I Baby Boomers passano i 50
Sintesi / anticipazione del mio prossimo articolo...
Ad essere ortodossi, per Baby Boomer si intende quella generazione nata negli Stati Uniti fra il 1946 e il 1964. Una forbice troppo ampia, in realtà, ed è quindi in genere ristretto l’interesse a fasce approssimativamente comprese tra i 50 e i 60 anni.
Un target interessante, anche dal punto di vista culturale e sociologico: ha vissuto mutamenti epocali della società, ha contestato (e/o preso parte) alla guerra del Vietnam, potuto vedere i Beatles dal vivo, vissuto sulla propria pelle crisi energetiche e rivoluzioni informatiche.
E, soprattutto, ha guardato la TV, moltissima TV, alcuni sin dal primo giorno in cui sul pianeta Terra sono stati messi in onda programmi e consigli per gli acquisti.
Quest’anno i primi Boomers svoltano la boa dei mitici 60 anni d’età, avvicinandosi (se non ci sono già) alla pensione in modo molto diverso dai loro genitori: con una testa differente e un modo di vivere (e consumare) diverso dagli stereotipi con sui alcuni sono abituati a ragionare.
Forse il fenomeno più interessante per il comunicatore è che molti di questi Boomers rifiutano di invecchiare, almeno secondo i canoni tradizionali. Salute permettendo, sono un gruppo attivo, che approfitta della pensione ( o pianifica di farlo) per giocare a golf, praticare sport, fare viaggi avventurosi (ma non troppo) fare nuove esperienze.
Per il mercato dei viaggi questo target, solo negli USA, vale oltre 57 miliardi di dollari – e si capisce perché il National Geographic, avendo aperto una unità di business dedicata a viaggi “di esplorazione” e di certo non a buon mercato, abbia focalizzato marketing e comunicazione su questo segmento.
Insomma, pronti a godersi la vita, sempre che abbiano i mezzi per farlo: è infatti un segmento contraddistinto da profonde differenze di reddito. Il 70 per cento di loro proviene da origini umili o povere: molti sono riusciti a raggiungere il benessere ma circa un terzo si trova oggi in condizioni economiche difficili.
I Boomers vogliono restare attivi e, spesso, continuare a lavorare a lungo, estendendo la mezza età in quella che una volta era l'epoca della vecchiaia - grazie alla medicina che prolunga il periodo di vita in buona salute.
I Boomers appaiono attenti alla propria immagine, reagiscono male vedendosi ritratti “con i capelli bianchi” o come un gruppo le cui emozioni sono ormai pacate e più proiettate sui nipoti (eventuali) che sul raggiungimento della felicità personale nei 20, 30 anni o più che ancora statisticamente gli spettano.
Molti hanno di sé la percezione di un'età ben inferiore a quella anagrafica e si aspettano quindi, quando li si ritrae in comunicazione, di essere presentati come dinamici, attivi, impegnati.
Dalle ricerche appare come non sia più vera la percezione di questo gruppo come conservatore e fedele alle proprie marche: la maggior parte del target sopra i 50 anni non sia tanto fedele alle marche quanto si era portati a credere e che la fedeltà sia influenzata più da altri fattori che non dall'età anagrafica.
Per moltissimi Boomer Internet è un media di uso normale e quotidiano e pertanto un media importante per comunicare con loro.
Proprio questo mezzo è però quello che più lontano appare essere negli stili di comunicazione - fortemente e costantemente basati sull'ipotesi che collegato ci sia (solo) un pubblico giovanile.
Il forte sviluppo di questo mezzo (il segmento dell'advertising che cresce più rapidamente) e l'impostazione creativa non relazionata a questo target sta aprendo una forbice tra le opportunità potenziali di business e i risultati effettivamente conseguiti.
In Italia, su una popolazione prossima ai 58 milioni, sono quasi 22 milioni gli abitanti che hanno passato i 50; e l'invecchiamento progressivo della popolazione farà ancora crescere il loro peso percentuale.
I nostri cinquantenni / sessantenni hanno visto il crollo della DC e del muro di Berlino, arrivare la liberazione sessuale e l'evoluzione della famiglia tradizionale. Il passaggio da una cultura sostanzialmente contadina a quella industriale e post industriale. Il consumismo e le critiche al consumismo. La TV di Stato e la rumorosa rivoluzione di quella commerciale.
Sono probabilmente diversi da certi stereotipi usati in pubblicità, forse perchè ad aziende e agenzie spesso non viene naturale parlare con loro, studiarli, investigarli. Un errore che, se commesso, anche nel nostro paese può mettere a rischio la performance della nostra comunicazione e, quindi, dei nostri prodotti.
Un blog di Comunicazione, Internet Marketing, Social Media, PR Digitali. Approfondimenti sul Manuale di Strategia Digitale.
martedì, gennaio 24, 2006
sabato, gennaio 21, 2006
Se il consumatore non va alla TV…
E' la TV ad andare da lui.
In un mondo dove si guarda meno la Televisione e cala l’attenzione per la pubblicità (anche per colpa di Internet), l’agenzia di pubblicità Brand Marketers ha trovato la soluzione - lanciando, in alcune città statunitensi, la “T-shirt TV”.
Modelle avvenenti indossano una t-shirt che incorpora uno schermo televisivo, su cui passano messaggi pubblicitari. Pubblicità cui non si sfugge. Che ci insegue e ci raggiunge. Che ci sorprende a tradimento.
Al momento, però, più che di un nuovo media, si tratta (diciamocelo) di una trovata per attirare l’attenzione. Ma l’idea è ricca di potenzialità: forse un domani, se prosegue il calo di consumo televisivo, il fenomeno si generalizzerà e saranno le soap opera e i telequiz ad inseguirci, “indossati” da sorridenti messaggeri dei network.
E' la TV ad andare da lui.
In un mondo dove si guarda meno la Televisione e cala l’attenzione per la pubblicità (anche per colpa di Internet), l’agenzia di pubblicità Brand Marketers ha trovato la soluzione - lanciando, in alcune città statunitensi, la “T-shirt TV”.
