Tryvertising, implicazioni per le aziende
Un’operazione complessa e frammentata come il Tryvertising implica, dal punto di vista dell’azienda, un impegno a sviluppare un marketing mix sempre più su misura per i nostri target (spesso sempre più piccoli e specialistici).
E una volta sviluppato il package prodotto/marca/comunicazione, portarlo nelle mani dei consumatori più influential e più vocali, contando sulla forza della nostra offerta (e della nostra persuasione) per farli innamorare del nostro prodotto. Di qui, auspicabilmente, l’inizio di un rapporto affettivo e di entusiasmo – un amore che si faccia rumoroso, usando i canali virali.
Gli esempi di user innamorati che osannano un prodotto già oggi non mancano – basterà farsi un giro su tribe.net, su ciao.com o su uno dei mille siti che aggregano comunità; su blog di successo e mailing list per incontrare esempi di prodotti idolatrati o di aziende crocefisse di fronte a migliaia di potential users.
Lo sforzo importante per rendere il tryvertising una disciplina funzionale (e non una semplice ridenominazione del sampling) passa attraverso la costruzione di una serie di regole strategiche che possano rendere efficace questo strumento.
Riflessione 1: Pensare strategicamente. Il tryvertising deve essere visto come una operazione strategica – quindi su cui si investe in pensiero, in ricerca, in analisi del target, in creatività. Per trovare soluzioni che non siano banali, episodiche o casuali.
Riflessione 2: Tutti i prodotti sono ”buoni”, sono le emozioni che li differenziano. Se cerchialo il successo attraverso un sampling basato sulle funzionalità del prodotto, dobbiamo avere un prodotto dalle performance miracolose. L’obiettivo deve essere (invece) la costruzione di relazione emotiva ed affettiva tra azienda e persone.
Fermo una persona per la strada, le regalo un campione di caffé. Questa poi lo prova, lo trova buono ma nulla di più. So what. Davvero otterrò una conversione al prodotto o che si impegni a far proseliti fra le sue amiche?
Diverso darle appuntamento per assaggiare il mio caffé in un locale carino, portandosi dietro il fidanzato ed offrendole un mazzo di fiori (c’è poco da ridere: un fast food americano è riuscito a riattivare una serie di ex clienti invitandoli per San Valentino ad una cena romantica a lume di candela nel locale… contando sul fatto che per molti clienti, in un’età giovanile, quello era proprio il luogo dove era iniziata o si era sviluppata la loro storia d’amore…)
Se riesco a trasformare l’occasione di “assaggio” in un momento che possa emozionare il mio potenziale cliente e che lo faccia sentire coccolato e stimato, potrò iniziare a costruire un vincolo emotivo che cambierà la relazione da “consumatore <-> prodotto” a “persona <–> azienda che mi vuole bene e a cui voglio bene”
Riflessione 4. Quindi…gratificare il ricevente. A tutti piace sentirsi speciali. Sentirsi riconosciuti come parte di un’elite da parte dell’azienda può fortemente modificare la percezione.
Ricevere 20 centilitri di ammorbidente non mi gratifica. Ricevere una versione fuori commercio, personalizzata, riservata solo a “noi eletti” del tuo prodotto… mi fa sentire un cliente di riguardo.
Ricevere un campione dall’evidente valore di qualche centesimo a volte mi irrita. Ricevere un oggetto il cui retail value sia invece significativo (ma che, sul mercato dell’oggettistica promozionale, si può ottenere a prezzi infinitamente inferiori) mi lascia piacevolmente sorpreso.
Darmi la possibilità di esprimere il mio parere, di contribuire allo sviluppo del prodotto e alla crescita dell’azienda può farmi sentire parte di quell’azienda. E quindi dalla loro parte. A condizione che mi raccontino cosa hanno fatto del mio input…
Riflessione 5. Contestualizzazione. Il tryvertising deve essere allineato e funzionale al contesto. Un campione di shampoo dato in metropolitana ha poco impatto. Un budino pronto (se buono!) offerto a fine pasto in un ristorante, un altro.