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lunedì, gennaio 25, 2016

PR Non Convenzionali: Far svenire il passeggero, far guidare Indiana - Blue Angels

Tra le attività di supporto al reclutamento dell'aviazione di Marina americana, c'è da decenni la squadriglia acrobatica dei Blue Angels (famosissima).

Diciamo che la squadriglia è una componente portante delle loro Reazioni Pubbliche.

In quasi tutte le esibizioni (e in "experience" ad hoc) la squadriglia riserva da 1 a 3 voli dimostrativi per ospiti importanti.

VIP, Giornalisti - o persone comuni ma speciali (tipicamente persone che hanno un ruolo di ispiratori dei giovani, quindi un po' coinvolgimento di influencer, un po' riconoscimento e ringraziamento del loro lavoro per la comunità...

Btw, la US Navy, la mamma dei Blue Angels, è sensibile al ruolo degli influencer e aveva invitato un gruppone di blogger US a vivere per un giorno la vita di una portaerei....

Insomma, una experience fuori dal comune, per creare buzz e appeal. Un'operazione di PR alle loro PR. 

Ecco due casi, due filmati: uno un po' più datato in cui addirittura il volante viene lasciato a Harrison Ford (che ha una lunga esperienza da pilota e sa quello che fa).

Nell'altra è stata scelta una signorina per il suo ruolo di ispiratrice dei giovani (è una campionessa di dragster, una sportiva).

Questa sviene, a un centro punto, ma è felicissima lo stesso.

By the way, specialmente nel caso della signorina di cui sopra, li vedrete fare cose strane e emettere dei suoni. Si tratta delle "manovre anti G", degli esercizi che respingono il sangue (spinto verso le estremità dalle accellerazioni dell'aeromobile) verso la testa.
In poche parole: o fate così o svenite.

Lo fanno tutti  i piloti di jet veloci. Aiutati da speciali tute che comprimono gambve e addome.. ma di questo magari parliamo in un altro blog.

Ecco i video:





martedì, dicembre 15, 2015

Durissima: chiedere a un uomo di far fare shopping alla fidanzata... ma c'è una birra in mezzo

In qualche modo, a distanza di tempo, Beck's risponde ad Heineken, lavorando sui territori del maschile, identificando insight legati alle nostre paure ancestrali - prima fra tutte accompagnare la fidanzata a fare shopping.

Se questa è, notoriamente, un'attività che i maschi preferiscono evitare o quantomeno ridurre ai minimi termini, la sfida che Beck's ha lanciato in Croazia è stata quella di tener occupata la dolce metà per almeno un'ora (senza che lei sapesse che c'era sotto qualcosa, ovviamente).

La "teoria" dell'esperimento di markleting ha qualcosa a che fare coi benefici per la relazione di un po' di comprensione, del raggiungimento del compromesso, fuffa così. 

La realtà è che si è lavorato sull'avidità.
Il premio in palio, se si riusciva a tenere la fidanza impegnata almeno un'ora era una camionata (beh, dai, un furgoncino con qualche cassa...) di birra.

Il gioco valeva dunque lo sbatti, come direbbe il milanese imbruttito...

Ecco il video di questa case, con i maschi croati che si arrampicano sugli specchi per tenere le sbalordite compagne in negozio a provarsi roba... :



Per un approfondimento sugli stunt di Heineken, ecco un link che vi porterà a miei vecchi ma pur sempre validi post:
http://robertoventurini.blogspot.it/search?q=heineken 

mercoledì, novembre 18, 2015

Le 10 cose migliori che ho scritto recentemente... e che penso dovreste leggere.

Un post di recap, con i 5 post più letti e i 5 post che secondo me dovreste leggere, insomma, premio della critica e premio del pubblico dell'ultimo mese.

Partiamo con i post più visti degli ultimi 30 giorni.

1. Come al solito in testa c'è:

Sky On Demand: non tutti sanno che.... (dal vostro inviato)


Un post del 2012 che dimostra la teoria della coda lunga. Da sempre è stato il mio post più letto (per motivi sbagliati, come potete leggere qui) e che ha ormai totalizzato l'incredible cifra di oltre 85.000 letture.

2. Al secondo posto si classifica:

3. Una meritata medaglia di bronzo per il caso di Coca Cola, uno stunt in un festival della gioventù, combinando packaging, radiotrasmettitori, droni e pirotecnia:

4. Quarto posto per:

un post che racconta delle sperimentazioni di Microsoft per riconoscere i volti ma anche leggerne l'età e le emozioni. Il che, al di là di ovvie applicazioni di security, apre la porta a interessanti (o preoccupanti?) scenari per il marketing e la pubblicità.

