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giovedì, novembre 26, 2015

Dove sbagliamo, quando facciamo marketing? Qualche ipotesi... #StrategiaDigitale

Bene, è giunto il momento di un altro pezzo di approfondimento, di strategia, di formazione.

Dove salgo in cattedra e vi spiego, a costo di sembrare arrogante, dove e perché si sbaglia più frequentemente...

1: come mi facevano notare l'altro giorno da un cliente, chi si appiccica "marketing" nel titolo è spesso la persona che lo ha studiato di meno (in azienda o in agenzia)   :-)
Se non siete d'accordo, fate il test:
e poi leggete anche questo.

Il Marketing è più che prendere la gente per i fondelli. E il digitale...


Se non passate il test, andate direttamente al punto 7.

2: di sicuro parliamo troppo. Nel marketing è molto più importante ascoltare che parlare.
Ad ascoltare si impara, si aggiusta la mira.

Se si parla troppo e non si ascolta abbastanza, si finisce per scoccare la freccia dove pensate ci sia il bersaglio.

Se ascoltate scoprite dov'è.

Scoprire cosa la gente vuole, cosa la gente pensa. Questo si chiama "le basi del marketing"

E con il digitale ora, finalmente ci sono gli strumenti per farlo.

Altro che rivoluzione digitale: prima di andare all'università necessario saper fare correttamente le tabelline. Poi ne parliamo.

3: Se parliamo senza ascoltare...
- se ve bene facciamo la figura dei cretini. Di quelli disconnessi.
- e comunque siamo logorroici
- soprattutto perché ci focalizziamo nel parlare a, invece di parlare "con"

Io, a quelli dei call center non rispondo nemmeno più, o li liquido in 10"con una scusa - tanto so che vogliono vendermi roba a qualsiasi costo.

E mi sommergono di chiacchiere, senza ascoltarmi.

A volte do' risposte assurde, ma tanto non deviano dal loro script.
Non ascoltano, non possono ascoltare.

Quindi non gli do' retta, anche se magari mi perdo un'offerta interessante ogni tanto, non ho voglia di farmi parlare addosso da loro.

4: se non avete una strategia siete morti.
Lo so, tutti abbiamo una strategia.
La strategia è rifilarmi roba il più possibile. Mettermi sotto pressione perché io compri.

E per questo si mettono sotto pressione i venditori, quelli del marketing, tutti.

Più pressione applicata alla catena, più vendite si ottengono. O no?

D'altra parte è noto (scusate la franchezza) che i quindicenni che assillano le loro amiche a colpi di "me la dai, me la dai, me la dai" trombano come ricci...

La strategia (e si chiama marketing) è capire cosa desidero comprare. E produrmelo.

5: Ah, ma per questo c'è la Marketing Automation.
Pensare, perché? una volta che avete un segnale che mi interessa un prodotto, me lo riproponete pubblicitariamente finché capitolo, su qualunque sito io vada.

Non importa capire chi o cosa sono: importa capire che io ho un portafoglio, e tutto ciò che si frappone tra i miei soldi e i vostri fatturati è la mia stupidità, incapacità di capire che è meglio se vi do' tutti i miei soldi.

Quindi l'importante, visto che sono ottuso, è ripetermela tante volte.
Ora, dato che è vero che tanta gente è proprio così, questo approccio spesso funziona. E fa vendere. Ma non sempre :-)

6: al peggio, tiriamo in ballo i valori del brand.
Che, se sono una bella slide in Powerpoint, o un capitoletto iniziale del brief (che poi continua con un "e comunque fottetevene, quello che ci interessa è vendere in un qualsiasi modo") non è che mi aiutano tanto ad amarvi.
E a cacciarvi la lira.