Modelle avvenenti indossano una t-shirt che incorpora uno schermo televisivo, su cui passano messaggi pubblicitari. Pubblicità cui non si sfugge. Che ci insegue e ci raggiunge. Che ci sorprende a tradimento.
Al momento, però, più che di un nuovo media, si tratta (diciamocelo) di una trovata per attirare l’attenzione. Ma l’idea è ricca di potenzialità: forse un domani, se prosegue il calo di consumo televisivo, il fenomeno si generalizzerà e saranno le soap opera e i telequiz ad inseguirci, “indossati” da sorridenti messaggeri dei network.
giovedì, gennaio 19, 2006
Da oggi, con RSS...
Su stimolo di Andrea Cappello (http://www.studiocappello.it/) che ringrazio, da oggi il blog ha anche un flusso RSS... per chi non volesse perdersi nemmeno un byte dei miei interventi...
Per "abbonarsi" al blog, cliccate sul link nella barra di sinistra del menu, alla voce "Links"...
Su stimolo di Andrea Cappello (http://www.studiocappello.it/) che ringrazio, da oggi il blog ha anche un flusso RSS... per chi non volesse perdersi nemmeno un byte dei miei interventi...
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mercoledì, gennaio 18, 2006
Formazione:
Corso "Marketing e Comunicazione Low Budget"
per chi fosse interessato ricordo che sarò docente al corso di "Marketing e Comunicazione Low Budget" organizzato dal Sole 24 Ore. Il corso si terrà a Milano, il 25 e 26 Gennaio.
Per chi fosse interessato ad approfondire il tema dello sviluppo di una attività di comunicazione pubblicitaria e di come lavorare in / con una agenzia di pubblicità, segnalo che sarò docente di questo corso di LRA a Milano. Date:
28-29 marzo 2006
25-26 maggio 2006
Per finire il panorama dei corsi in arrivo... sarò il docente del corso "Internet marketing per vendere (Seconda edizione)
Accrescere la propria competitività attraverso un’efficace presenza in internet " di LRA. Data: 10 Aprile 2006.
Corso "Marketing e Comunicazione Low Budget"
per chi fosse interessato ricordo che sarò docente al corso di "Marketing e Comunicazione Low Budget" organizzato dal Sole 24 Ore. Il corso si terrà a Milano, il 25 e 26 Gennaio.
Per chi fosse interessato ad approfondire il tema dello sviluppo di una attività di comunicazione pubblicitaria e di come lavorare in / con una agenzia di pubblicità, segnalo che sarò docente di questo corso di LRA a Milano. Date:
28-29 marzo 2006
25-26 maggio 2006
Per finire il panorama dei corsi in arrivo... sarò il docente del corso "Internet marketing per vendere (Seconda edizione)
Accrescere la propria competitività attraverso un’efficace presenza in internet " di LRA. Data: 10 Aprile 2006.
giovedì, gennaio 12, 2006
Il momento della verità sul Punto Vendita (FMOT)
FMOT sta per “First Moment Of Truth.” ovvero il brevissimo lasso di tempo in cui il compratore decide, nel punto vendita, quale prodotto mettere nel carrello. Un tempo, secondo P&G, compreso tra tre e sette secondi.
La multinazionale ha da tempo costruito un FMOT- team di 15 persone nella sede centrale dell’azienda ed altre 50 sparse per il mondo. Ed ha messo mano al portafoglio, nel quadro di quello che pare essere un più generale riallineamento degli investimenti pubblicitari. A fronte (negli US) di un taglio del 25% della TV via cavo e del 5% della TV generalista, il budget complessivo di comunicazione è comunque aumentato.
Per indovinare dove è stato indirizzata tutta questa quantità di denaro (in parte verso l’online), qualche indicazione la possono dare le dichiarazioni della responsabile FMOT di P&G, che afferma che il 75% delle decisioni d’acquisto si compiono sul Punto Vendita.
L’idea di P&G è quella di trasformare la comunicazione sul Punto Vendita “da un’arte ad una scienza”. E questo processo la multinazionale lo ha in corso da tempo: da anni dispone infatti di due edifici, negli Usa e in Svizzera, in cui vengono replicate le strutture di un supermercato e in cui vengono testati “dal vivo” i packaging, sul lineare, in confronto diretto con i materiali dei concorrenti – o presso i quali si tengono focus group sul campo (strutture analoghe le ho comunque viste impiegate in altre aziende e istituti di ricerca, anche in Italia).
E’ chiaro che la comunicazione tradizionale gioca un ruolo fondamentale nel costruire awareness e brand preference, fuori del PV. Certamente l’innovazione di prodotto costruisce attenzione ed interesse. Indiscutibilmente la costruzione della percezione di “valore” del prodotto è cruciale nell’accettabilità e nella desiderabilità del prodotto. Tutte cose che si fanno “fuori” del punto vendita, e che le strategie di comunicazione PV non potranno di certo sostituire.
Continuare però una forte azione di marketing all’interno del negozio aiuta le probabilità di successo, nella manciata di secondi in cui la va o la spacca, specialmente a fronte di competitor altrettanto forti in termini di marca… o di prodotti commerciali dal pricing molto competitivo.
Focalizzandoci dunque (solo) sulla parte della strategia FMOT che riguarda il materiale POP, gli esempi interessanti non mancano.
Ad esempio, per supportare una linea di pannolini, P&G ha fatto piazzare delle false maniglie sulle porte delle stanze in cui si possono cambiare i bambini, all’interno dei bagni dei supermercati. Maniglie poste troppo in alto, per ricordare alle madri quanto debbano stirarsi i bambini per raggiungere le cose - in un mondo fatto a misura di adulto. E che dovendosi stirare in questo modo, hanno bisogno di un pannolino “stretch” in grado di mantenere il loro confort.
Per altri prodotti è stato scelto un posizionamento inconsueto, in basso negli scaffali dei supermercati. Lontano dagli occhi delle madri… ma perfettamente all’altezza dei bambini che, attirati anche da display a forma di mascotte posti sul lineare, richiamavano molto efficacemente l’attenzione della madre.