5. al quinto posto un caso di comunicazione smart. Per dimostrare visualmente quello che sarebbe difficile dimostrare altrimenti, con grande creatività:


E ora i miei 5 premi personali, ovvero gli altri 5 post recenti che credo dovreste leggere:

A parte che è divertente, interessante idea su un campo spesso banale: il marketing turistico. Legando esplicitamente due fattori ovvi come il benessere sessuale della coppia e il piacere della vacanza con temi alti quali l'interesse nazionale, lo spirito patriottico, l'amore per la propria mamma :-)
Nella categoria "marketing emozionale & lacrimuccia", il solito ambush natalizio e aereo. Ma con un twist in più. Molto classico ma decisamente bellino.

E' un attimo passare da lovemark a hatemark... (che palle gli Epic Fail) 

Un post di strategia potete anche leggerlo ogni tanto :-) Questo parla di come è facile sbagliare e alienarsi l'amore del pubblico... se si scopre che siamo un po' zoccole :-)
Innovazione tecnologica e wow factor, Geek Advertising, ideona.

OK, ho barato, questo ha più di 30 giorni, ma secondo me è interessante, e spiega i pericoli ce si celano dietro alla Case History :-) Usare con cautela & Don't try this at home.

martedì, ottobre 27, 2015

E' un attimo passare da lovemark a hatemark... (che palle gli Epic Fail) #StrategiaDigitale


Nel nostro mondo dei social e delle conversazioni, dove secondo Eco abbiamo dato voce a troppi imbecilli, c'è forse una sola cosa chiara: fai un errore e ti salteranno alla gola.  Sbaglia un prodotto, una risposta, e il popolo chiederà la tua testa su una picca, come in Trono di Spade.

Se ti si alluviona l'azienda, certo, si mobiliteranno per comprare la tua pasta e salvare i posti di lavoro; ma se il management dell'azienda canna un'interazione, lo stesso popolo si scaglierà chiedendo l' espulsione del colpevole o addirittura la chiusura dell'azienda (e il conseguente licenziamento di persone incolpevoli). 

Un battibecco fra due persone andrà in Trending Topic perché letto come un attacco imperdonabile a tutto il "popolo della rete".
Uno scivolone diventerà a priori un Epic Fail (che, diciamocelo, hanno un po' stancato, quanto meno è ora di inventarsi un nome nuovo per la stessa roba, che almeno è un po' più fresco).

Che, intendiamoci bene, secondo me ci sta. Se un'azienda sbaglia o prende coscientemente posizioni intollerabili, se dimostra di non aver capito come funziona il marketing, il rapporto con le persone, il business.. o anche solo il rispetto e la buona educazione va duramente cazziata.
Una bella crisi spesso è molto educativa. Per chi la soffre e per le altre aziende che guardano.


Ma se siamo di fronte a un vero e proprio infortunio (e chi non fa errori o ha una botta di sfiga, o gli scappa un "qual'è" ?) per favore, facciamo che si invoca la clausola della "Puttanata Manifesta" e si va avanti.

Hai voluto instaurare relazioni emotive? E mo' pedala.
Parte grossa del problema è stata questa mania delle aziende di voler instaurare relazioni emotive con il proprio pubblico. Di creare un affettività tra persone e marca. Per qualcuna di voler diventare quella roba strana che si chiama Lovemark (spesso non facendo nulla di concreto per diventarlo, beninteso).

Il problema è che non è facile per una marca diventare un lovemark e, soprattutto, restarci - specialmente se i basics di business non sono a posto e se la nostra dichiarazione/richiesta d'amore si deve confrontare con una scarsa concretezza nel delivery.

Costruire affettività, relazione è una strategia potente, che permette di uscire dalla battaglia per il prezzo - specialmente ora che i consumi sembrano timidamente voler ripartire... ma si è instaurata un'abitudine a una maggior frugalità.
Ma c'è un problema: nessuno è più vendicativo di un amante deluso.



Parallelamente, alziamo la barra degli standard: se si sparge la voce che la marca deve corteggiarti, ogni giorno, deve relazionarsi... siamo nei guai seri.

Una marca che si comporta in maniera "tradizionale" è allora vista come sarebbe visto oggi un uomo degli anni '50: rozzo e fuori tempo nei suoi comportamenti.

D'altra parte, una marea di prodotti e marche non hanno le carte in regola per instaurare relazioni affettive. Non c'è il substrato, la performance... e alle persone, non interessa relazionarsi con qualsiasi prodotto e qualsiasi marca.

