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lunedì, giugno 29, 2015

ROI più alto del 49% se investi sulla marca... (vs spingere in adv e basta :-)


Segnalo una ricerca piuttosto interessante, che ripropone verità che gli addetti ai lavori hanno da tempo già metabolizzato - ma che in certi casi sono poco capite da manager caricati a molla sul vendere a tutti i costi e subito (e, complice la crisi, li si può anche capire).

Allora, il titolone ad effetto è: "Un forte branding genera un ROI più alto del 49% rispetto a fare solo un forte advertising".

E, diciamocelo onestamente, messa così non è che significhi moltissimo :-) Ma sull'anatomia dei titoli ne disquisiamo un'altra volta.

La ricerca si chiama ‘The Brand Value Growth Matrix’ ed è un prodotto di Millward Brown, BrandZ e altri.

Il succo del discorso è che lo studio ha rivelato che c'è una fortissima differenza tra "spingere" in pubblicità e basta (ad esempio promozioni, hard selling etc...) e investire su una chiara identità di marca, una chiara business proposition... insomma, fare branding.

Insomma, gettare soldi verso i media rispetto ad avere una strategia, che metta la marca al centro :-)

Anche perché (mio commento) l'adv pressante, il bisogno di fare hard selling certamente è comprensibile... ma rischiamo di trovarci un ROI troppo basso, una marca a pezzi, che le persone non capiscono e non amano più, un business che riesce a vendere solo quando siamo in campagna e in taglio prezzo... mentre altri concorrenti possono spendere molto meno, perché sono una marca amata e interiorizzata :-)





















In sostanza i dati dimostrano una cosa molto semplice... "La pubblicità, da sola, insufficiente ed inefficiente - necessita essere sostenuta da una piattaforma strategica ampia e profonda"

Qualche numero: la crescita del valore della marca, a fronte di attività intense di advertising dove il branding non è forte, è del 27%; dove invece il brand è robusto e sostenuto e al contepo lo è anche l'advertising, la crescita di valore è del 168%. Se invece l'adv non è forte ma il brand è forte, si registra comunque una crescita del 76% 

I dati emergono dall'analisi condotta su 100 importanti aziende su un periodo di 10 anni, lavorando sulla 'Brand Value Growth Matrix'.

Per i dettagli, vi rimando alla pagina della ricerca... The Brand Value Growth Matrix’

giovedì, febbraio 13, 2014

San Valentino. Apre un negozio di coccole. Stasera, per un pennarello. A Parigi :-)


Si può aprire un negozio di coccole?

Certo, se il tuo prodotto è un pennarello a punta morbida :-)

Oddio -  il nesso tra morbidezza del feltrino e l'abbraccio di sconosciuti è strategicamente un po' tenue - però nell'area di "facciamo un po' di casino" per creare un po' di buzz (e far sì che i blogger di comunicazione ne parlino...) ci può stare :-)

Insomma: Pilot - per il lancio della V-Singpen, ha invitato i single sotto San Valentino a recarsi presso il suo coccole bar.

Da stasera fino a dopodomani, i single potranno essere accolti nel locale, coccolati, potranno scegliere tra vari menu coccolosi etc. A breve (domani) dovrebbero comparire le prime foto delle experience.
http://pilot-vsignpen.fr/le-comptoir-a-calins


Per il resto...

1) Mi fa un po' senso l'immagine del pennarello peloso.

2) Interessante il lavoro per costruire una forte personalità di marca per quello che potrebbe apparirci come un banale prodottino da supermercato (ma, d'altra parte, vogliamo parlare della Bic?)

3) Il sito del prodotto non mi fa proprio impazzire...con giochini e ammennicoli vari che escono parecchio dalla strategia che si sono dati

4) Mi auguro abbiano previsto un "piano B" nel caso i singles non aderiscano all'iniziativa... e un piano B ci vorrebbe sempre, come spiego - tra le altre cose - nel mio libro...


venerdì, giugno 28, 2013

Riflessioni in calce ad una presentazione Vodafone, su Marketing e comunicazione


Di ritorno da una presentazione di Vodafone, mi sa che non vi parlerò a fondo delle loro novità, tanto ben altri blogger e giornalisti più titolati di me sulla telefonia l'avranno già fatto, quando leggerete questo post :-) 

Magari però vi parlo di un paio di numeri che possono servire e di un paio di riflessioni che mi sono venute, tanto per non parlare sempre e solo di case history di comunicazione :-) cercando di derivare dallo specifico delle considerazioni che si possano estendere a scenari più generali di marketing.