Questo tipo di azioni non è limitato ai prodotti per bambini: all’estremo opposto possiamo citare dei display PV realizzati per Absolut Vodka, che ponevano le bottiglie sotto il fascio di proiettori colorati, abbinando il colore della luce con quello della confezione…il tutto ovviamente in linea con il celeberrimo “look” della comunicazione della famosissima marca.
In questo filone si integrano poi gli strumenti audiovisuali, tipo le affissioni digitali o i network televisivi interni alle catene - di cui si prevede un sostanziale incremento di presenza e importanza nei prossimi anni.
Cambia l’atteggiamento delle agenzie verso il POP: il mercato della comunicazione in-store negli US è in netta crescita, passando da quasi 18 miliardi di dollari l’anno scorso a quasi 19 di quest’anno.
E se non bastasse l’opportunità di business a far muovere le agenzie, ci pensano i clienti - che sempre più spesso esigono questo tipo di capacità e potrebbero far dipendere la scelta dell’agenzia proprio dalla presenza di questo tipo di competenza.
Il materiale punto vendita non è più quindi una comunicazione di serie B. E mentre prima il POP era una “declinazione” della campagna, ora pare sia un elemento tenuto a mente sino dalle fasi iniziali del progetto, in grado di condizionare lo sviluppo anche della pubblicità, un materiale per il cui sviluppo si investono tempo, capacità e talento.
lunedì, gennaio 02, 2006
Innamoriamoci della marca, arriva il Lovemark
Nel mondo delle agenzie di comunicazione, è corrente cercare di costruirsi awareness, credibilitá e differenziazione attraverso lo sviluppo di filosofie innovative, destinate (secondo gli autori) a rivoluzionare il mercato.
In molti casi il tutto si riduce a un certo quantitativo di aria fritta impacchettato con una accattivante "buzzword", confezionato da addetti ai lavori che devono trovare una giustificazione per la propria esistenza o per gli elevati costi del servizio.
Il caso del Lovemark, approccio propugnato da Kevin Roberts (CEO di Saatchi & Saatchi), può essere guardato con maggiore attenzione, non foss'altro che per l'impressionante curriculum in campo marketing dell'autore.
L’affermazione che Roberts fa è piuttosto forte: le Marche hanno finito la benzina. Ed è necessario guardare ad un futuro oltre le marche (ma attenzione: non un futuro senza le marche - ma un domani con delle “supermarche”…).
Identifica nella creazione di un rapporto fortemente emozionale e di lunga durata la chiave per far prosperare la marca. Stabilendo, grazie proprio all'Amore una connessione più profonda con i consumatori.
Questo tipo di approccio emozionale è condiviso da un gran numero di addetti ai lavori che riconoscono le difficoltà del marketing del secolo passato, in un mondo in cui le performance di prodotto sono ormai (giustamente) date per scontate e dove prodotti molto economici sono in grado di competere funzionalmente con prodotti ben più "nobili" e di prezzo elevato.
Il Lovemark trascende la "semplice" marca. Offre un’esperienza che sorpassa le aspettative di superior performance del consumatore.
Come le marche si basa su un forte rispetto da parte del mercato - ma a differenza delle marche più blande, il Lovemark dovrebbe arrivare diretto al cuore, creando una relazione tanto forte da creare una dipendenza affettiva.
La ricetta segreta per la costruzione di un Lovemark (oltre, ovviamente, partire dall’assegnazione di un corposo budget alla sua agenzia) si basa su tre ingredienti magici: Il Mistero, la Sensualità e l’Intimità.
Una marca un po’ misteriosa, una marca in grado di ricatturare periodicamente la nostra attenzione, sorpassando il rumore di fondo della comunicazione di massa, tenendo elevata la nostra curiosità e la voglia di scoprire le cose che ancora non sappiamo o che possono essere dietro l’angolo.
La seconda componente da costruire è quella della sensualità e dell’uso quindi di approcci multisensoriali, disegnando nei prodotti e servizi delle “firme” sensoriali.
Passando all’intimità, questa si esplica nella capacità della marca di mettersi in strettissima relazione con le aspirazioni personali e le ispirazioni dei consumatori. Di creare dunque un senso di vicinanza affettiva propria del rapporto di innamoramento umano.
Una marca in grado di costruire di se’ un profilo contraddistinto da impegno, da empatia e passione – per poter generare nel cliente (o adepto o, più propriamente, innamorato) una “lealtà al di là della ragione”.
In questo senso, una marca così carica di attributi affettivi dovrebbe essere in grado di passare oltre all'inerzia del consumatore, al punto che dovrebbe essere il target stesso a richiedere la comunicazione, entrando nell’ottica dell’Attraction Marketing.
Tutto questo dunque si traduce nella capacità di articolare la comunicazione su toni e soprattutto strategie altamente emozionali: lavorare a fondo sulle storie che si devono raccontare, storie chiaramente non “one shot” legate al singolo commercial ma alla comunicazione di lungo termine della marca.
E’ grazie a questi elementi che, secondo Kevin Roberts, si riescono a costruire queste supermarche terribilmente attraeneti e in grado di suscitare una fedeltà che rasenta il fanatismo.
Funzionerà nella nostra cultura? Ah, saperlo... la teoria (contenuta nel libro “Lovemarks: The Future Beyond Brands" e nel sito www.lovemarks.com) appare interessante, anche se presta il fianco a molte critiche – basandosi sostanzialmente sull’assunto che il consumatore sia pronto ad innamorarsi acriticamente di una marca… ipotesi che in molti paesi (in cui il consumatore si rivela sempre più critico, smailiziato e cinico) direi sara' messa a dura prova.
lunedì, dicembre 19, 2005
Sarà "Engagement" la parola chiave della comunicazione del prossimo futuro?
Da qualche tempo alcuni guru della comunicazione stanno scommettendo su una nuova "buzzword". La nuova parola magica è "engagement", la capacità della comunicazione di attirare, coinvolgere il pubblico.
