Ci sono alcuni casi estremamente interessanti, ve li metto per primi:
Un blog di Comunicazione, Internet Marketing, Social Media, PR Digitali. Approfondimenti sul Manuale di Strategia Digitale.
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sabato, dicembre 26, 2015
Riassunto settimanale dei miei blog
Come di consueto, ecco di cosa ho parlato ultimamente (magari serve). Così approfittate delle ferie per recuperare :-)
Ci sono alcuni casi estremamente interessanti, ve li metto per primi:
Ci sono alcuni casi estremamente interessanti, ve li metto per primi:
martedì, ottobre 27, 2015
E' un attimo passare da lovemark a hatemark... (che palle gli Epic Fail) #StrategiaDigitale

Nel nostro mondo dei social e delle conversazioni, dove secondo Eco abbiamo dato voce a troppi imbecilli, c'è forse una sola cosa chiara: fai un errore e ti salteranno alla gola.
Sbaglia un prodotto, una risposta, e il popolo chiederà la tua testa su una picca, come in Trono di Spade.
Se ti si alluviona l'azienda, certo, si mobiliteranno per comprare la tua pasta e salvare i posti di lavoro; ma se il management dell'azienda canna un'interazione, lo stesso popolo si scaglierà chiedendo l' espulsione del colpevole o addirittura la chiusura dell'azienda (e il conseguente licenziamento di persone incolpevoli).
Un battibecco fra due persone andrà in Trending Topic perché letto come un attacco imperdonabile a tutto il "popolo della rete".
Uno scivolone diventerà a priori un Epic Fail (che, diciamocelo, hanno un po' stancato, quanto meno è ora di inventarsi un nome nuovo per la stessa roba, che almeno è un po' più fresco).
Che, intendiamoci bene, secondo me ci sta. Se un'azienda sbaglia o prende coscientemente posizioni intollerabili, se dimostra di non aver capito come funziona il marketing, il rapporto con le persone, il business.. o anche solo il rispetto e la buona educazione va duramente cazziata.
Una bella crisi spesso è molto educativa. Per chi la soffre e per le altre aziende che guardano.
Ma se siamo di fronte a un vero e proprio infortunio (e chi non fa errori o ha una botta di sfiga, o gli scappa un "qual'è" ?) per favore, facciamo che si invoca la clausola della "Puttanata Manifesta" e si va avanti.
Hai voluto instaurare relazioni emotive? E mo' pedala.
Parte grossa del problema è stata questa mania delle aziende di voler instaurare relazioni emotive con il proprio pubblico. Di creare un affettività tra persone e marca. Per qualcuna di voler diventare quella roba strana che si chiama Lovemark (spesso non facendo nulla di concreto per diventarlo, beninteso).
Il problema è che non è facile per una marca diventare un lovemark e, soprattutto, restarci - specialmente se i basics di business non sono a posto e se la nostra dichiarazione/richiesta d'amore si deve confrontare con una scarsa concretezza nel delivery.
Costruire affettività, relazione è una strategia potente, che permette di uscire dalla battaglia per il prezzo - specialmente ora che i consumi sembrano timidamente voler ripartire... ma si è instaurata un'abitudine a una maggior frugalità.
Ma c'è un problema: nessuno è più vendicativo di un amante deluso.
Parallelamente, alziamo la barra degli standard: se si sparge la voce che la marca deve corteggiarti, ogni giorno, deve relazionarsi... siamo nei guai seri.
Una marca che si comporta in maniera "tradizionale" è allora vista come sarebbe visto oggi un uomo degli anni '50: rozzo e fuori tempo nei suoi comportamenti.
D'altra parte, una marea di prodotti e marche non hanno le carte in regola per instaurare relazioni affettive. Non c'è il substrato, la performance... e alle persone, non interessa relazionarsi con qualsiasi prodotto e qualsiasi marca.
La marca che amiamo odiare.
D’altra parte abbiamo voluto vestire "d'amore" un rapporto che per noi era, certo, biecamente commerciale. Un gioco pericoloso. Specialmente si rivela che (noi azienda) siamo pronti a proclamarci innamorati dei clienti - a condizione che ci caccino i loro soldi.
Pensavo fosse amore, ma sei solo una peripatetica
Se vi interessa approfondire questi temi, con un grande gesto d'amore nei vostri confronti, ho scritto due libri: Strategia Digitale e Relazioni Pubbliche Digitali. Magari servono.
Nella colonna qui a destra trovate qualche informazione in più, volendo.
"Ci tengo a te. Voglio avere una relazione e una conversazione." Poi si scopre che è una strategia di comunicazione. Che non rispecchia in alcun modo la realtà dell'azienda, che è cinica e razionale.
Ma un conto è trovare un posizionamento, costruire una percezione (ad es. marca con valori artigianali.. poi scopri che è prodotta in un capannone industriale e tu ti aspettavi il Mulino Bianco vicino al fiume...). E un altro conto è fingere. E soprattutto farsi beccare.