Anche perché, per amore del cielo, se mi metto a relazionarmi con qualsiasi oggetto e qualsiasi atto d'acquisto che compio nella giornata, arriverò a sera emozionalmente prosciugato e mi ritroverete a letto abbracciato alla mia ruota di scorta.

E' allora un attimo passare dal lovemark all’hatemark.
La marca che amiamo odiare.

D’altra parte abbiamo voluto vestire "d'amore" un rapporto che per noi era, certo, biecamente commerciale. Un gioco pericoloso. Specialmente si rivela che (noi azienda) siamo pronti a proclamarci innamorati dei clienti - a condizione che ci caccino i loro soldi.

Pensavo fosse amore, ma sei solo una peripatetica


Pensavo fosse amore e invece era solo un modo per prenderti i miei soldi, per di più fingendo.

"Ci tengo a te. Voglio avere una relazione e una conversazione." Poi si scopre che è una strategia di comunicazione. Che non rispecchia in alcun modo la realtà dell'azienda, che è cinica e razionale.

Ma un conto è trovare un posizionamento, costruire una percezione (ad es. marca con valori artigianali.. poi scopri che è prodotta in un capannone industriale e tu ti aspettavi il Mulino Bianco vicino al fiume...). E un altro conto è fingere. E soprattutto farsi beccare. 

Perché tutte le volte in cui si sospetta uno scambio di affetti in cambio di denaro, spuntano inevitabili parallelismi con mestieri di antichissima tradizione.

Di nuovo, la comunicazione non è una coperta sotto cui nascondere la realtà.

La marca deve essere espressione di un'azienda. E non un costrutto astratto, che va in conflitto con la realtà dei fatti. Perché la verità poi finisce per venire a galla e l'amante tradito diventa pericoloso, e ti aggredisce a colpi di #EpicFail.

--- VI VOGLIO BENE E INSERISCO UN MESSAGGIO PROMOZIONALE, PERCHE' VOGLIO AVERE UNA RELAZIONE AFFETTIVA COI VOI------

Se vi interessa approfondire questi temi,  con un grande gesto d'amore nei vostri confronti, ho scritto due libri: Strategia Digitale e Relazioni Pubbliche Digitali. Magari servono.

Nella colonna qui a destra trovate qualche informazione in più, volendo.

sabato, ottobre 03, 2015

martedì, settembre 22, 2015

Strategia: le Case History vanno bene... ma sono pericolose? #strategiadigitale


Prosegue il ciclo di articoli di approfondimento sulla Strategia Digitale e pensati anche come un servizio, un valore aggiunto per chi ha comprato il libro.

Dopo aver parlato, la settimana scorsa, di come evitare di suicidarsi con gli obiettivi, oggi approfondiamo un tema / diamo degli spunti semplici ma molto importanti su un grande classico: l'uso fuori tema delle Case History.

Aspetto molto delicato per me, dato che il 70% di questo blog è fatto proprio dalla presentazione di casi... :-)

Iniziamo dal dire che in inglese è meglio definirle "Case Study" e non "Case History" che tende a voler dire un'altra cosa...

Proseguiamo dicendo che, come scritto nel libro, occorre "evitare di copiare dalle case history e usare con cautela ciò che si è appreso dal passato: le situazioni cambiano e ogni strategia va studiata su misura."

In effetti una Case History (di marketing, comunicazione, o qualsiasi altro tema) è semplicemente il racconto di come:

- una certa azienda (diversa da noi per mercato e/o cultura e/o situazione...)

- con una certa marca (con livelli di awareness e/o valori di marca e/o attrattività, innamoramento dei consumatori... sicuramente diversi dai nostri...)

- in un certo settore merceologico (diverso dal nostro?)

- in un certo contesto (scenario concorrenziale, situazione economica, stadio di maturità del mercato, periodo...)

- in una certa nazione (la nostra?)

- con certi obiettivi (improbabile siano esattamente sovrapponibili ai nostri...)

- ha affrontato un certo problema (simile ai nostri?)

- ha avuto una certa idea e la messa in opera (per noi possibile?)

- lavorando su un certo gruppo di consumatori (simili ai nostri? o totalmente differenti?)

- ha ottenuto certi risultati (generalmente positivi, dato che l'insuccesso viene sepolto sotto tonnellate di sabbia)

Tenendo inoltre presente che :

- in genere le case history creative sono documenti, video, realizzati per vincere premi creativi basati sull'originalità dell'idea più che sui risultati (e che quindi i fake ci stanno tutti, tanto per dirne una...)