In una parola di farsi vedere e appassionare.
Di fronte alle correnti di pensiero che attribuiscono una disaffezione del pubblico al mezzo televisivo e di fronte alle richeste sempre più pressanti dei grandi clienti di otrtimizzare il budget, si sta iniziando a spostare il tiro.
A passare dalla necessità di fare OTS (un gran numero di opportunità potenziali per il target di vedere il messaggio, calcolate estrapolando i numeri dei un campione Auditel) alla necessità di misurare quanto in effetti il messaggio sia davvero visto, compreso, di quanto abbia avuto effetto.
Si parla allora di engagement, della capacità del messaggio di costruire una storia per la marca, una storia che abbia un effetto sugli atteggiameni e sui consumi.
Si parla di engagement come alternativa al ricorso alla pura "interruzione" - ovvero all'affidarsi alla potenza della televisione di infilarsi nella vita del target e dello spot di colpire il prospect. Un meccanismo che, in uno scenario dove l'affollamento di messaggi pubblicitari che ci interrompono è sempre più alto, il consumatore ha sviluppato dei filtri potenti - in grado di cancellare dalla sua percezione buona parte delle comunicazioni indesiderate o non "engaging"
Al crescere del numero di interruzioni cresce la capacità di filtro e la sfida per le agenzie ed i clienti di osare, di investire strategicamente in pensiero ed esecuzione per creare messaggi coinvolgenti, non solo dal punto di vista meramente esecuzionale ma dal punto di vista dei concetti di marketing sottostanti
Creando una relazione più stretta e proficua con la marca - una marca che non ci assedia durante il giorno "interrompendoci" ma una marca piacevole, che ci arricchisce (un pochino) la vita con contenuto interessanti, affascinanti..."engaging"
Nasce quindi (in TV e su altri media) la disciplina dell'"Engagement marketing", naturalmente basata in larga parte sulla capacità di inserire elementi di entertainment value nella comunicazione pubblicitaria.
Una forma di marketing che se non richiede necessariamente forti budget richiede molta competenza fantasia e, soprattutto un grandissimo coraggio... direi fuori della portata della maggior parte delle aziende nostrane ( e non solo...). O no?
Da qualche tempo alcuni guru della comunicazione stanno scommettendo su una nuova "buzzword". La nuova parola magica è "engagement", la capacità della comunicazione di attirare, coinvolgere il pubblico.
In una parola di farsi vedere e appassionare.
Di fronte alle correnti di pensiero che attribuiscono una disaffezione del pubblico al mezzo televisivo e di fronte alle richeste sempre più pressanti dei grandi clienti di otrtimizzare il budget, si sta iniziando a spostare il tiro.
A passare dalla necessità di fare OTS (un gran numero di opportunità potenziali per il target di vedere il messaggio, calcolate estrapolando i numeri dei un campione Auditel) alla necessità di misurare quanto in effetti il messaggio sia davvero visto, compreso, di quanto abbia avuto effetto.
Si parla allora di engagement, della capacità del messaggio di costruire una storia per la marca, una storia che abbia un effetto sugli atteggiameni e sui consumi.
Si parla di engagement come alternativa al ricorso alla pura "interruzione" - ovvero all'affidarsi alla potenza della televisione di infilarsi nella vita del target e dello spot di colpire il prospect. Un meccanismo che, in uno scenario dove l'affollamento di messaggi pubblicitari che ci interrompono è sempre più alto, il consumatore ha sviluppato dei filtri potenti - in grado di cancellare dalla sua percezione buona parte delle comunicazioni indesiderate o non "engaging"
Al crescere del numero di interruzioni cresce la capacità di filtro e la sfida per le agenzie ed i clienti di osare, di investire strategicamente in pensiero ed esecuzione per creare messaggi coinvolgenti, non solo dal punto di vista meramente esecuzionale ma dal punto di vista dei concetti di marketing sottostanti
Creando una relazione più stretta e proficua con la marca - una marca che non ci assedia durante il giorno "interrompendoci" ma una marca piacevole, che ci arricchisce (un pochino) la vita con contenuto interessanti, affascinanti..."engaging"
Nasce quindi (in TV e su altri media) la disciplina dell'"Engagement marketing", naturalmente basata in larga parte sulla capacità di inserire elementi di entertainment value nella comunicazione pubblicitaria.
Una forma di marketing che se non richiede necessariamente forti budget richiede molta competenza fantasia e, soprattutto un grandissimo coraggio... direi fuori della portata della maggior parte delle aziende nostrane ( e non solo...). O no?
martedì, dicembre 13, 2005
TV On Demand: forse stavolta ci siamo?
La grande novità di questa fine d'anno è la materializzazione della televisione on demand - di cui per anni abbiamo favoleggiato ma che in realtà non si era mai concretizzata se non per degli esperimenti su piccola scala (cui avevo anche partecipato nell'ambito di un progetto della comunita' europea)
Adesso invece, o per paura di essere tagliati fuori da un possibile business o perche' ritengono di poterci fare dei soldi, sono scesi improvvisamente in campo una serie di players a offrire il Video on Demand (VOD)
In fondo non fa tanto notizia che America On Line, come operatore Internet, offra questo servizio: molto piu' rumore e' che il partner è Warner Brothers. Questi due lanceranno, a gennaio 2006, un servizio basato su sei canali e un archivio di centinaia di show degli anni 70-90. Servizio che dovrebbe essere gratuito.
NBC e CBS inizieranno invece a vendere contenuti (vecchi show) a 99 centesimi.
Mentre come al solito l'attenzione si punta su Apple, che ha lanciato il servizio su iTunes di vendita di show della ABC a 1,99 dollari - è tutto da vedere se riusciranno ad allargare l'offerta: al momento in meno di venti giorni dal lancio hanno comunque venduto un milione di filmati.
Anche la PSP (play station portable) si butta su questo mercato... nel senso che se oggi puo' leggere filmati comprati su dischi digitali, un domani potrebbe andare direttamemente contro l'iPod Video...