Tra i numeri che hanno presentato, possono essere interessanti questi:




Detto questo, mi sembra interessante guardare alle strategie di Vodafone e farci un paio di riflessioni… anzi una principale: sembrano pronti a tutto pur di ampliare il mercato dell'Internet Mobile, scommettendoci dei soldi veri :-) comunque, ecco 3 key points che mi sembrano degni di attenzione:

1. Adozione del "Modello Gillette": ti sovvenziono il rasoio, mi rifaccio sulle lame (ma anche Polaroid etc etc). 

Il lancio di uno smartphone (btw, si chiamerà Smart Mini) più che dignitoso a 59 € continua la politica Vodafone di introduzione di terminali a basso costo per ampliare il mercato; facendo perdere la verginità da dati mobili ad una parte il più ampia possibile di quel 50% di italiani che in rete mobile non naviga. 

(nota: il prezzo di 59 euro è temporaneo: "dall’1 al 31 luglio 2013, l’ultimo nato della famiglia Vodafone branded è disponibile in promozione a 59 euro per tutti coloro che aderiscono al programma Vodafone YOU" dopo credo costerà una ventina di euro in più, un prezzo comunque competitivo. )

Link sul "consumables business model":

2. Aggressività sul roaming: anche in questo caso si lavora per essere competitivi sui costi del traffico voce e dati all'estero (in attesa di capire come finirà la faccenda con la comunità europea sui costi del roaming), abbassando significativamente i costi (btw, da notare che nel suo complesso, negli ultimi mesi, il mercato delle tariffe mobili ha fatto registrare una sostanziosa deflazione, io ad es. mi sono ritrovato a cambiare tariffa, risparmiando circa un 25% a parità di condizioni senza cambiare operatore)

3. Ma sopratutto, ed è la cosa che da markettaro / comunicatore sento di più, il focus strategico del marketing: far passare la paura dell'italiano all'estero a sfoderare lo smartphone e attivare la temutissima opzione "attiva roaming dati" (io, storicamente, sul mio cadavere…).

Il pensiero intelligente è stato individuare il problema - che non è solo di costi ma è soprattutto di incertezza (date le numerose storie dell'orrore che si sono sentite…)

Quindi l'innovazione di prodotto strategicamente più rilevante non è tanto il taglio dei costi, la competitività economica: quanto il garantire un costo prefissato, abbordabile e soprattutto certo. Dando la possibilità alle persone di proseguire anche all'estero l'abitudine di avere uno smartphone integrato nella propria vita.
Quindi lavorare (vedremo in comunicazione come trasferiranno il messaggio di risposta ad un problema chiaro e sentito) in maniera focalizzata su un insght .

Ed è positivo anche che si siano fatti dei piani semplicissimi: quello dei piani tariffari è una delle giungle che secondo me confonde di più le persone e quindi limita il mercato, o almeno lo complica; nella mia ignoranza penso che una semplificazione sia un elemento fondamentale - dato che si sa da anni che troppa scelta non è un servizio al cliente ma un modo di paralizzarlo nelle scelte.


Chiaro che qui l'aspetto più interessante è che ci si misura con un mercato fatto da tante persone che pensano che ci sia sempre sotto una fregatura (si accettano scommesse su quanti commenti riceverà questo post da parte di persone che sottolineeranno che le offerte / cellulare nascondono bidoni). 

Anche qui, non voglio entrare nel merito, anche se a me non sembra di vederne. Quello che mi interessa è la difficoltà a lavorare su mercati con percezioni così negative, con problemi di reputation così evidenti per la categoria (poi il tutto andrebbe analizzato per segmenti di clientela, fare vuoto per pieno è sempre un esercizio pericoloso).

Comunque la sfida è costruire prodotti e comunicazioni che facciano tutto il possibile per far sospettare che forse la fregatura non c'è. 

Soprattutto, tornando al punto precedente, bisogna considerare che a volte non c'è tecnicamente una fregatura - ma che una difficoltà di comprensione, una imprevedibilità dei costi… portano le persone a pensare che si sia  lavorato per fregarle (e forse negli anni passati qualcuno ha dato qualche ragione valida perché si costruisse una tale percezione). Quindi un tema di comunicazione parecchio in salita.