- è necessario stimare un valore imponderabile per il "Fattore C" (che noi possiamo avere o non avere... Napoleone diceva che avrebbe sempre preferito un generale fortunato a un generale bravo).

Di conseguenza, non c'è nessuna garanzia che noi:

- azienda diversa, con un problema diverso, in un contesto diverso (etc etc)

- facendo quello che l'azienda star della Case History ha fatto

- riusciremo a ottenere gli stessi risultati encomiabili

- o che invece non ci si schianti contro un muro.

Per non parlare poi della misurazione dei risultati: certo, la Case può prospettarci una bellissima, divertentissima idea.

Ma ha funzionato? Quanto? (in genere, per non dare un vantaggio alla concorrenza o per "riservatezza", i numeri di business vengono tenuti accuratamente nascosti... o sono considerati da chi ha scritto la Case come irrilevanti, vedi alla voce vincere un premio creativo...)

La Case history devono quindi esser maneggiate con cura.

Come strumento di ispirazione, non come roba da copiare.

Come elemento di stimolo, non come modo per dimostrare che la Piattaforma X o il Social Y "funzionano"

Come ingrediente nello sviluppo di una soluzione nostra e originale, non per clonare (spesso malamente, e con molti meno soldi e capacità creativa/produttiva) una cosa già fatta da altri (spesso più bravi e coraggiosi) :-)

Stando molto attenti a cosa, concretamente, pragmaticamente definiamo come "successo"...



---------- < INIZIO SELF PROMO LIBRO > ------------

E qui, concedetemelo, un po' di spottone per il libro.
Destinato a chi arrivano su questo post via Google. E del manuale non sanno nulla.
Magari interessa. Se no chiudete pure, la parte interessante del post è finita da almeno 4 righe.

Strategia Digitale. 
Il manuale per comunicare in modo efficace su internet e social media


Abbiamo voluto fare un libro diverso: in mezzo a tanti libri che "spaccano paradigmi", che fanno della gran teoria del futuro, che dicono alle aziende dove sbagliano ma non danno ricette per fare giusto, abbiamo voluto fare un manuale.

Abbiamo cercato di dire quali sono gli step necessari, giorno, dopo giorno, per fare comunicazione sul campo. Mettendoci quella dose di teoria utile e necessaria per capire perché le cose vanno fatte in quel modo.

Il libro è pensato per:

a) chi lavora in azienda e vuole capire come si fa e perché con l'agenzia non riesce a capirsi :-)

b) chi lavora in azienda e ha un capo con cui non riesce a capirsi o per chi lavora in agenzia e ha bisogno di far capire al cliente "come funziona", visto che non è pubblicità :-)

c) chi lavora comunque nel digitale e vuole andare oltre alla mera operatività - capendo come si ragiona in modo strategico (in funzione degli obiettivi) per fare progetti migliori

d) chi vuole iniziare a lavorare nel mondo digitale e vuole affiancare all'indispensabile pratica anche una capacità di pensiero strategico


Dentro ci sono parecchi decenni (combinati) di esperienza di Giuliana e mia. Raccontando ciò che abbiamo visto funzionare sul campo - dato che il digitale l'abbiamo visto nascere e crescere.

Come dice Giuliana nel suo blog:"Mettere ordine nel senso che, se per i singoli pezzi di digitale come il SEO/SEM, le Digital PR, il Social, sono stati scritti fiumi di parole, la parte che viene prima di tutto questo, la strategia digitale, appunto, non è mai stata considerata. O meglio, ciascuno si è costruito il suo modo di procedere, la sua metodologia, sulla base dell’esperienza e dell’esigenza del momento, ma tutto ciò non è mai stato codificato. Ci abbiamo provato noi."


Ecco i link da dove potete capire qualcos'altro sul libro e comprarlo online (in versione cartacea o ebook).

HOEPLI

AMAZON




mercoledì, luglio 01, 2015

Genio? Direi di sì. Nescafè connette gli sconosciuti... al semaforo :-)


Questo mi è piaciuto molto.

Molto carino, sia come esecuzione, sia come approccio strategico, come pensiero sottostante, come pensiero di marca*, come comunicazione emozionale.

In estrema sintesi:
Esterno giorno.
Francoforte.
Semaforo.
Pedoni in attesa.
Da ordinati tedeschi, cercano l'apposito pulsante per richiedere il verde pedonale.