Perché tutte le volte in cui si sospetta uno scambio di affetti in cambio di denaro, spuntano inevitabili parallelismi con mestieri di antichissima tradizione.
Di nuovo, la comunicazione non è una coperta sotto cui nascondere la realtà.
La marca deve essere espressione di un'azienda. E non un costrutto astratto, che va in conflitto con la realtà dei fatti. Perché la verità poi finisce per venire a galla e l'amante tradito diventa pericoloso, e ti aggredisce a colpi di #EpicFail.
--- VI VOGLIO BENE E INSERISCO UN MESSAGGIO PROMOZIONALE, PERCHE' VOGLIO AVERE UNA RELAZIONE AFFETTIVA COI VOI------

Nella colonna qui a destra trovate qualche informazione in più, volendo.
martedì, settembre 22, 2015
Strategia: le Case History vanno bene... ma sono pericolose? #strategiadigitale
Prosegue il ciclo di articoli di approfondimento sulla Strategia Digitale e pensati anche come un servizio, un valore aggiunto per chi ha comprato il libro.
Dopo aver parlato, la settimana scorsa, di come evitare di suicidarsi con gli obiettivi, oggi approfondiamo un tema / diamo degli spunti semplici ma molto importanti su un grande classico: l'uso fuori tema delle Case History.
Aspetto molto delicato per me, dato che il 70% di questo blog è fatto proprio dalla presentazione di casi... :-)
Aspetto molto delicato per me, dato che il 70% di questo blog è fatto proprio dalla presentazione di casi... :-)
Iniziamo dal dire che in inglese è meglio definirle "Case Study" e non "Case History" che tende a voler dire un'altra cosa...
Proseguiamo dicendo che, come scritto nel libro, occorre "evitare di copiare dalle case history e usare con cautela ciò che si è appreso dal passato: le situazioni cambiano e ogni strategia va studiata su misura."
In effetti una Case History (di marketing, comunicazione, o qualsiasi altro tema) è semplicemente il racconto di come:
- una certa azienda (diversa da noi per mercato e/o cultura e/o situazione...)
- con una certa marca (con livelli di awareness e/o valori di marca e/o attrattività, innamoramento dei consumatori... sicuramente diversi dai nostri...)
- in un certo settore merceologico (diverso dal nostro?)
- in un certo contesto (scenario concorrenziale, situazione economica, stadio di maturità del mercato, periodo...)
- in una certa nazione (la nostra?)
- con certi obiettivi (improbabile siano esattamente sovrapponibili ai nostri...)
- ha affrontato un certo problema (simile ai nostri?)
- ha avuto una certa idea e la messa in opera (per noi possibile?)
- lavorando su un certo gruppo di consumatori (simili ai nostri? o totalmente differenti?)
- ha ottenuto certi risultati (generalmente positivi, dato che l'insuccesso viene sepolto sotto tonnellate di sabbia)
Tenendo inoltre presente che :
- in genere le case history creative sono documenti, video, realizzati per vincere premi creativi basati sull'originalità dell'idea più che sui risultati (e che quindi i fake ci stanno tutti, tanto per dirne una...)

- è necessario stimare un valore imponderabile per il "Fattore C" (che noi possiamo avere o non avere... Napoleone diceva che avrebbe sempre preferito un generale fortunato a un generale bravo).
Di conseguenza, non c'è nessuna garanzia che noi:
- azienda diversa, con un problema diverso, in un contesto diverso (etc etc)
- facendo quello che l'azienda star della Case History ha fatto
- riusciremo a ottenere gli stessi risultati encomiabili
- o che invece non ci si schianti contro un muro.
- azienda diversa, con un problema diverso, in un contesto diverso (etc etc)
- facendo quello che l'azienda star della Case History ha fatto
- riusciremo a ottenere gli stessi risultati encomiabili
- o che invece non ci si schianti contro un muro.
Per non parlare poi della misurazione dei risultati: certo, la Case può prospettarci una bellissima, divertentissima idea.
Ma ha funzionato? Quanto? (in genere, per non dare un vantaggio alla concorrenza o per "riservatezza", i numeri di business vengono tenuti accuratamente nascosti... o sono considerati da chi ha scritto la Case come irrilevanti, vedi alla voce vincere un premio creativo...)
Ma ha funzionato? Quanto? (in genere, per non dare un vantaggio alla concorrenza o per "riservatezza", i numeri di business vengono tenuti accuratamente nascosti... o sono considerati da chi ha scritto la Case come irrilevanti, vedi alla voce vincere un premio creativo...)
La Case history devono quindi esser maneggiate con cura.
Come strumento di ispirazione, non come roba da copiare.

Come ingrediente nello sviluppo di una soluzione nostra e originale, non per clonare (spesso malamente, e con molti meno soldi e capacità creativa/produttiva) una cosa già fatta da altri (spesso più bravi e coraggiosi) :-)
Stando molto attenti a cosa, concretamente, pragmaticamente definiamo come "successo"...