La grande novità di questa fine d'anno è la materializzazione della televisione on demand - di cui per anni abbiamo favoleggiato ma che in realtà non si era mai concretizzata se non per degli esperimenti su piccola scala (cui avevo anche partecipato nell'ambito di un progetto della comunita' europea)
Adesso invece, o per paura di essere tagliati fuori da un possibile business o perche' ritengono di poterci fare dei soldi, sono scesi improvvisamente in campo una serie di players a offrire il Video on Demand (VOD)
In fondo non fa tanto notizia che America On Line, come operatore Internet, offra questo servizio: molto piu' rumore e' che il partner è Warner Brothers. Questi due lanceranno, a gennaio 2006, un servizio basato su sei canali e un archivio di centinaia di show degli anni 70-90. Servizio che dovrebbe essere gratuito.
NBC e CBS inizieranno invece a vendere contenuti (vecchi show) a 99 centesimi.
Mentre come al solito l'attenzione si punta su Apple, che ha lanciato il servizio su iTunes di vendita di show della ABC a 1,99 dollari - è tutto da vedere se riusciranno ad allargare l'offerta: al momento in meno di venti giorni dal lancio hanno comunque venduto un milione di filmati.
Anche la PSP (play station portable) si butta su questo mercato... nel senso che se oggi puo' leggere filmati comprati su dischi digitali, un domani potrebbe andare direttamemente contro l'iPod Video...
mercoledì, dicembre 07, 2005
Squidoo entra in public beta!
Oggi passa dalla fase di beta supersegreta (;-) alla fase di beta pubblica Squidoo.com
Cos'è? beh... diciamo che è un (una?) wikipedia che remunera gli autori. Un concetto abbastanza innovativo di creare, gestire e fatturare la diffusione di sapere on line.
O è una bufala pazzesca, o è una gran bella idea.
Dato che la gente che c'è dietro è di peso, propendo leggermente per la seconda ipotesi.
Appena ho un po' di tempo scrivo anch'io una "lente"... il problema è che il livello dei contenuti che ho visto è parecchio buono... e quindi dovrei mettermi li' con molto impegno e molto tempo per non sfigurare. E beccarmi una sana parte del fatturato pubblicitario generato dal mio content...
Oggi passa dalla fase di beta supersegreta (;-) alla fase di beta pubblica Squidoo.com
Cos'è? beh... diciamo che è un (una?) wikipedia che remunera gli autori. Un concetto abbastanza innovativo di creare, gestire e fatturare la diffusione di sapere on line.
O è una bufala pazzesca, o è una gran bella idea.
Dato che la gente che c'è dietro è di peso, propendo leggermente per la seconda ipotesi.
Appena ho un po' di tempo scrivo anch'io una "lente"... il problema è che il livello dei contenuti che ho visto è parecchio buono... e quindi dovrei mettermi li' con molto impegno e molto tempo per non sfigurare. E beccarmi una sana parte del fatturato pubblicitario generato dal mio content...
lunedì, dicembre 05, 2005
Nuovo articolo su Apogeonline...
Lo sapevate che il RFID ha il diavolo dentro?
La battaglia contro il RFID si sposta sul terreno del fondamentalismo religioso: il chip potrebbe essere un segno satanico"
Lo sapevate che il RFID ha il diavolo dentro?
La battaglia contro il RFID si sposta sul terreno del fondamentalismo religioso: il chip potrebbe essere un segno satanico"
domenica, dicembre 04, 2005
Rientro dalle vacanze
Sono stato in vacanza una settimana, e il blog ne ha sofferto...
Il convegno di Vicenza, anche se non affollatissimo (anche dato il "decentramento" geografico) mi e' sembrato di buona qualità e ringrazio chi ha lasciato i commenti e tutti gli altri che hanno invece mandato e-mail...
Sono stato in vacanza una settimana, e il blog ne ha sofferto...
Il convegno di Vicenza, anche se non affollatissimo (anche dato il "decentramento" geografico) mi e' sembrato di buona qualità e ringrazio chi ha lasciato i commenti e tutti gli altri che hanno invece mandato e-mail...
domenica, novembre 20, 2005
Nuove Tecnologie e Futuro del Trade
Io credo che molte aziende continuino a sottovalutare ( a non capire) quanto sia pesante Internet come fattore influenzante il funzionamento del ciclo d'acquisto (per chi volesse approfondire, linko questo mio articolo sul tema).
Sempre più consumatori si documentano in Rete prima di prendere una decisione d'acquisto (o prima di iniziare il rituale giro di negozi). Anche se solo una minoranza ricorre all'ecommerce, molti potenziali acquirenti arrivano sul Punto Vendita con decisioni praticamente già prese - se non addirittura con una stampata della pagina web relativa all'articolo che hanno deciso (in Rete) di acquistare.
Utenti più formati e che pongono il negozio di fronte alla necessità di interrogarsi su come evolvere per il futuro.
Utenti che arrivano in negozio con le idee chiare, e che spesso fanno a meno della funzione consulenziale del personale di vendita; clienti quindi meno influenzabili e orientabili verso quei prodotti che il negozio potrebbe avere maggiore interesse a vendere.
D'altra parte, se il negozio si trasformasse in un luogo in cui si va a "ritirare" fisicamente un prodotto la cui decisione d'acquisto è stata presa altrove, la stessa natura del negozio cambierebbe; riducendo la necessità di avere certi livelli qualitativi e quantitativi di staff in grado di servire il pubblico, potendosi limitare alla presenza di operatori il cui scopo principale è di “consegnare” al consumatore il prodotto che chiede.
Questo in realtà è già il modello della Grande Distribuzione, dove la funzione consulenziale è ridotta all'osso e dove quindi maggiore necessità / comodità riveste per il cliente (ovviamente per certi prodotti e categorie merceologiche) di documentarsi previamente all'acquisto.
Per il PV tradizionale l'alternativa è tra accettare l’ulteriore riduzione del suo ruolo sui clienti più smart e più istruiti (e probabilmente a maggiore potenziale di spesa) oppure offrire un servizio consulenziale ancora più credibile e affidabile: più che informare, consigliare i prodotti che realmente sono i più indicati per il singolo cliente. E costruire relazione, rapporti umani con i clienti.
