscrizione al trial di 15 gg, The strange death of modern advertising)

E fin qui gliela passo.
Io ho lavorato qualche anno in Saatchi&Saatchi Italia, ed ho un sano rispetto per quell'azienda.
Ma avere rispetto non significa essere acritici. E io, quella che segue, faccio difficoltà a mandarla giù.

In alternativa alla pubblicità classica, il Saatchi propone una nuova agenzia, M&C Saatchi che, semplificando un po', possiamo definire come basata sul concetto di restringere la comunicazione di un'impresa ad una sola parola, in una sola parola condensarne tutta la brand equity.
Ed usare questa parola per comunicazioni iperficcanti, degli spot pubblicitari di un solo termine, iperbrevissimi.

Wow.

Permettetemi due conti.

La lingua inglese consta di un totale compreso tra i 616,000 e i 300,000 termini, a seconda di come la catalogate.
Diciamo che, comunque, quelli di uso non desueto o raro o iperspecialistico saranno meno di 100,000.
Togliamo quelli impubblicabili in quanto offensivi, blasfemi o antiamericani, e scendiamo ad alcune decine di migliaia.

Secondo fatto: l'americano medio ha un vocabolario attorno alle 10.000 parole. Facciamo 15.000 per i colti ( ma meno di 7,000 per chi non è andato al college)

Se la associazione è uno ad uno (una parola, una azienda), è immediato capire il casino che ne rischia di saltar fuori.. la corsa al nome di dominio e il cybersquatting sarebbero robe da ridere, in confronto.

Fate conto che solo i quotidiani negli US sono circa 1.800, se ognuno si prendesse una parola, avrebbero già deforestato il patrimonio di termini usabili di un 5-10%. E gli altri, che fanno? Le centinaia di migliaia o milioni di aziende US e worldwide che potrebbero vedere nell'"one world" la soluzione a tutti i propri problemi di comunicazione?

E poi... mi posso immaginare Purina impadronirsi del nome "cane" come simbolo della sua brand identity. Ma "zoccola" chi se lo prende? Tods's? e "pisello"? Findus?

Caro Maurice, lo so benissimo che a te andrebbe benissimo che solo qualche migliaia di aziende venissero alla tua nuova agenzia per pagarti profumatamente per vedersi associate ad una sola parola.
Ma tu,Maurice, a che parola ti associ?
(scusate, un vuoto di memoria, come si dice in US English "bufala" ?)


un paio di link sul tema link:
http://www.johnniemoore.com/blog/archives/001444.php
e anche qui

lunedì, giugno 19, 2006

Pubblicità e videogiochi connessi in rete
Essere presenti con la propria pubblicità all'interno di un videogame è un'attività che richiede una certa programmazione e comporta una certa staticità.

Se si vuole essere presenti sull’ultima release occorre muoversi per tempo, per dare modo agli sviluppatori di inserirci intelligentemente; dobbiamo pagare la nostra presenza sulla base dell’intera vita utile del videogame nelle mani del utente (in media circa 42 ore di gioco), dobbiamo assicurarci che (nel caso il gioco abbia una vita particolarmente lunga) il nostro prodotto non passi di moda o venga sostituito prima che il giocatore smetta di usare il gioco.

Per questi motivi e per dinamicizzare ulteriormente il mercato, alcune aziende stanno introducendo nuovi modi di concepire il meccanismo pubblicitario nei videogiochi.

Grazie alla diffusione della connettività in rete dei PC e delle consolle, è infatti oggi sempre più possibile sfruttare il videogame come un media in cui gli annunci vanno a rotazione, in cui si può definire un palinsesto ad hoc degli annunci e, addirittura, in cui gli annunci vengano selezionati e pubblicati sulla base di una profilazione dell’utente.

Agenzie americane come Massive o Double Fusion offrono infatti la possibilità di comprare spazi a rotazione all’interno di videogames, sotto forma di “affissioni” o di “spot” opportunamente piazzati all’interno dello scenario – a condizione che la piattaforma di gioco sia connessa in Rete.

La programmazione degli annunci potrà seguire logiche demografiche o geografiche e, a tendere, basarsi sulla profilazione degli utenti.
E' ovviamente possibile fornire agli investitori una misurazione della visione degli annunci (in forma paragonabile al calcolo delle impression sul web) e del tempo di esposizione.

giovedì, giugno 15, 2006

Il Triple Play porterà i Telecom Operator nel baratro?

Il Triple Play non è un menage a trois bensi' l'offerta combinata di Telefonia, Internet e IPTV (TV via Internet).

Secondo molti definita come la soluzione del futuro - o comunque un'area di alto potenziale per il futuro della televisione (o di una nuova televisione).

Secondo Forrester, invece, un suicidio economico...

Uno studio preparato dall'istituto di ricerca e analisi (costa oltre 700 $, una piccola sintesi è disponibile qui) dice che questo tipo di offerte costano molto di più di quanta revenue possano generare.

Il problema è che mentre gli investimenti per rendere possibili queste soluzioni sono piuttosto elevati, i consumatori non hanno cosi' tanta voglia di pagare per ottenere contenuti - almeno, dico io, sulla IPTV.

Già, perchè in molti paesi con un'offerta televisiva "free" molto più ridotta di quella italiana, cacciano la lira per il satellite o il cavo...

Forrester stima che il Customer acquisition cost di un cliente triple play sia di qualche centinaia di euro - e che ogni cliente "medio" europeo farà perdere 3.700 euro al suo provider nei prossimi due anni.

