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giovedì, giugno 26, 2014

Strategia e Fretta: 10 suggerimenti per cavarsela.


Viviamo, senza dubbio, nell’era della fretta. Dove, per quello che ci riguarda più da vicino, i tempi per sviluppare i lavori sono diventati lontanissimi da quelli che una volta ci venivano concessi.

Da un lato la rapidità dei mercati, l’apertura alle conversazioni, la totale liquidità delle interazioni giustifica il desiderio di  contrarre il time to market per essere più performanti.

Dall’altro, ci si trova al limite, in processi come quello dello sviluppo della strategia, che non possono adottare soluzioni di automazione o di recupero di efficienza tipici di altri ambiti lavorativi.

In sostanza, se serve una strategia, serve qualcuno che ci pensi. E oggi serve che ci pensi più in fretta. Riuscendo comunque a produrre risultati di qualità - perché da una strategia approssimata, non pensata, molto difficilmente usciranno risultati che porteranno valore alla marca.

Dovendo comunque essere pragmatici, condivido con voi alcune cose che ho imparato nella mia esperienza quotidiana, e che si sono (per me) rivelate molto utili. E che sono anche un approfondimento al capitolo relativo del nostro manuale di Strategia Digitale.

Ecco i miei 10 punti:

1. Abituarsi a pensare. Banale? No, specialmente se il lavoro di sviluppo strategico non è una cosa che fate tutti i giorni, se siete agli inizi o volete entrare in questo mondo. Se non avete un brief su cui lavorare, datevelo. 

Abituarsi a ragionare mentre si è in metropolitana, nei tempi interstiziali, a cosa si farebbe per una certa marca, o come si sarebbe invece fatta una certa pubblicità è un buon allenamento per il cervello. Più si pensa, più si impara a pensare in fretta

2. Chiedere un buon brief. “Faccia lei”, specialmente se non si conosce la marca, il prodotto, il suo mercato, i suoi consumatori è la ricetta per il disastro. Almeno provarci, chiedere uno straccio di brief se non c'è, un brief migliore (specificando su quali aree va migliorato) se è insufficiente o inutile. 

Meno informazioni ci da' l'azienda, meno sono chiari obiettivi e desiderata più tempo si perde per sviluppare una strategia che stia in piedi. Di questo il committente deve essere reso consapevole: Trash in, trash out.

Se non si può avere un brief formale, almeno una conversazione. E qui la ricetta per il segreto è essere capaci di fare delle buone domande; chi abbiamo davanti se non è un esperto di comunicazione, a volte non sa di essere seduto su informazioni che per noi potrebbero essere preziose e scatenare idee forti

3. Conoscere il target. Banale? in pratica no. Occorre immergersi nella sua cultura. Leggere quello che legge, frequentare le pagine Facebook che frequenta, guardare la TV che guarda. Spesso il target è diverso da noi ed è un peccato mortale presumere di conoscerlo, di capirlo. 

Occorre entrare nei suoi panni, per quanto poco ci piacciano. Ascoltandoli, parlando con loro ci si chiariscono, spesso magicamente, le idee. Soprattutto saper riconoscere i casi in cui noi non siamo il target. E quindi pensiamo diverso, anzi sbagliato.

4. Tenere occhi e orecchie aperte. Se siamo esposti a un brief (ne sono convinto) sotto sotto il nostro cervello continua a lavorarci anche quando non ci pensiamo. Io spesso cammino, per pensare. E mi guardo attorno. Molto spesso uno spunto, una pubblicità, una vetrina, una persona vista per strada mi hanno messo in moto idee laterali, hanno dato modo al lavorio sotterraneo di emergere e di cristallizzarsi in un pensiero strategico.

5. Cercate il confronto. Con qualcuno. Moglie, collega, amico... raccontare ciò che si ha in testa aiuta a mettere ordine. Ricevere sputni (anche se orrendamente sbagliati) può mettere in moto ragionamenti che altrimenti non sarebbero arrivati.