Per la GDO invece, scenari evolutivi possono vedere la saldatura tra la tecnologia RFID e Internet. Anche se oggi molto complessa e costosa nella sua implementazione (e chiudendo entrambi gli occhi sui problemi di privacy), è prevedibile che nel giro di pochi anni la tecnologia RFID sarà presente in molti prodotti, attraverso piccoli chip che, interrogati da un "lettore", possono fornire l'identità del prodotto (e in futuro anche altre informazioni).
La progressiva distribuzione dell'internet mobile e l'integrazione di altre tecnologie nei dispositivi telefonici/ PDA consumer (bluetooth, WiFi...) potrà rendere domani possibile "interrogare" col cellulare il prodotto che ci interessa, accedendo automaticamente (dal negozio, nel momento in cui decidiamo o meno l’acquisto) a pagine web di descrizione, informazione e promozione relative. E magari scoprire, sul PV, che un altro negozio poco più in là ha lo stesso prodotto ad un prezzo minore.
Mentre è chiaro che per molti prodotti a basso costo e coinvolgimento emotivo (nonché per i per prodotti d'impulso), questo tipo di processi avrà un impatto limitato, per una serie di altri prodotti l'arrivo delle Nuove Tecnologie obbligherà il trade a pensare come affrontare il prossimo decennio.
Non solo: questo scenario aggiunge un ulteriore elemento di complessità anche per le aziende di prodotti consumer, che vedranno nuovi strumenti, di tipo prettamente tecnologico, affiancarsi agli strumenti classicamente pubblicitari e promozionali nell’influenzare le vendite dei loro prodotti, richiedendo una rilevante evoluzione culturale e di “nuovo” marketing .
sabato, novembre 19, 2005
Aggiornato il sito
Aggiornato il mio sito presentando in maggiore dettaglio le mie attività di Content development, scrittura, giornalismo.
Aggiornato il mio sito presentando in maggiore dettaglio le mie attività di Content development, scrittura, giornalismo.
lunedì, novembre 14, 2005
Formazione: Corso "Marketing e Comunicazione Low Budget"
per chi fosse interessato segnalo che sarò docente al corso di "Marketing e Comunicazione Low Budget" organizzato dal Sole 24 Ore. Il corso si terrà a Milano, il 25 e 26 Gennaio.
per chi fosse interessato segnalo che sarò docente al corso di "Marketing e Comunicazione Low Budget" organizzato dal Sole 24 Ore. Il corso si terrà a Milano, il 25 e 26 Gennaio.
Corso: come massimizzare il risultato del lavoro delle agenzia di pubblicità
Sempre per chi fosse interessato ad approfondire il tema dello sviluppo di una attività di comunicazione pubblicitaria e di come lavorare in / con una agenzia di pubblicità, segnalo che sarò docente di questo corso di LRA a Milano. Date:
28-29 marzo 2006
25-26 maggio 2006
I dettagli saranno disponibili a breve.
Sempre per chi fosse interessato ad approfondire il tema dello sviluppo di una attività di comunicazione pubblicitaria e di come lavorare in / con una agenzia di pubblicità, segnalo che sarò docente di questo corso di LRA a Milano. Date:
28-29 marzo 2006
25-26 maggio 2006
I dettagli saranno disponibili a breve.
Corso di formazione Internet Marketing
Per finire il panorama dei corsi in arrivo... sarò il docente del corso "Internet marketing per vendere (Seconda edizione)
Accrescere la propria competitività attraverso un’efficace presenza in internet " di LRA. Data: 10 Aprile 2006.
Per finire il panorama dei corsi in arrivo... sarò il docente del corso "Internet marketing per vendere (Seconda edizione)
Accrescere la propria competitività attraverso un’efficace presenza in internet " di LRA. Data: 10 Aprile 2006.
Convegno a Vicenza
Giovedi 24 novembre p.v. alle ore 12.00 nell'ambito delle Manifestazione COM2005, presso la Fiera di Vicenza.
interverrò al convegno inaugurale, organizzato in collaborazione con Il Sole 24 Ore.
Il titolo del mio intervento: "Cambia il mondo dei media, cambia il sistema di comunicazione aziendale. La comunicazione digitale come strumento efficace per innovare la propria immagine e raggiungere molteplici segmenti di mercato".
Giovedi 24 novembre p.v. alle ore 12.00 nell'ambito delle Manifestazione COM2005, presso la Fiera di Vicenza.
interverrò al convegno inaugurale, organizzato in collaborazione con Il Sole 24 Ore.
Il titolo del mio intervento: "Cambia il mondo dei media, cambia il sistema di comunicazione aziendale. La comunicazione digitale come strumento efficace per innovare la propria immagine e raggiungere molteplici segmenti di mercato".
domenica, novembre 13, 2005

La TV sul cellulare: sarà un business?
Di Roberto Venturini
Nuove tecnologie in arrivo e c’è qualcuno che ci crede davvero. Ma i consumatori adotteranno la TV sul cellulare? E chi ci metterà i soldi per farla?
Ad essere sarcastico, c'è da domandarsi se domani qualcuno userà ancora il cellulare per parlare. Ovvero se il traffico voce sarà ancora la colonna portante del business degli operatori di telefonia mobile.
E' peraltro chiaro che il mondo della telefonia cellulare sembra essere alla vigilia di un periodo di nuova, forte innovazione.
La lezione degli SMS è ben presente nella mente delle compagnie telefoniche; nati come puro strumento di servizio per gli operatori, sono esplosi nelle mani degli utenti, arrivando a rappresentare una percentuale molto importante delle revenue. Ed il boom di fatturati creato da servizi come loghi e suonerie ha reso manifesto quanto l'utente telefonico sia disposto ad investire sul proprio cellulare.
Di cosa si vivrà, domani?
La voce rischia dunque un giorno di trasformarsi in una commodity, soggetta a forti dinamiche di concorrenza sui prezzi - ed è tutto da capire cosa potrà comportare la diffusione della telefonia VoIP anche su questa piattaforma.