Invece trovavano un pulsante con la scritta "press together".
Un schermo ovviamente collegato con una webcam.
Sguardo perplesso. Riflesso negli occhi del pedone dall'altro lato della strada, messo di fronte allo stesso enigma.
Un lampo d'intesa. Entrambi pigiano il bottone.
E dal semaforo entrambi ottengono un Nescafè.


Connecting strangers.

Cosa che sarebbe bello succedesse senza l'intervento del marketing e della comunicazione.
Molto di più che un prodotto; un'emozione :-))

Vabbé, sopprimo qui e ora la vena lirica e vi metto la video case history. Però anche i Digital Planner ogni tanto hanno dei guizzi di creatività, mica solo di strategia :-)




 * abbiamo visto quali risultati di valore porti investire sulla marca:
http://robertoventurini.blogspot.it/2015/06/roi-piu-alto-del-49-se-investi-sulla.html

martedì, giugno 09, 2015

La vending machine definitiva. Che sconvolge le persone :-))


Come sconvolgere le persone, ormai abituate agli ambush, rotte a tutte le intemperanze del guerilla marketing, impervie ai PR Stunt?

Semplice, con un pensiero laterale.

Geniale, e totalmente inaspettato (e inaspettabile).

Guardate il video.



Approfondimento:
http://www.adweek.com/adfreak/agency-pulled-vending-machine-stunt-end-all-vending-machine-stunts-161335


martedì, maggio 12, 2015

Influencer, storytelling e tirar tardi guardando stampare la Gazza. #GazzaNight

Foto rubata a Andrea Contino :-)
Un'altra case di PR Digitali da raccontare di prima mano, grazie alla Gazzetta dello Sport.

Ne parlo perché, dal mio punto di vista, è una storia interessante di collaborazione con gli influencer, un buon esempio di azienda che ha investito in un progetto - più che soldi ha investito il tempo di persone di rilievo.

Un buon esempio, concreto, di quello che racconto nel manuale, nei miei articoli sulle Internet PR :-)

Qui siamo in pieno nel tema della costruzione di un experience - mi cito:

"Il livello superiore del coinvolgimento di blogger e influencer può essere costituito dalla costruzione di un evento esperienziale. L'idea è di costruire, attraverso un engagement, un coinvolgimento emozionale più forte, con tutti i vantaggi conseguenti - regalando un'esperienza unica, positiva, piacevole; online (e qui siamo nel campo dei Social Media, sostanzialmente) o più facilmente offline. Vengono quindi proposti eventi che arricchiscono il valore dell'incontro"


Nello specifico, è stata un'esperienza molto interessante.
Ve la racconto in sintesi perché può servire da spunto se dovete organizzare eventi fatti bene.

Tralasciando un aperitivo prima e una cena in piedi a metà evento (fondamentali, visto che necessariamente l'attività doveva prolungarsi fino a tarda notte - siamo tornati a casa alle 2), i punti chiave sono stati:

- La presenza e la disponibilità del Direttore...


"A queste attività è spesso gradita la presenza del top management aziendale, utile per comunicare l'importanza che si dà sia al progetto presentato, sia ai partecipanti come partner della comunicazione aziendale."


- Il giro nella redazione, spiegato dal Direttore, farsi raccontare come funziona un sistema crossmediale, dove i vari pezzi, Carta, TV, digitale si incastrano.

- Vedere gente che produce in tempo reale quantità massicce di content di qualità. Sul serio. Non le 4 righe che sviluppiamo per Facebook :-).
- La sessione di Q&A col direttore, molto disponibile; e sentir parlare in modo trasparente delle opportunità e delle complessità del mondo dei giornali in un'era digitale, di cosa si sceglie di provare e di cosa si decide non ha senso inseguire, del ruolo che può ancora avere un giornale (di carta o meno) in un'epoca di "citizen Journalism" (e qui prossimamente mi sa che farò un post sul tema della qualità della notizia, in un mondo dove si fa a gara a chi spara le balle più grosse).

- La visita alla fabbrica. Vedere il processo di stampa, visitare l'enorme impianto, vedere la rotativa avviarsi (e soprattutto sentire il rumore dei rulli che prendono velocità), toccare le prime copie, entrare in contatto con un supporto materiale in un mondo in cui (e felicemente) maneggiamo solo elettroni ha un suo grande fascino.





- La capacità di storytelling delle persone che ci hanno accolto e raccontato. Del resto, è il loro mestiere - come giornalisti. Ma è sempre affascinante (come vi ho raccontato in altri casi) sentir narrare di un prodotto, di un processo, delle storie, gli aneddoti, dei dietro le quinte.