In sostanza, per molte aziende, inconsapevolemente (ma spesso anche molto consapevolmente) Brand Values, Mission, Vision sono questa roba qui:


Troppe marche mi parlano troppo. Di cose che non mi interessano. Di cose che è chiarissimo, sono quelle che voi pensate mi dovrebbero, da manuale interessare. E me le ripetete continuamente. Che poi chissenefrega, si farebbe anche volentieri a meno di parlarmi così tanto, non fossi tanto ottuso da richiedere decine e decine di contatti prima di reagire al vostro stimolo pavloviano e cacciarvi la lira.

7. Se vi riconoscete in questi punti e avete magari pure fatto un master, fatevi delle domande. E datevi delle risposte.



martedì, ottobre 27, 2015

E' un attimo passare da lovemark a hatemark... (che palle gli Epic Fail) #StrategiaDigitale


Nel nostro mondo dei social e delle conversazioni, dove secondo Eco abbiamo dato voce a troppi imbecilli, c'è forse una sola cosa chiara: fai un errore e ti salteranno alla gola.  Sbaglia un prodotto, una risposta, e il popolo chiederà la tua testa su una picca, come in Trono di Spade.

Se ti si alluviona l'azienda, certo, si mobiliteranno per comprare la tua pasta e salvare i posti di lavoro; ma se il management dell'azienda canna un'interazione, lo stesso popolo si scaglierà chiedendo l' espulsione del colpevole o addirittura la chiusura dell'azienda (e il conseguente licenziamento di persone incolpevoli). 

Un battibecco fra due persone andrà in Trending Topic perché letto come un attacco imperdonabile a tutto il "popolo della rete".
Uno scivolone diventerà a priori un Epic Fail (che, diciamocelo, hanno un po' stancato, quanto meno è ora di inventarsi un nome nuovo per la stessa roba, che almeno è un po' più fresco).

Che, intendiamoci bene, secondo me ci sta. Se un'azienda sbaglia o prende coscientemente posizioni intollerabili, se dimostra di non aver capito come funziona il marketing, il rapporto con le persone, il business.. o anche solo il rispetto e la buona educazione va duramente cazziata.
Una bella crisi spesso è molto educativa. Per chi la soffre e per le altre aziende che guardano.


Ma se siamo di fronte a un vero e proprio infortunio (e chi non fa errori o ha una botta di sfiga, o gli scappa un "qual'è" ?) per favore, facciamo che si invoca la clausola della "Puttanata Manifesta" e si va avanti.

Hai voluto instaurare relazioni emotive? E mo' pedala.
Parte grossa del problema è stata questa mania delle aziende di voler instaurare relazioni emotive con il proprio pubblico. Di creare un affettività tra persone e marca. Per qualcuna di voler diventare quella roba strana che si chiama Lovemark (spesso non facendo nulla di concreto per diventarlo, beninteso).

Il problema è che non è facile per una marca diventare un lovemark e, soprattutto, restarci - specialmente se i basics di business non sono a posto e se la nostra dichiarazione/richiesta d'amore si deve confrontare con una scarsa concretezza nel delivery.

Costruire affettività, relazione è una strategia potente, che permette di uscire dalla battaglia per il prezzo - specialmente ora che i consumi sembrano timidamente voler ripartire... ma si è instaurata un'abitudine a una maggior frugalità.
Ma c'è un problema: nessuno è più vendicativo di un amante deluso.



Parallelamente, alziamo la barra degli standard: se si sparge la voce che la marca deve corteggiarti, ogni giorno, deve relazionarsi... siamo nei guai seri.

Una marca che si comporta in maniera "tradizionale" è allora vista come sarebbe visto oggi un uomo degli anni '50: rozzo e fuori tempo nei suoi comportamenti.

D'altra parte, una marea di prodotti e marche non hanno le carte in regola per instaurare relazioni affettive. Non c'è il substrato, la performance... e alle persone, non interessa relazionarsi con qualsiasi prodotto e qualsiasi marca.

Anche perché, per amore del cielo, se mi metto a relazionarmi con qualsiasi oggetto e qualsiasi atto d'acquisto che compio nella giornata, arriverò a sera emozionalmente prosciugato e mi ritroverete a letto abbracciato alla mia ruota di scorta.

