martedì, luglio 09, 2013

Qualche riflessione su aziende e digitale, fatta a cena




Qualche sera fa, cena piacevole, con i vincitori del contest fatto da Roche per i partecipanti al suo Master di formazione interno digital (se non l'avete già fatto, leggete questo mio post precedente, è un caso di eccellenza nella formazione in Italia sul digitale).

E forse la cosa più piacevole sono state, al di là delle celebrazioni, le chiacchiere fatte con persone che avendo appena finito una profonda immersione nello studio del tema, erano belle cariche e piene di idee, di sensazioni, di visioni su aziende, Italia, digital.

Da questa interazione (alimentata dal buon vino, probabilmente) mi sono venute fuori delle riflessioni generali, degli spunti di riflessione che condivido volentieri, perché credo che più le idee circolano, vengono fatte proprie, distorte, rivoltate, reinventare, circolate, meglio è per tutti (vedi alla voce Share Economy).

Eccole:

1. Audacità è una parola chiave. Visto che peggio di così si può andare ma d'altra parte eravamo sull'orlo del baratro e abbiamo fatto un sostanziale passo in avanti, forse c'è ormai poco da rischiare e tutto da perdere. 

Business as Usual ci vedrà fuori gioco. 

Per secoli molte aziende hanno fatto fortuna con approcci conservativi e minimizzando i rischi. Vi vengono in mente le Banche, ad esempio? Beh, allora interseco un'altro evento in cui sono stato tra gli speaker. In una grandissima barca italiana. A parlare con una parte decisamente top del management. E anche in questo evento è uscito il termine "rischio". Nel senso di prenderne. Di avere il coraggio. E mi ha fatto molto piacere sentire questa grande banca, sentire quei manager parlarne e invece di dire "dobbiamo evitare" dire "dobbiamo fare"

Audacità, messa in relazione al business e al digitale mi sembra una bella parola. Mi fa venire in mente il coraggio di chi metteva i soldi in una nave e poi partiva per rotte sconosciute, pericolose, andava a scoprire nuovi mondi, si metteva in gioco scommettendo che sarebbe stato abbastanza abile da tornare vivo e con un carico di merci pregiate. Un atteggiamento imprenditoriale, mercantile, di innovazione. Non certo di finanziarizzazione delle attività, di rischio come scommessa senza produrre reale valore.

2. Misurabilità e accountability. Brutte parole, queste, per chi viene da mondi incommensurabili come la pubblicità ;-) 

Brutto pensare ad azioni i cui risultati si misurano, azioni che pensi per raggiungere certi numeri e imparare? OK, è complicato (ancora) misurare. Ma il concetto di poter capire in modo oggettivo se hai fatto bene o hai fatto male non è contrario alla creatività. Secondo me è molto sano, dal punto di vista del business aziendale.

Poi certo, non tutto è misurabile, e certi numeri fanno perdere di vista le cose importanti. Il sacrificio inutile e inevitabile al rito del numero in riunione aziendale. Vedere i risultati della propria comunicazione come un risultato sportivo, dove si guarda quanti secondi al giro rifiliamo ai competitor, non al senso di quello che stiamo facendo e stiamo ottenendo.

Ma alla fine, fare cose i cui risultati siano definibili è sempre stato un passo avanti nella gestione di un'azienda, cui i comunicatori sono svicolati via per troppo tempo.

3. Il marketing e la comunicazione vanno tenuti in mano dall'azienda, evitando di delegare in toto all'agenzia o ai consulenti.
Certo, si lavora con esperti esterni. Ma non è sano se l'esterno sostituisce nelle decisioni l'uomo o donna d'azienda.

Non è sano se chi è in azienda responsabile del business delega completamente le decisioni a uno che per carità magari conosce benissimo il digitale… ma non è così esperto nel business dell'azienda.
Ergo, in azienda la competenza digitale diventa un requisito imprescindibile di tutti i decisori. Partendo dall'alto, come abbiamo più volte detto.

Imparare il digitale sta diventando obbligatorio come conoscere l'inglese.

4. Il Digitale non è più (solo) un vantaggio competitivo. E' una condizione necessaria ma non sufficiente. Si può decidere di non giocare in attacco, in una partita: ma comunque bisogna sempre evitare di subire una goleada. Se sul digitale decidiamo di non esserci o di esserci minimalisticamente, ormai ci fanno venti gol al minuto. Se non partecipiamo, se non cerchiamo di gestire la comunicazione e lasciamo che sia il mercato a definire la nostra immagina, la nostra reputazione, siamo in guai seri.

Dobbiamo portare fuori il nostro punto di vista, non possiamo uscire, non possiamo abbandonarci in balia delle persone (e su questo tema segnalo una cosa che ho scritto da un'altra parte, che potete leggere qui)

Detto questo, un omaggio e una congratulazione ai due compagni di cena (Simona Circhetta e Filippo Marcassoli) per gli stimoli di riflessione

Se poi qualcuno fosse interessato a più info sulla Roche Digital Academy, ecco un paio di link:



In chiusura allego il video del corso - ma solo perché compaio fugacemente in qualche fotogramma :-)

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