Non so se voi i giornali li leggete ancora. O se guardate ancora la TV (quella vera, non quella streaming che ancora ci da' il brivido di essere avanguardisti tecnologici).
Grazie a Dio, (per loro) i media tradizionali continuano a giocare il loro ruolo e a fatturare (con fatica) i loro fatturati. Di certo un po' di riassestamenti e di fenomeni nuovi il mercato li ha dovuti assorbire e non tutti ne sono usciti bene.
(...)
I media on line hanno prima fatto sorridere i media tradizionali, poi li hanno fatto spaventare, poi hanno fatto loro perdere un sacco di soldi...ma in sostanza possiamo affermare che l'online ha guadagnato nicchie di mercato ma (nel breve) non ha spaccato più di tanto i famigerati paradigmi.
In questo, la necessità di far quadrare i conti non ha aiutato: dopo un lungo periodo dove far tornare i costi con i fatturati non solo sembrava marginale ma era quasi considerata un'eresia contabile, l'ala controrivoluzionaria ha effettuato un colpo di mano e adesso tutti cercano di arrivare con una bottom line possibilmente in zona pareggio.
E' così assistiamo a numerosi tentativi di implementare modelli di business pay per content (...)
Potremmo giocare a fare i sensazionalisti ed affermare che tra i vincitori del mediascape che verrà troveremo (alcuni) media di carta - grazie alla loro gratuità, mentre (alcuni) media on line soffriranno per via del fatto che saranno a pagamento. (No ferma, scusate un attimo, ma qualche tempo fa non dicevamo esattamente il contrario?)
Quel che è certo è che siamo in momento di cattiva congiuntura economica e di incertezza su quanto ci riserva il futuro. Ci domandiamo di guerre, pestilenze, terremoti ed asteroidi... ma anche (più prosaicamente ma molto più fortemente) di cassa integrazione, di mancati aumenti e gratifiche natalizie, di figli laureati in lettere che quando mai troveranno un lavoro men che precario.
In momenti di questo genere la voglia di fare innovazione e di fare nuova imprenditoria si trovano di fronte ad un clima di depressione e ad un grigiore dove tutto sembra troppo difficile, tutto sembra troppo in salita per poter riuscire e per poter trovare la voglia di provarci davvero. (...).
Quella innovazione che c'è deriva dagli inevitabili tentativi delle aziende di rivitalizzare i propri mercati o di rosicchiare quote più ampie per contrastare cadute in valore assoluto dei propri mercati. Un’innovazione per così dire obbligata.. ma che non viene dal cuore o dall'entusiasmo. Un’innovazione perbenino, che possa, secondo gli analisti e gli strateghi delle aziende, essere abbastanza avanti da far girare il prodotto ma non troppo avanti da spaventare il mercato.
(...)
Io, ammetto, ho po' di nostalgia per i tempi in cui ogni giorno almeno 10 titoli ci annunciavano la rivoluzione prossima ventura, la rivelazione che non un tornado ma il Web ci aveva magicamente portato nella terra di Oz.
D'altra parte non si può negare che sia meglio così: con un po' di silenzio si lavora meglio. Ed in silenzio di cose ne stanno capitando, forse più dal punto di vista della tecnologia che delle operazioni di business, più sulle ottimizzazioni che sulle innovazioni.
Zitto zitto il CRM sta lentamente e faticosamente affilando le sue armi per un botto di mercato nei prossimi 5 anni. Faticosamente perché c'è ancora collettivamente molto da fare, capire e imparare, per non parlare dell'ottimizzazione di software e servizi. Lentamente perché il CRM è complesso e duro da far accettare alle strutture.
Aggiungerei però anche l'avverbio "inevitabilmente": in mercati sempre più competitivi (e che non crescono) le aziende sono sotto fortissima pressione per trovare nuovi strumenti per darsi battaglia e vincere i competitor. e tornando a tirare in ballo i media, gli strumenti della comunicazione tradizionale - fortissimi a fare branding - presentano però sintomi di usura e di assuefazione da parte delle audience rispetto ai messaggi comunicazionali ed hanno limiti intrinseci rispetto al creare vendite e a fare fidelizzazione.
Sono queste aree in cui il marketing diretto e le operazioni di relationship sono invece molto più potenti. Aggiungete che finalmente le aziende stanno iniziando a capire che di New Business si può anche morire (a fare tanti nuovi clienti si perdono molti più soldi che a tenersi stretti i clienti esistenti) e capirete come tutto ciò che è capace di fare (bene) Customer Retention si trova davanti un audience molto attenta e relativamente pronta a metter mano al portafoglio.