6. Tagliare la burocrazia. Più è piccolo il team che se ne occupa, più in fretta si svolge il processo. Anche se lavorare da soli (vedi punto 6) spesso è abbastanza sterile.

7. Non innamorarsi delle idee. Una buona idea che ci eccita la notte, il mattino dopo può rivelarsi un’illusione e la sua bellezza svanire con le nebbie del mattino. Check for negatives, cercare di capire quali sono i punti deboli, i pericoli. E cercare modo per risolverli. 

Se non siamo certi, meglio trovare un’altra idea, in fretta, piuttosto che incaponirsi nel volerla salvare a tutti i costi. Qui il confronto di cui al punto 6 può essere prezioso.

8. Non cercare la perfezione. Se non c’è tempo, good enough is good enough. Non è bello, ma il pragmatismo devce essere un valore assoluto. Il meglio è spesso nemico del bene. E se le risorse a disposizione (soldi, tempo...) non sono ottimali, ci si deve purtroppo accontentare di un risultato che non è perfetto. Ma che deve essere meglio di niente o di una soluzione sbagliata.

9. Vendere al cliente il più presto possibile. Se il cliente è intelligente e collaborativo, coinvolgerlo nel processo con presentazioni intermedie. Altrimenti si arriva alla fine con una presentazione bella leccata, il cliente sega l’idea... ed è finito il tempo.

10. Ricordarsi che la strategia non è un’idea. Execution is strategy. Occorre un’idea centrale ma occorre anche capire come scaricare a terra, come rendere reale un sogno, cosa fare in pratica. 

Ciò che più spesso uccide le strategie in presentazione (a parte l’incapacità del cliente di capirci, la paura di fare qualcosa di innovativo, l’evidente superficialità della nostra strategia o il non aver capito il brief... ) è che si presenta una bella idea di massima, un sogno, un’emozione... ma non si vede il modo di renderla un’operazione concreta di marketing e comunicazione.

I professionisti della strategia, che fanno questo per mestiere, queste cose le sanno. Dato che però oggi viene chiesto a tutti di fare strategia, spesso non si riconoscono le professionalità, ci si affida a persone senza esperienza e senza competenze consolidate, il problema tipico è la perdita di tempo insita nel dover affrontare lavori che non sono il proprio core business. Un elettricista probabilmente riesce a sostituire un rubinetto... ma ci metterà molto più tempo di un idraulico :-) 

E oggi, in comunicazione, tutti dovrebbero essere in grado comunque di pensare in termini strategici; i tempi dell'ideona fine a se' stessa sono abbastanza finiti.
Spero serva. 

Per approfondimenti su questo tema e, più in generale sul come si sviluppa una strategia digitale, non posso non ricordarvi “Strategia Digitale”, il libro che ho scritto con Giuliana Laurita. Un manuale pratico. Che potete, se volete, comprare qui :-)
Strategia digitale: Il manuale per comunicare in modo efficace su internet e i Social Media (Web & marketing 2.0)

mercoledì, aprile 23, 2014

Da leggere: 5 principi per una marca di successo

Vi segnalo questa presentazione (agile e ben fatta) che fa il punto sulle marche oggi, in un mondo dove impazza il passa parola e si è interessati a ciò che le marche fanno più che a quello che dicono.

Racconta anche i 5 principi di fondo per una marca di successo (e sono abbastanza d'accordo, anche se volendo, alle 42 slide della presentazione, se ne potrebbero aggiungere altre 420, ma è un buon inizio):

1. Dare Valore
2. Creare Partecipazione
3. User First Design
4. Ispirare condivisione
5. Essere compagni di viaggio, non ostacoli sulla strada

Interessanti anche le case history.

Insomma, se siete un digital planner o vi occupate di strategia, a questa un'occhiata la dovete dare.

Eccola:



martedì, luglio 26, 2011

Il blog aziendale: le decisioni che bisogna prendere prima dello start up.


Vi segnalo, se la cosa vi può interessare, che è uscita una nuova puntata del mio corso di web marketing per le PMI, ospitata sul sito di Eurogroup.