Logico quindi che si stia guardando con attenzione a tutti quei servizi che possano essere fatturati al cliente e che, essendo meno "basici", presentino opportunità tariffarie migliori. Di qui MMS, contenuti premium, videotelefonia, e, prossimamente sui nostri (piccoli) schermi, la televisione.
Se oggi già sono disponibili serial televisivi (“Mobisodes”) appositamente riprodotti per il cellulare (di cui ho già scritto in passato), l’obiettivo di fondo è convertire il cellulare in un vero e proprio ricevitore televisivo. Di passare dai contenuti da scaricare o da vedere in streaming all’utilizzo “in diretta”. In parole povere, rielaborare sia il telefono che l'infrastruttura di telecomunicazione per rendere il cellulare capace di fare, ad occhio e croce, quello che un qualsiasi televisorino portatile (disponibile sul mercato da anni) sa già fare benissimo e a costo di connessione pari a zero.
Si metterà la mano al portafoglio?
Se dunque mi viene proposto di pagare per un servizio che potrei avere gratis, il business non andrà molto lontano - motivo per il quale occorre trovare una differenziazione che permetta di far pagare per questo contenuto. Questa necessità potrà dunque costringere a ripensare non solo terminali e network telefonici, ma anche il sistema radiotelevisivo. Potenzialmente affiancando, alle numerose piattaforme televisive esistenti, nuovi "canali" fruibili (solo?) attraverso il telefono.
Balza immediatamente alla mente l'immagine di 50 milioni di Italiani che si guardano le partire di calcio mondiali sul cellulare, in ufficio, facendo finta di essere impegnati in una cruciale videotelefonata di lavoro. E sorge spontanea la domanda: ma lo useranno negli altri 3 anni, 11 mesi e rotti, quando il mondiale non c’è? E se l’Italia, il cielo non voglia, non si qualificasse ai Mondiali, che speranza di vita avrebbe questo modello di business tele-telefonico?
Un modello meno complesso è invece quello adottato, e con successo, in Corea, dove milioni di utenti già hanno l'accesso alla TV satellitare via telefono. In questo caso il modello sarebbe più semplice: pagare per pagare, si può anche spendere per vedere i programmi sul telefono, quando il megaschermo LCD del salotto non è a portata di telecomando. Sempre che la popolazione si sia già massicciamente adattata a sborsare per la TV “normale”…
Non è insomma assolutamente chiaro se il consumer sarà disposto a dare soldi in cambio di questi servizi. E ancora meno quale possa essere (a breve e a lungo termine) il modello di pricing corretto.
Dagli Stati Uniti arrivano ricerche che dimostrerebbero una sostanziale resistenza o disinteresse dei potenziali utenti verso questo tipo di servizio a pagamento. Servizio che, va detto, potrebbe incontrare però un interesse del tutto diverso in un paese tanto più cellulardipendente come il nostro. E’ lecito poi riflettere sul fatto che questo tipo di servizi rischiano di non essere facili da testare significativamente attraverso ricerche sui consumatori e che l’effetto imitativo (ce l’hanno tutti, lo fanno tutti, ergo devo farlo anch’io) potrebbe introdurre un fattore moda impossibile da prevedere a priori – fattore che spesso ha giocato un ruolo importante nel mondo della telefonia mobile.
C’è spazio per la pubblicità?
Ancora meno chiaro è il ruolo che la pubblicità potrebbe avere su questa nuova forma di diffusione televisiva. Sono quasi certo che sarebbe impossibile l'introduzione dei nostri tradizionali spot, sia per le limitazioni del terminale, sia perchè, in un contesto pay per view, l'intrusione della pubblicità potrebbe causare reazioni molto negative da parte del pubblico e potrebbe arrivare addirittura a mettere in pericolo il successo stesso di questa forma di comunicazione. E poi, diciamocelo, che fine farebbe la magia della prima presentazione dello spot al cliente, da parte dell’agenzia, se invece di uno schermo da 50 pollici la facessimo su uno schermo da 5’?
Con ciò non voglio ipotizzare che advertising e television-telefono non possano convivere; ad esempio con modelli legati a promozioni fidelizzanti in cui l'accesso gratuito a specifici programmi sia offerto ai clienti che abbiano completato un certo numero di acquisti, o mettendo in palio periodi di connessione attraverso concorsi a premio (per intenderci, in maniera analoga a quanto ha fatto, sul fronte della musica digitale, Pepsi Cola in partnership con iTunes di Apple).
Un problema di banda
E' comunque chiaro che la tecnologia odierna non sarebbe assolutamente adatta ad un’introduzione seria della televisione sul cellulare. I terminali attuali, per dirne una, esaurirebbero la batteria in meno di un’ora di microgodimento televisivo.
Quel che è peggio è che la banda usata per guardare la TV sarebbe concorrente con quella usata per la voce. Gli analisti sostengono che, in caso di successo del consumo di televisione sul cellulare, potremmo finire per non riuscire più ad usarlo per parlare. Costringendo gli operatori ad upgrade costosi o addirittura impossibili.
Si richiedono quindi tecnologie e soprattutto concetti nuovi. Sta, infatti, proprio ora emergendo un concetto radicalmente innovatore: niente video on-demand, niente streaming, ti guardi quello che emette la stazione quando lo emette – esattamente quello che faccio a casa con il mio sano, tradizionalissimo tubo catodico. O con il mio televisorino a pile. Che però fa molto meno trendy di un telefono che fa ti fa vedere la CNN.
Più che un passo in avanti, due in indietro (o forse in ogni caso in avanti, se il telefono lo guardiamo passeggiando).
La solita guerra degli standard?
Già si sono formate cordate che propongono potenziali standard concorrenti, focalizzati sull'offrirci a breve l’accesso a 10 o 15 canali televisivi su misura.