Nemmeno possiamo aspettarci notizie sensazionali sul fronte del lancio di nuovi siti: di iniziative imprenditoriali innovative non è facile al momento parlare. Ma, d'altra parte, quello che vedo quotidianamente nel mio lavoro è una evoluzione nella percezione e nella considerazione di ciò che Internet ed il web sono per le aziende.
Si è ormai largamente esaurita la fase in cui Internet era un approccio radicale e destabilizzante al marketing; siamo ormai entrati in una fase in cui Internet è una iniziativa mainstream per le aziende "serie" (indipendentemente dalle dimensioni), in cui avere una presenza ed una attività di marketing in rete e... come dire, "normale", ed il normale non fa notizia. Non fa notizia sui giornali avere un piano di marketing, non ne parla il TG5 se fate un’attività di direct mailing o una raccolta punti, non si vede perché i media dovrebbero mettere in rilievo che anche voi fate quello che tantissime aziende fanno: usare la Rete come uno dei tanti strumenti "normali" impiegati per fare marketing e comunicazione.
Lo so, lo so, pare strano accoppiare "normale" ad Internet. Ne discutevo con un cliente proprio l'altro giorno. Questa azienda (così come molte altre che conosco) fa fatica a considerare Internet "normale", tale e tanto è lo sforzo che ancora fanno per far girare decentemente il sito, per sistemare i processi che gestiscono l'aggiornamento, per integrare flussi e processi che colleghino la componente Internet ai processi di comunicazione e business dell'azienda.
Per dirla in parole povere (e non è la prima volta che lo dico), Internet resta ancora per molte aziende un gran casino da tenere in piedi. E si fa fatica a trovare le buone idee per i siti,. E si fa fatica a trovare i nuovi modi di comunicare. E si fa fatica a identificare le forme più corrette ed efficaci di parlare con/agli utenti attraverso la rete, di veicolare emozioni sui propri prodotti, di rendere al contempo appetibile ed usabile la propria informazione. E “casino” (if you pardon my french) è decisamente antitetico ( o antinomico?) a "normale".
Difficile anche trovare modi nuovi di fare pubblicità "tradizionale", di sviluppare messaggi che buchino lo schermo e catturino l'attenzione, disperato il tentativo di gestire i processi in modo che non si debbano fare nottate di panico per completare in tempo le bozze del catalogo o del depliant; difficile per chi segue advertising e comunicazione evitare che il tasso di casino all'interno del progetto resti mediamente sotto il livello di esondazione.
Il panico, il mal di testa, l'ansia, la fretta, il non saper che pesci pigliare o come metterci una toppa, il non capire, l'inveire contro i fornitori e le agenzie... tutti stati d'animo ed azioni comuni sia a chi si occupa di online che a chi si occupa di offline.
Il casino è dunque “normale”, uno stato dell’animo e dell’organizzazione profondamente connaturato ed intrinseco al mondo della comunicazione (e non solo a quello).
E “normale”, sempre di più, è l'uso di Internet da parte degli utenti. Normale è documentarsi sul sito prima di acquistare (normalmente off line). Normale guardare i viaggi on line. Normale scaricarsi gli aggiornamenti di software. Normale considerare Internet come una cosa normale.
E dunque dobbiamo rassegnarci alla normalità, anche se a nessuno piace perdere il glamour di una attività ancora sperimentale, rivoluzionaria, iniziatica. Affrontare Internet come componente normale nella nostra azienda, affrontare l'azienda per cui facciamo Internet come un consulente "normale" normalmente l'affronta. (...)
Dobbiamo rassegnarci ad inserire Internet all'interno dei nostri processi e delle nostre scadenze, lavorando in modo programmato e non per botte di panico ed emergenze (ad onor del vero sono anni che si cerca i far così per il tradizionalissimo advertising... e da decenni si continua a procedere per emergenze spegnendo incendi invece di programmare – evidentemente Comunicazione e Project Management hanno tratti di incompatibilità…).
Dobbiamo adattarci a darci un’organizzazione ed un budget, dobbiamo abituarci a guardare dentro i nostri progetti definendo obiettivi, sviluppando strategie, misurando i risultati ed analizzando gli scostamenti. Nulla di particolarmente divertente, nulla di glamorous, nulla che ci porti sulle prime pagine dei giornali.
(...)
Nessun commento:
Posta un commento