Però diciamocelo: questo è stato un caso dove la Gazzetta ha avuto vita molto facile. Lo storytelling più epico è quello dove non c'è una storia da raccontare, dove il prodotto non ha da dire molto. Qui è tutto il contrario :-)

Dal punto di vista dell'influencer, si è trattato di un'esperienza molto gratificante, che valeva il viaggio. Un'experience di valore - dove il tema del valore è fondamentale.

Detto fra noi, c'è stato chi (da fuori, online), durante la visita ha criticato il fatto che tanti blogger fossero andati (volentieri) all'evento senza farsi pagare. In base al principio "l'influencer crea valore all'azienda, se in cambio accetti in pagamento due tartine sei un pezzente" :-)

Anche se il tema della remunerazione in cambio di un lavoro è sanissimo, il tema è leggermente diverso. Nel mio libro (e scusate se mi ricito*...) parlo a lungo di "scambio di valore" di transazione dove di certo l'influencer genera un beneficio per l'azienda ed è quindi lecito abbia qualcosa in ritorno: 

"E' chiaro che siamo tutti consci che il blogger genera valore quando parla bene di un'azienda. E non ha senso farlo gratis, anche se il valore che è lecito dare in ritorno non necessariamente si esprime attraverso il pagamento del servizio. "

Nello specifico:
"Ci sono aspetti di gratificazione personale spesso mescolati a vantaggi di visibilità, credibilità, vantaggio nel loro business  (avere accesso a persone chiave dell'azienda, dare loro visibilità sui media dell'azienda, dare loro anteprime, farli sentire importanti…). Posso gratificare (o meglio, dare valore) facendo vivere al blogger una experience molto particolare, divertente, normalmente non accessibile

E posso dare valore fornendo una experience che arricchisce, che insegna, che da' spunti per il proprio lavoro.
Che da' notizie di prima mano, spunti per generare un content che fa bene all'azienda ma che fa bene anche al blog.

Le tartine e due gadget fanno piacere, ma solo i disperati si vendono per queste cose, se l'evento non è di quelli che ti danno un valore, magari ti danno una storia che un giorno potrai raccontare ai nipotini (che cercheranno di fuggire disperati dal nonno che narra di quando era un influencer).

Quanto ai risultati dell'operazione, basta andare a ricercare l'hashtag #gazzanight.

Ovvio, non è detto farà salire sensibilmente le vendite del giornale. O gli incassi pubblicitari. Ma lavora sulla reputazione. Sulla vicinanza, sul sentir qualcuno (che non è la pubblicità, dichiaratamente di parte) parlare bene della marca. E a sua volta magari invogliando a portare avant un messaggio di rispetto, di relevance.

Temi che, da sempre, sono alle basi delle attività di PR. Attività molto meno eclatanti e visibili, glamour e chiassose dell'advertising - ma che hanno costruito e consolidato fior di brand, da secoli :-)


* Sempre da "Relazioni Pubbliche Digitali

giovedì, gennaio 29, 2015

Da oggi in vendita: Relazioni Pubbliche Digitali


E finalmente è arrivato il giorno.

Relazioni Pubbliche Digitali, il mio secondo libro è ufficialmente in vendita.

E', ovviamente, un libro sulle PR in rete - anzi, cerca anche di definire un po' meglio cosa sono le PR online.

Cerca di delineare di che cosa sono composte, e come si fanno.

Che cosa sono (e non sono) le PR digitali e cosa è lecito aspettarsi (e cosa non dobbiamo attenderci).

Il mio sforzo è stato (ovviamente, essendo un digital planner) di fare non solo un manuale, ma anche un libro di strategia. 

Un libro per insegnare e soprattutto stimolare; a pensare in modo strategico, a capire, a fare, a relazionarsi con gli specialisti del settore (e lavorare con loro), per crescere professionalmente.

Quindi parlo di generare contenuti e conversazioni per costruire un’opinione positiva della nostra marca, prodotto o servizio, coinvolgendo influencer e blogger. Di come dare visibilità, rendere notiziabile un evento, un prodotto, una marca.
Ragiono su come ottenere un’esposizione mediatica, entrare nei discorsi delle persone, a sintonizzarsi con loro. 


Dedico molto spazio all’importanza della reputazione e come gestirla; all’individuazione di influencer e blogger e le modalità per lavorare con loro (li pago? Non li pago?); parlo di KPI di prevenzione e gestione delle crisi online.
Sempre con casi ed esempi.

Il tutto pensando molto business e zero fuffa: anche nelle PR digitali un’operazione di successo deve combinare strategia e creatività. E qui è la difficoltà maggiore: se è relativamente facile «essere creativi», è maledettamente più complesso farlo in modo funzionale ai risultati del business. 