Forse è presto per dirlo, ma è probabile che la sigla DVB-H possa presto diventarci familiare, come sinonimo di uno standard su cui stanno lavorando Nokia, Texas Instruments, altri produttori di microelettronica, operatori del mondo delle teletrasmissioni ed altri partner di peso. Anche se non si può escludere che a spuntarla possa essere lo standard concorrente Flo o lo standard proprietario che si stanno sviluppando in casa i giapponesi.
Tutta gente in ogni modo dalle casseforti molto ben guarnite, se si pensa che per mettere in piedi negli USA un network operativo in grado di trasmettere la TV sui cellulari si dovrebbero investire tra i 4 e i 10 miliardi di dollari.
I primi trial televisivi veri dovrebbero iniziare nel 2006 / 2007, quindi da aspettare non ci sarà molto - anche se poi la strada dal trial al successo potrebbe essere lunga e lenta. O il consumatore potrebbe ancora una volta sorprenderci ed adottare massicciamente, immediatamente la novità.
Un bel pasticcio per quelli che devono pianificare il business ma, come dicono quelli della TV, è il bello della diretta…
martedì, novembre 08, 2005
Autoproduzione di contenuti: una minaccia per il mondo dell'advertising?
I nuovi media rendono possibile la generazione / autoproduzione di contenuti da mettere a disposizione del pubblico.
Si e' quindi contemporaneamente produttori di contenuto (informazione , entertainment, approfondimento...) e consumatori.
La cosa sta prendendo piede: i blog hanno negli US una audience maggiore di quanto abbia la radio via satellite, siti personali generano audience importanti, i forum di discussione catalizzano le opinioni e le esperienze d'uso dei consumatori che le condividono, il podcasting è una realtà con cifre rispettabili, considerando i costi e gli sforzi di produzione (zero).
Va da se' che, specialmente dopo l'introduzione dell'ipod video, manca pochissimo al Tvpodcasting, in cui il pubblico, gente come tu ed io, armata di una videocamera, si produrra' il suo programmino e lo potra' mettere on line a disposizione di tutti.
Si accompagni questo con una diffusione (negli US) dell'abitudine di registrare i programmi TV per riguardarseli dopo (saltando la pubblicita'?) tanto in crescita che la stessa Nielsen sta lavorando per dare dati di audience anche sulla fruizione in differita dei programmi TV, in modo da dare guidelines piu' oggettive a centri media e investitori pubblicitari.
L'autoproduzione di contenuti, indubbiamente porta via spazio, attenzione e audience ai media tradizionali: sia perche' se produci non fruisci, sia perche' sempre piu' gente fruisce di questi mezzi alternativi in aggiunta (ma anche in sostituzione) dei mezzi classici.
Specialmente negli US l'erosione dei media digitali rispetto alle audience di quelli tradizionali si sta facendo sentire, si puo' vedere a livello di numeri.
C'e' da scommettere pero' che il mondo del marketing e della comunicazione riuscirà a trovare una via d'uscita: in realta' questi mezzi alternativi possono proprio essere dei nuovi media che possono essere utilizzati (con maggiore sforzo) dagli inserzionisti - chi l'ha capito bene ad es e' Google, con le sue Adwords all'interno di siti e di blog.... e del resto questo e' il modello di business che permette di tenere in piedi il sistema che permette a tutti noi di pubblicare gratuitamente i nostri contenuti...
I nuovi media rendono possibile la generazione / autoproduzione di contenuti da mettere a disposizione del pubblico.
Si e' quindi contemporaneamente produttori di contenuto (informazione , entertainment, approfondimento...) e consumatori.
La cosa sta prendendo piede: i blog hanno negli US una audience maggiore di quanto abbia la radio via satellite, siti personali generano audience importanti, i forum di discussione catalizzano le opinioni e le esperienze d'uso dei consumatori che le condividono, il podcasting è una realtà con cifre rispettabili, considerando i costi e gli sforzi di produzione (zero).
Va da se' che, specialmente dopo l'introduzione dell'ipod video, manca pochissimo al Tvpodcasting, in cui il pubblico, gente come tu ed io, armata di una videocamera, si produrra' il suo programmino e lo potra' mettere on line a disposizione di tutti.
Si accompagni questo con una diffusione (negli US) dell'abitudine di registrare i programmi TV per riguardarseli dopo (saltando la pubblicita'?) tanto in crescita che la stessa Nielsen sta lavorando per dare dati di audience anche sulla fruizione in differita dei programmi TV, in modo da dare guidelines piu' oggettive a centri media e investitori pubblicitari.
L'autoproduzione di contenuti, indubbiamente porta via spazio, attenzione e audience ai media tradizionali: sia perche' se produci non fruisci, sia perche' sempre piu' gente fruisce di questi mezzi alternativi in aggiunta (ma anche in sostituzione) dei mezzi classici.
Specialmente negli US l'erosione dei media digitali rispetto alle audience di quelli tradizionali si sta facendo sentire, si puo' vedere a livello di numeri.
C'e' da scommettere pero' che il mondo del marketing e della comunicazione riuscirà a trovare una via d'uscita: in realta' questi mezzi alternativi possono proprio essere dei nuovi media che possono essere utilizzati (con maggiore sforzo) dagli inserzionisti - chi l'ha capito bene ad es e' Google, con le sue Adwords all'interno di siti e di blog.... e del resto questo e' il modello di business che permette di tenere in piedi il sistema che permette a tutti noi di pubblicare gratuitamente i nostri contenuti...
lunedì, novembre 07, 2005
Proviamo i commenti
Sempre a livello sperimentale, apro la possibilità di introdurre commenti al blog - sperando di aver risolto il problema dello spamming.
Ho infatti scoperto, direttamente, che gli spammer pubblicano i loro messaggi indesiderati anche sui blog (ragione per cui avevo inibito la possibilità di aggiungere dei commenti)
Sempre a livello sperimentale, apro la possibilità di introdurre commenti al blog - sperando di aver risolto il problema dello spamming.
Ho infatti scoperto, direttamente, che gli spammer pubblicano i loro messaggi indesiderati anche sui blog (ragione per cui avevo inibito la possibilità di aggiungere dei commenti)
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