Poi non mi ci metto a discutere se comunque se il piano di roaming è caro o non è caro (personalmente rientra nei costi più che accettabili, io sono uno che fa tante vacanze all'estero e usa i dati mobili anche per la propria sicurezza - vedi alla voce consultare bollettini meteo aggiornati via Internet, per non farsi sorprendere da sventolate estive a 40 nodi…) o se il telefonino ha un eccellente rapporto qualità/prezzo o ha un processore che non è quello di un prodotto che costa 7-8 volte tanto (qui il tema è la democratizzazione, il rendere accessibile un accesso in mobilità a Internet. E se è stato tanto osannato il tema del WiFi libero per abbattere il digital divide, il tema di un terminale low cost dovrebbe esserlo altrettanto, suppongo).

Infine (e scusate se sono andato lungo), segnalo che in meno di 24 ore hanno assemblato un paio di Storify sulla presentazione :-)
Eccoli:
http://storify.com/VodafoneIT/roaming
http://storify.com/VodafoneIT/smart-mini


Comunque, dato che so che siete curiosi, allego link alle tariffe :-)


 

giovedì, agosto 30, 2012

Il contenuto? Non è un accessorio.



Riprendo, attualizzandolo, un mio articolo di un po' di tempo fa, ripubblicandolo sul blog per arrivare a più vaste masse di lettori. Anche perché mi sembra ancora maledettamente di attualità, viste le cose che mi è toccato vedere ultimamente in Rete...

Un paio di considerazioni derivanti dalla mia esperienza quotidiana di consulente, di Digital Planner. Di persona che per mestiere si trova a mettere le mani su come devono essere pensati e organizzati i siti e le altre attività di comunicazione digitali. Anzi, sostanzialmente una, considerazione: non sottovalutiamo l’importanza del contenuto. E i casini che il contenuto può crearci, aziendalmente.

Tre cose che possiamo dare - e il contenuto è alla base
Online (semplificando un po' le cose) possiamo dare ai nostri visitatori - in cambio della loro attenzione - tre cose: emozioni, servizio, e contenuti. 

E spesso sono proprio i contenuti lo strumento che da' servizio e - anche attraverso lo storytelling - emozioni. Molti siti sono un mix di queste tre cose, in misura diversa lo possono essere anche altri strumenti di comunicazione Internet - come i Social Media.

E i contenuti chi li scrive?
Restringendo il discorso ai siti, molto spesso quello che ho visto fare è stato concentrarsi sulla strategia (correttissimo - anche perché è il mio mestiere), poi sviluppare l'idea del sito (corretto), la sua mappa (inevitabile) e poi iniziare a realizzarlo graficamente. E cosa ci va dentro il sito, dentro la pagina Facebook?  Beh, solo una volta pronto e approvato il progetto, qualcuno si è posto il problema dei contenuti. E lì sono saltati fuori i pasticci :-(

A volte invece si parte dal definire quali dovrebbero essere i contenuti del sito, costruire la mappa, pensare il sito attorno a questi contenuti, disegnare le pagine… e poi scoprire che nessuno ha idea di come e a chi far fare questi contenuti.

Quindi fermi tutti, trova la persona o l'agenzia, scopri quanto costa, controlla se ci sta nel budget... massimizzazione del casino.
Anche perché un buon contenuto non te lo fa mica il primo che passa per strada. O quello che ha due giorni di esperienza compreso domani e dopodomani. 

Il trappolone dell'archivio
Ho visto aziende decidere di fare siti basati sulla loro eredità storica, sul loro passato.
Solo per scoprire quando era troppo tardi che nessuno sapeva dove fosse finito l'archivio, o scoprire che per estrarre cose interessanti dall'archivio storico e tradurle in immagini scansionate e testi sintetizzati ci sarebbero volute parecchie settimane di lavoro e di conseguenza costi per la ricerca e riscrittura - cosa che era stata data per scontata (e costi non budgettati).

Faccio io, tanto che ci vuole?
OK, non ci stiamo nel budget, allora ci facciamo le cose in casa. 
Quindi decidere di farsi il sito (o il Social) in casa, senza usare consulenti, agenzie e copywriter (o autori) esterni. Tanto che ci vuole? Wordpress è semplice, con un minimo di smanettamento i siti li fa chiunque.  

Così come, con un paio di libri di cucina uno è in grado di cucinare. Ma non in un ristorante.

La tentazione è forte specialmente quando il sito deve basarsi su una serie di contenuti di alto livello per un pubblico specialistico.