Il libro per ora è disponibile in formato cartaceo, l'ebook è in arrivo a breve :-) (su Egea dovrebbe già essere acquistabile, arriva presto anche negli altri shop)


Un po' di link:

La scheda del libro e l'ecommerce della casa editrice (Egea)

Lo potete comprare su Hoepli

Lo potete comprare su Amazon

Lo trovate anche su IBS

Qui il link a Mondadori

martedì, settembre 09, 2014

Dopo l'Ice Bucket, la Rice Bucket Challenge


Inevitabile che un'iniziativa di grandissimo successo (sia come risonanza che come raccolta fondi) dia origine a fenomeni imitativi.

E ci può stare, a condizione che venga fatto a ragion veduta.

In India, di acqua da sprecare non ne hanno tantissima, anche se le star di Bollywood si sono buttate a pesce sull'operazione (vedi il video satirico qui sotto).

 E hanno grossi problemi di gente che muore di fame (più di 300 milioni di persone vivono sotto la poverty line). Ecco allora nascere il #RiceBucketChallenge.

Invece di farsi docce più o meno mediatizzate, la sfida è molto più terra terra: coinvolgere amici nella preparazione o acquisto di un secchio di riso per sfamare i poveri della propria area. Con lo stesso meccanismo di nomination.

La pagina Facebook dell'iniziativa: 

Anche i canali TV di notizie hanno ripreso l'iniziativa (la CNN locale, un ottimo risultato, in termini di PR):




Ecco alcuni dei tweet generati:

E qui potete guardare il video che racconta l'IceBucketChallenge delle star di Bollywood:

giovedì, luglio 10, 2014

Operazione Cani Antispreco :-)


Questa mi ha divertito molto: una startup, un team di allevatori/imprenditori che hanno deciso di creare i cani antispreco per evitare lo spreco di energia elettrica.

Allevano infatti il cane da frigo, il cane da lavastoviglie, il cane biorario... :-)

Ecco il video (dietro a tutto c'è ovviamente un'azienda... e ci sarà anche un'operazione charity)... bella semplice, e furba.


mercoledì, luglio 09, 2014

Sarà il futuro? Fast Shopping e moltiplicazione dei punti vendita virtuale. Un caso da studiare.



Per il retailer francese Comptoir des Cotonniers.
Per moltiplicare le vendite, moltiplicare le occasioni d'acquisto - quindi creare migliaia di punti vendita virtuali.

E ridurre i tempi d'acquisto, per lavorare sull'impulso - quindi meccanismi di acquisto velocissimi (basati sull'uso di QR Code).

In sostanza, la pubblicità diventa un punto vendita, così come le pensiline, le affissioni... (ricordate il modello Tesco?), arredi urbani... da cui acquistare in meno di 20 secondi.


In oltre 10.000 punti vendita virtuali, touchpoints per la vendita.
In cui fare Fast Shopping.

E devo dire che l'idea che il tavolino del bar sia un punto vendita virtuale (senza dover spendere soldi in tecnologia) mi intriga.

Ora, il problema è sempre quello: capire quanto si tratti di un'operazione di buzz (il cui ROI è comunque misurabile sulle vendite dei canali preesistenti della marca).

E quanto si tratti di un modo nuovo di fare retail, che porta volumi addizionali grazie a nuovi touchpoints.

Se il tema vi interessa (e dovrebbe, è da studiare), ecco un paio video di approfondimento.









venerdì, marzo 07, 2014

Sul sito di appuntamenti...safe sex-mobile app con fake user

Case history made in Israele.

Una maniera interessante di rafforzare l'awareness sul problema dell'AIDS - incentivando la riflessione sull'uso del profilattico come strumento (obbligatorio!) di prevenzione...

Un falso profilo su Tinder. Diciamo molto attivo, con molti partner...

Non del tutto innovativo, ma molto sensata la scelta dello strumento: un network di incontri (o sveltine, se preferite).

Guardate il video.



Qui trovate i credits della campagna:
http://www.adeevee.com/2014/02/aids-task-force-the-tinder-aids-project-mobile/

giovedì, marzo 06, 2014

Grandi.Vending machine invisibile. Da Coca Cola

Prosegue la serie di attività di comunicazione di Coca-Cola basate sulle vending machine, di cui ho spesso parlato.

Questa volta l'idea è di avere una vending machine visibile solo alle coppie. Per San Valentino.