In questa puntata (la prima di tre sul tema) si discute di quali siano alcune tra le principali decisioni da prendere quando si pensa ad aprire un blog aziendale. Ovviamente, le decisioni sono migliaia, quindi ho fatto una dura sintesi di quelle che mi sembrano le principali… ma caso per caso potrebbero variare, quindi usate la checklist con buon senso e come base per un vostro lavoro di ragionamento e sviluppo (ed eventualmente, se vi va, condividete il vostro pensiero).

Potete leggere la prima parte della checklist a questo indirizzo.

A proposito di Eurogroup (permettetemi, ogni tanto, di parlare dello sponsor del mio corso ;-):

Il marchio Eurogroup, attraverso i servizi di garanzia al credito di Eurofidi e le attività di consulenza aziendale di Eurocons, identifica un’offerta estesa e integrata di prodotti rivolti allo sviluppo delle piccole e medie imprese.

Due società, una pluralità di servizi 
I campi operativi di Eurogroup sono presidiati da due società: Eurofidi per quanto riguarda i servizi di garanzia al credito; Eurocons per le attività di consulenza aziendale.

Obiettivo di Eurofidi, società consortile di garanzia collettiva fidi per azioni, è assicurare alle piccole e medie imprese un più ampio accesso al credito attraverso la concessione di garanzie. Per dimensioni, struttura e capacità di intervento, è tra le più grandi realtà di garanzia europee e rappresenta uno dei maggiori Confidi in Italia. In favore delle sue imprese socie, il sistema bancario ha complessivamente erogato finanziamenti per 6,6 miliardi di euro, (quasi 3 miliardi solamente nel 2010), con più di 3,7 miliardi di euro di garanzie rilasciate (1,6 miliardi nell’arco dello scorso anno).

Eurocons, società consortile per la consulenza aziendale a responsabilità limitata, è una consulting per le Pmi, alle quali fornisce servizi ad alto valore aggiunto. Operativa dal 1994 con lo scopo di aiutare le imprese a sfruttare le agevolazioni finanziarie previste dalle leggi regionali, nazionali e comunitarie, negli anni successivi ha incrementato la sua gamma di attività. Oggi le principali aree sulla quali opera sono: finanza agevolata e internazionalizzazione, consulenza gestionale , sistemi per la qualità, finanza straordinaria. 

Eurocons offre inoltre due specifiche attività di consulenza nel campo del risparmio energetico e dell’uso di fonti rinnovabili (con il prodotto “Energia") e della sicurezza in azienda (con il servizio “Sicurezza"). 


SI RIVOLGONO A EUROFIDI E A EUROCONS LE AZIENDE CHE:
▪ Vogliono ampliare la loro capacità di credito
▪ Cercano agevolazioni e contributi per finanziare i loro investimenti e vogliono sviluppare il loro business 
sui mercati esteri
▪ Desiderano un'analisi economico-finanziaria sulle loro imprese
▪ Perseguono politiche di qualità
▪ Credono nelle energie alternative (solare, fotovoltaico, ecc.)
▪ Necessitano di una consulenza specialistica su aspetti aziendali che impattano sul conto economico, sulla crescita e sulla stessa sopravvivenza di un’impresa

venerdì, luglio 22, 2011

In un’azienda dove l’uso dei Social è obbligatorio, come regolare eccessi e ingenuità?


La BBC, da tempo attenta al mondo Internet, sta facendo dure riflessioni su Social Media e dipendenti.

E d'altra parte non va dimenticato che il Direttore delle Global News, all’atto del suo insediamento, l’anno scorso, ha sostanzialmente chiesto ai giornalisti di utilizzare i social o di essere così cortesi di andarsene a lavorare da un’altra parte; asserendo che non essendo i Social una moda passeggera, i giornalisti non fanno il proprio lavoro se non li sanno usare. E quindi l’uso dei Social non è discrezionale, ma obbligatorio, in azienda”.

Ne parlo nel mio nuovo articolo per Apogeo, che potete leggere qui.