Ancora più subdolo il caso analogo in cui invece c'è qualcuno in azienda in grado di occuparsi di questi testi, quindi si parte tranquilli.
Salvo poi rendersi conto che, per lanciare il nuovo sito, la persona in questione deve scrivere parecchie decine di pagine (magari equivalenti a  due o tre settimane di lavoro full time sul progetto) e che ne dovrà poi scrivere tre o quattro alla settimana per il resto della sua vita.

Peccato che, spesso, questa persona magari è il responsabile del prodotto o un commerciale bravo, quello che più di ogni altro conosce il prodotto e quindi è sempre in prima linea per vedere, risolvere problemi...  

E proprio per questo una persona che ha pochissimo tempo a disposizione, che già farebbe fatica a darci mezz'ora la settimana, figuriamoci smettere di fare il suo lavoro commerciale o tecnico per parecchie settimane per permetterci di lanciare il sito.

Fondamentale organizzarsi
Forse è proprio in quest'area che ci sono i problemi maggiori: rendersi conto che per fare un sito (o un'attività sui Social o un blog... questi sono ancora peggio) bisogna ragionare in termini di una redazione, magari anche part time, ma che abbia un piano editoriale (definire, l'abbiamo già detto, ogni giorno/settimana o mese cosa pubblicare, per potersi organizzare per farlo) e abbia un'allocazione di tempo e risorse, in modo da poter sposare il loro lavoro primario con quello di occuparsi anche dei contenuti aziendali.

Meglio niente, che male
Naturalmente, forse non sarebbe nemmeno il caso di citarlo, il caso peggiore di tutti e quando ci mettiamo in Rete senza contenuti.

Non sappiamo cosa dire, ma facciamo un sito per dirlo lo stesso.
Allora, piuttosto che far tanto e male, conviene limitarsi all'essenziale.

Meglio così riempire il vuoto con notizie inutili, dati vecchi, presentazioni poco coerenti.




giovedì, luglio 26, 2012

Un pianoforte che suona via Twitter


Mi piacciono molto quei progetti che interfacciano la realtà con il virtuale, che permettono di comandare da Internet oggetti e device nel mondo reale.

In questo caso, un pianoforte. Il primo pianoforte interattivo.
Si manda un tweet, richiedendo una canzone, una in particolare o un pezzo di una band che si ama. E il pianoforte, piazzato in un evento, suona da solo ciò che desideriamo.

Guardatevi il video qui sotto e per approfondimenti, guardate qui: http://stanleypiano.com/


@StanleyPiano, the world’s first interactive player piano, makes his worldwide debut at Seattle’s Capitol Hill Block Party. Stanley is a precocious instrument who takes song requests via Twitter. Stanley can play a lot of songs, but he loves indie music. He even went out of his way to learn a song for each of the bands playing at the Block Party. Stanley bares all as his moving parts (gears, bellows, hammers, valves) visibly work as the keys press themselves.
To make a request or chat with Stanley during the Block Party (July 20-22), simply tweet your song or message to @StanleyPiano. Fans will be notified when their song is up next and view the full list Block Party songs at stanleypiano.com. Stanley is very chatty, so all song requests are welcome. Ask him to play Freebird and see what happens.
Block Party attendees can meet Stanley in person in the parking lot on Pike Street between Poquito’s and Havana Social Club.


lunedì, settembre 19, 2011

Il sogno lunare (infranto?) di Domino Pizza - e la centralità della strategia.

Troppo spesso ci concentriamo (solo?) sul come comunichiamo.
Quale tool, quale trovata, qual tecnologia.

L'essenza della comunicazione è la strategia - il trovare "cosa" dire, qual'è il punto che vogliamo fare, la posizione che vogliamo occupare.

C'è chi obietta che i creativi (o certi creativi) riescono a farlo bene senza strategia. Io rispondo - per averlo visto - che creativi bravi possono farlo senza strateghi ;-) perché sono bravi a costruire da soli strategie che portano alla creatività, in modo formale o istintivamente. Al punto che se gli dici che hanno fatto della strategia alcuni si offendono e dicono che hanno fatto della eccellente creatività che non ha bisogno di strategie :-) 

Sulle diatribe e rivalità tra strategic planner e creativi, strateghi ed account si potrebbero scrivere volumi, specialmente in quei luoghi d'intrighi che sono le agenzie di adv (e specialmente in tutte quelle dove i risultati per il cliente sono al fondo della gerarchia degli obiettivi per coloro che ci lavorano, troppo impegnati a battagliare per il potere sulla tolda di una nave che sta comunque affondando).

Piccole beghe d'agenzia a parte, importa soprattutto ragionare sulla "brand story", la storia che vogliamo raccontare, il sogno che vogliamo condividere.