Gran bella idea e bell'allestimento.
Guardate il video qui sotto.
Per vedere le altre case history, fate un search su questo blog, per "vending machine"
Enjoy :-)


martedì, gennaio 21, 2014

Un nuovo tool Social/Visual: Jelly


Diffondo il verbo di questa nuova piattaforma appena lanciata - in modo che quando il classico cliente vi chiederà le best practices e le case history su questa cosa non cadiate dal pero :-) 

(quanto poi alle best practices e al benchmarking di una cosa lanciata l'altro ieri... lascio alla vostra fantasia la capacità di sfangarvela col cliente).

Lanciato pochissimi giorni fa, Jelly (www.jelly.co) è un luogo dove dare risposte ai quesiti posti dalle persone usando immagini. Perché un immagine vale più di mille parole. E usando le teste delle persone che aderiscono al network più che gli algoritmi stile Google.

Un Quora visual, direi.

E naturalmente, dopo neanhhe una decina di giorni che l'app è fuori, escono già i primi articoli che dibattono se i brands devono sbarcare su questa piattaforma o meno :-)

(nota: fino a quando non avete dei dati sull'uso della piattaforma da parte degli utenti italiani, ogni raccomandazione è solo una cosa di pancia o un modo di cercare di fare un po' di publicity).

Ma cosa fa, esattamente, Jelly?
Vi ho estratto uno dei pochi paragrafi chiari (nel senso di pragmatici e concreti) dalla loro presentazione (infognata nel loro blog):

"Say you’re walking along and you spot something unusual. You want to know what it is so you launch Jelly, take a picture, circle it with your finger, and type, “What’s this?” That query is submitted to some people in your network who also have Jelly. Jelly notifies you when you have answers."

Ecco il video, che spiega un po' meglio :-)



Introducing Jelly from Jelly Industries, Inc. on Vimeo.

Me lo sono installato l'altro giorno, a breve vi dico cosa ne penso dopo la fase "hands-on"

Approfondimenti:



venerdì, gennaio 17, 2014

Porsche: la stampa 3D come strumento di comunicazione :-)

Grazie alla tecnologia della stampa 3D, ora quasi chiunque potrà permettersi una Porsche.
In scala, certo, un modellino.

E' la prima volta che vedo la stampa 3D come strumento di promozione (almeno per quello che riesco a monitorare).

Il calo dei prezzi delle stampanti "domestiche" e l'introduzione di stampanti 3D a disposizione del pubblico (si veda l'esempio di Tesco ) potrebbero aprire la strada non solo a nuovi business ma anche a usi creativi della tecnologia per comunicare.

Per promuovere il nuovo modello Cayman S, Porsche ha reso disponibile il modello 3D, che chiunque abbia accesso ad una di queste stampanti può stampare e customizzare.

(Oddio, visto in foto, il risultato non sembra sia poi questo gran che... forse puntano più che altro sull'effetto "novelty"...)

L'hashtag dell'operazione è #3DCayman.

Piccolo dettaglio: la pagina dell'operazione sul sito della casa automobilistica sembra essere sparita. Forse qualcuno in alto ha avuto a che ridire sulla qualità dell'output?

Mah. Comunque, come al solito, concentriamoci sull'idea più che sull'esecuzione...

Ecco il video



giovedì, settembre 19, 2013

OMG non posso credere sia vero. Ma lo è. (fine ma non finissimo)

Ehm. Mi rifiuto di dirvi cosa fa il prodotto, che si chiama Poo Purri.

Voglio attirare la vostra attenzione sullo spot.

L'insight su cui si basano il prodotto e la comunicazione direi che è solidissimo (cioè no, è gassoso).

Perché certe cose le ragazze non le fanno.

Guardate la lista delle varianti di prodotto e soprattutto il naming. Chapeau :-)

Lo spot va per la sua strada senza paura.

Questo e Dollar Shave club sono nuove frontiere della comunicazione televisive?

Vi allego entrambi gli spot, sono interessanti casi su cui riflettere. E lascio a voi decidere.
Poi giuro, per qualche altro mese non parlo più di pubblicità "tradizionale", ma alcune volte ci sta :-)

PS: prima di scrivere questo post, rifiutandomi di credere che non fosse un fake, sono andato a controllare su Amazon. Beh, il prodotto è listato ed è pure un top seller.

Quindi se è un'operazione fake, hanno coinvolto anche Amazon, che non è un'impresa da poco... (ma temo non lo sia: ho infatti effettuato un po' di ricerche ed ho trovato traccia di una causa che questi hanno intentato a un'azienda concorrente per imitazione servile...)