Se ha ragione Forrester, il futuro della TV forse davvero non corre sul filo di Internet.

E forse non corre proprio, il futuro della TV. Vista la scarsa prova di se' data finora dal digitale terrestre in termini di innovazioni concettuali, se non succede qualcosa di grosso sull'IPTV c'è poco da stare allegri

Sul tema IPTV segnalo anche l'ultimo numero di peppersushi
Vabbe', vorra dire che, mondiali a parte, vedremo meno TV e passeremo più tempo a fare altro su Internet

martedì, giugno 13, 2006

Pubblicità nei videogames: dice il Guru di Microsoft...
Anche se non ho l'abitudine di usare il blog per copiare/incollare articoli trovati in giro, preferendo invece sviluppare contenuto originale, ogni tanto ci sono articoli che vale la pena di segnalare...

Segnalo dunque questo articolo di Business Week, che copre la presentazione effettuata al Focus on Game Advertising Summit, da Kevin Browne - general manager di Xbox New Media and Franchise Development, in cui parla di come (e se) il mercato della pubblicità nei videogiochi potrà raggiungere il suo pieno potenziale nei prossimi anni...

lunedì, giugno 12, 2006

Molti modi di fare pubblicità nel videogioco
In realtà l’evoluzione della pubblicità nei videogames passa anche per l’introduzione di nuove forme, di nuovi modi per introdurre il messaggio commerciale. Tutto dipende, oltre che dalla ricerca del fattore novità, dalle caratteristiche del gioco e del target.

La forma più usuale è l’inserimento di messaggi pubblicitari all’interno del gioco – ad esempio nei cartelloni a bordo campo dello campo di calcio o del circuito motociclistico oppure inserendo un caffé Starbucks nel paesaggio urbano dove stiamo conducendo un inseguimento automobilistico.

Dallo statico si è poi passati al dinamico, introducendo gli spot all’interno del gioco – non in forma di interruzione ma facendoli passare, un po’ "lateralmente", in uno schermo televisivo che il nostro protagonista si trova davanti nell’ambientazione dell’azione o sul megaschermo dello stadio in cui si svolgono le nostre sfide sportive.

A queste forme si sono oggi affiancate forme più impattanti, tipicamente di Product Placement o Product Integration. Un qualsiasi gioco urbano porà vedere i protagonisti frequentare negozi di una catena di abbigliamento, nutrirsi in fast food esistenti anche nel nostro mondo, interagire con prodotti di marche specifiche e riconoscibili. Nel gioco The Sims Online di Electronic Arts i personaggi dei gioco usavano PC chiaramente Intel-branded e si rifocillavano da McDonald (a fronte di alcuni milioni di dollari di investimento).

A questa stregua, qualsiasi azienda (o quasi) possieda una catena di negozi potrà un domani tentare di farla diventare scenario di un gioco destinato ai suoi target chiave, dando un'esperienza virtuale della propria offerta.
Chessò, una bella sparatoria tra bande all’interno di un Nike Store – dove il nostro eroe si può salvare solo prendendo a scarpate i cattivi…

Il casino, per dirla francamente, è che fare di queste cose… è un vero casino.
Se davvero si vuole un inserimento efficace della nostra pubblicità all’interno del gioco, l’azienda dovrà collaborare strettamente (e continuativamente) con i creativi e gli sviluppatori; e probabilmente si dovranno sviluppare nuove creatività ad hoc per il mezzo e la situazione in cui si troverà contestualizzato il nostro messaggio.

Che se (queste creatività) non sono implacabili declinazioni della campagna televisiva attualmente in onda rischiano di mandare nel pallone il top management (ma lo possiamo fare? L’internazionale ce lo permette? Ma perché non possiamo far passare il nostro spot attuale, tutto flou e riprese al rallentatore all’interno di quel gioco “sparatutto”…?)

La mia visione è però un po’ pessimista, almeno nel breve.
Visto quello che sono molte agenzie di comunicazione tradizionali e il modo di vedere (o non vedere) la comunicazione d’impresa in molte aziende… consiglierei di lasciar perdere, per evitare clamorosi autogol (in campi da calcio virtuali rigorosamente sponsorizzati dal nostro marchio).

venerdì, giugno 09, 2006

La pubblicità nei videogiochi - un mercato destinato a crescere

Se i giovani hanno alzato barriere di disinteresse e di diffidenza verso la pubblicità e, sopratutto passano il loro tempo a fare altre cose (a scapito della fruizione della TV), la comunicazione cerca di raggiungerli là dove passano il loro tempo libero.

I videogames sono sicuramente uno dei concorrenti più temibili (in termini di quota di tempo libero e di attenzione) della TV. Negli USA oltre il 70 per cento dei maschi della fascia d'età 18-34 si diverte coi videogiochi e dedica loro 12,5 ore la settimana - rispetto alle 10 o meno che passa di fronte alla TV.

E quello che era un passatempo prettamente maschile sta rapidamente trovando nuovi clienti nel pubblico femminile.

Il videogame crea nel giocatore un forte coinvolgimento ed un indebolimento delle barriere razionali, di filtro, verso i messaggi pubblicitari.

A condizione quindi che il messaggio comunicazionale non sia eccessivamente intrusivo e, sopratutto, non interrompa il fruire del gioco, posizionare la propria pubblicità in questi mondi virtuali può rivelarsi una strategia interessante... e già il mercato, in termini di investimenti, si prospetta abbastanza ricco.