In quest'ambito mi piace molto l'idea di Domino Pizza Japan.

Ragionare, seriamente ( o almeno presentandolo in modo molto serio ;-) sul progetto di aprire un Punto Vendita sulla Luna. Aprire un ristorante lunare* che rifornisca di pizza astronauti e scienziati - un temporary shop, comunque, limitato a soli 12 mesi. Per un costo di 21 Miliardi di dollari ;-)

Guardatevi il video che vede il capo di Domino Pizza Japan presentare il progetto.

Un sogno, on obiettivo, una storia che definisce la marca, che "ingaggerebbe" il pubblico... chiaro, facile parlare di preminenza dell'idea rispetto alle technicalities quando si ha un budget di 21 miliardi di dollari. Ma la lezione è sempre valida. Se non c'è un'idea c'è solo una paginetta di Facebook su cui nessuno interagisce.

Anche se, però...
Poi al momento dell'annuncio, qualcuno (io per esempio) è andato a vedersi quanto fattura Domino Pizza. 21 miliardi di Dollari significherebbe investire, per creare la base lunare, una cifra pari a quindici anni almeno di fatturato ( o 55 anni di profitti) US.
E qui si sente odore di pizza bruciata :-) o di stunt marketing.

Com poca sorpresa quindi, se andate oggi sul sito http://moon.dominos.jp/ , a una quindicina di giorni dall'annuncio del progetto lunare, troverete un video diverso. in cui il boss annuncia che il progetto è spostato a data da definirsi etc etc... ;-) visto anche che il prezzo al pubblico di una pizza sulla Luna sarebbe stato superiore ai 214 milioni di Yen.

Potete ancora deliziarvi con il sito lunare originario a questo indirizzo (suggerimento: il menu compare portando il mouse sul lato sinistro sullo schermo, su alcuni computer è talmente nascosto da essere praticamente invisibile). 

Dateci un'occhio, ci sono alcuni spunti interessanti di comunicazione :-) compresi i progetti per lo sviluppo di uno scooter spaziale con cui poter fare le consegne a domicilio sulla Luna ;-) e i vari schizzi di come sarebbe la base Domino ...(LOL)

*Da notare che non si tratterebbe di un record di consegna spaziale: infatti già nel 2001 Pizza Hut ha consegnato sei pizze ai cosmonauti della ISS (Stazione Spaziale Internazionale). 

martedì, marzo 22, 2011

Ho amici a bordo? Con Malaysia e FB lo so :-)

A venderti biglietti online sono capaci tutti.
Così Malaysia Airlines ha pensato bene di sviluppare un servizio diverso.

Quando compro il biglietto (o dopo) posso vedere se su quel volo ci sono miei amici di Facebook, dove sono seduti e se c'è posto vicino a loro.

Al di là che questo servizio è un ottimo incentivo a sfrondare la schiera di contatti che abbiamo su Facebook, può però essere comodo anche per organizzarsi un po' di vita sociale nella città di arrivo.

Il servizio si chiama MHBuddy, e qui c'è la relativa pagina Facebook.

E qui sotto c'è il video - una delle *cose più orribili* postate da un'azienda in Rete... :-S


giovedì, dicembre 02, 2010

Da KLM con Foursquare: ti studio per sorprenderti con un regalo

Ammettiamolo: molta parte, se non tutta, dell'efficacia dell'unconventional si basa tendenzialmente sulla sorpresa.
Se però riusciamo ad aggiungerci il "care", la personalizzazione, la relazione non guasta di certo.

L'operazione di KLM è molto costosa (procapite) e genera un forte impatto sui fortunati partecipanti che, sorpresi, diffondono il verbo…

L'idea è (stata) che quando i passeggeri di KLM fanno check-in su Foursquare ad una delle "location" della compagnia aerea, il Social Team aziendale inizia a raccogliere informazioni sulla persona, attraverso  i suoi messaggi, profili, tracce sui Social Media. Lo studia e lo capisce.

Questa conoscenza si trasforma in un regalo a sorpresa per la persona (una bottiglia di champagne, un computer, un orologio…una guida turistica del luogo che si sta andando a visitare…)

L'operazione è parte di un progetto di marketing e comunicazione più ampio, con Twitter, Facebook e via discorrendo.

Per approfondimenti cliccate qui 

PS: !! l'avessi scoperto prima... domenica ero all'aeroporto di Amsterdam e proprio non ci ho pensato a fare il checkin... :-(