E qui, concedetemelo, un po' di spottone per il libro.
Destinato a chi arrivano su questo post via Google. E del manuale non sanno nulla.
Magari interessa. Se no chiudete pure, la parte interessante del post è finita da almeno 4 righe.
Strategia Digitale. Il manuale per comunicare in modo efficace su internet e social media
---------- < INIZIO SELF PROMO LIBRO > ------------
E qui, concedetemelo, un po' di spottone per il libro.
Destinato a chi arrivano su questo post via Google. E del manuale non sanno nulla.
Magari interessa. Se no chiudete pure, la parte interessante del post è finita da almeno 4 righe.
Strategia Digitale. Il manuale per comunicare in modo efficace su internet e social media
Abbiamo voluto fare un libro diverso: in mezzo a tanti libri che "spaccano paradigmi", che fanno della gran teoria del futuro, che dicono alle aziende dove sbagliano ma non danno ricette per fare giusto, abbiamo voluto fare un manuale.
Abbiamo cercato di dire quali sono gli step necessari, giorno, dopo giorno, per fare comunicazione sul campo. Mettendoci quella dose di teoria utile e necessaria per capire perché le cose vanno fatte in quel modo.
Il libro è pensato per:
a) chi lavora in azienda e vuole capire come si fa e perché con l'agenzia non riesce a capirsi :-)
b) chi lavora in azienda e ha un capo con cui non riesce a capirsi o per chi lavora in agenzia e ha bisogno di far capire al cliente "come funziona", visto che non è pubblicità :-)
c) chi lavora comunque nel digitale e vuole andare oltre alla mera operatività - capendo come si ragiona in modo strategico (in funzione degli obiettivi) per fare progetti migliori
d) chi vuole iniziare a lavorare nel mondo digitale e vuole affiancare all'indispensabile pratica anche una capacità di pensiero strategico
Dentro ci sono parecchi decenni (combinati) di esperienza di Giuliana e mia. Raccontando ciò che abbiamo visto funzionare sul campo - dato che il digitale l'abbiamo visto nascere e crescere.
Come dice Giuliana nel suo blog:"Mettere ordine nel senso che, se per i singoli pezzi di digitale come il SEO/SEM, le Digital PR, il Social, sono stati scritti fiumi di parole, la parte che viene prima di tutto questo, la strategia digitale, appunto, non è mai stata considerata. O meglio, ciascuno si è costruito il suo modo di procedere, la sua metodologia, sulla base dell’esperienza e dell’esigenza del momento, ma tutto ciò non è mai stato codificato. Ci abbiamo provato noi."
giovedì, gennaio 29, 2015
Da oggi in vendita: Relazioni Pubbliche Digitali
E finalmente è arrivato il giorno.
Relazioni Pubbliche Digitali, il mio secondo libro è ufficialmente in vendita.
E', ovviamente, un libro sulle PR in rete - anzi, cerca anche di definire un po' meglio cosa sono le PR online.
Cerca di delineare di che cosa sono composte, e come si fanno.
Che cosa sono (e non sono) le PR digitali e cosa è lecito aspettarsi (e cosa non dobbiamo attenderci).
Il mio sforzo è stato (ovviamente, essendo un digital planner) di fare non solo un manuale, ma anche un libro di strategia.
Un libro per insegnare e soprattutto stimolare; a pensare in modo strategico, a capire, a fare, a relazionarsi con gli specialisti del settore (e lavorare con loro), per crescere professionalmente.
Quindi parlo di generare contenuti e conversazioni per costruire un’opinione positiva della nostra marca, prodotto o servizio, coinvolgendo influencer e blogger. Di come dare visibilità, rendere notiziabile un evento, un prodotto, una marca.
Ragiono su come ottenere un’esposizione mediatica, entrare nei discorsi delle persone, a sintonizzarsi con loro.
Dedico molto spazio all’importanza della reputazione e come gestirla; all’individuazione di influencer e blogger e le modalità per lavorare con loro (li pago? Non li pago?); parlo di KPI di prevenzione e gestione delle crisi online.
Sempre con casi ed esempi.
Il tutto pensando molto business e zero fuffa: anche nelle PR digitali un’operazione di successo deve combinare strategia e creatività. E qui è la difficoltà maggiore: se è relativamente facile «essere creativi», è maledettamente più complesso farlo in modo funzionale ai risultati del business.
Il libro per ora è disponibile in formato cartaceo, l'ebook è in arrivo a breve :-) (su Egea dovrebbe già essere acquistabile, arriva presto anche negli altri shop)
La scheda del libro e l'ecommerce della casa editrice (Egea)
Lo potete comprare su Hoepli
Lo potete comprare su Amazon
Lo trovate anche su IBS
Qui il link a Mondadori
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