E' allora un attimo passare dal lovemark all’hatemark.
La marca che amiamo odiare.

D’altra parte abbiamo voluto vestire "d'amore" un rapporto che per noi era, certo, biecamente commerciale. Un gioco pericoloso. Specialmente si rivela che (noi azienda) siamo pronti a proclamarci innamorati dei clienti - a condizione che ci caccino i loro soldi.

Pensavo fosse amore, ma sei solo una peripatetica


Pensavo fosse amore e invece era solo un modo per prenderti i miei soldi, per di più fingendo.

"Ci tengo a te. Voglio avere una relazione e una conversazione." Poi si scopre che è una strategia di comunicazione. Che non rispecchia in alcun modo la realtà dell'azienda, che è cinica e razionale.

Ma un conto è trovare un posizionamento, costruire una percezione (ad es. marca con valori artigianali.. poi scopri che è prodotta in un capannone industriale e tu ti aspettavi il Mulino Bianco vicino al fiume...). E un altro conto è fingere. E soprattutto farsi beccare. 

Perché tutte le volte in cui si sospetta uno scambio di affetti in cambio di denaro, spuntano inevitabili parallelismi con mestieri di antichissima tradizione.

Di nuovo, la comunicazione non è una coperta sotto cui nascondere la realtà.

La marca deve essere espressione di un'azienda. E non un costrutto astratto, che va in conflitto con la realtà dei fatti. Perché la verità poi finisce per venire a galla e l'amante tradito diventa pericoloso, e ti aggredisce a colpi di #EpicFail.

--- VI VOGLIO BENE E INSERISCO UN MESSAGGIO PROMOZIONALE, PERCHE' VOGLIO AVERE UNA RELAZIONE AFFETTIVA COI VOI------

Se vi interessa approfondire questi temi,  con un grande gesto d'amore nei vostri confronti, ho scritto due libri: Strategia Digitale e Relazioni Pubbliche Digitali. Magari servono.

Nella colonna qui a destra trovate qualche informazione in più, volendo.

venerdì, giugno 06, 2014

Un VERO #Epicfail - SNCF (Ferrovie francesi) visto da Twitter :-)

Non esistono treni troppo larghi. Ci sono solo binari troppo stretti.

Gli epicfail non capitano solo da noi.

E, a volte, non sono solo dei "finti epicfail" (scrivi fischi per fiaschi, prendi qualcuno per il verso storto, canni una campagna di comunicazione).

A volte, come in Francia, fai dei casini epici. Che impattano davvero sulla vita della gente. E/o sui conti dell'azienda.

Come nel caso delle Ferrovie Francesi che immetteranno in circolazione treni di nuova generazione.

Peccano che siano più larghi dei precedenti.
E, non potendo restringerli, si dovranno fare dei lavori ciclopici per allargare le stazioni :-)

Più correttamente, si dovranno segare le banchine, per far posto al treno.

Ecco allora a voi una breve compilation del meglio della creatività degli utenti francesi di Twitter, che hanno commentato il fail :-) E buon venerdì.


Esausto per le critiche ricevute, che giudica ingiuste, l'ingegniere di SNCF va a casa ad accasciarsi sul divano











mercoledì, maggio 14, 2014

Ecchedduepalle, un altro #epicfail: l'umanità non impara dai propri errori. Kyenge-manifesto

(post rivisto e ampliato questa mattina con un po' di considerazioni di fondo).

#ecche2maroni questi #epicfail. Che orrore.

Che uno non avrebbe nemmeno più voglia di parlarne, non fosse che sono news che attengono alla vita professionale dei comunicatori...

Ci risiamo con l'epic fail più classico: quello del sito dove puoi scrivere quel che ti pare, senza moderazione.

Scusate la cattiveria, ma si dovrebbe presumere che gli addetti ai lavori vivano su questo pianeta e sappiano cosa succede, ad esempio abbiano sentito parlare di Ceres (vi do' il link qui al caso, se pure voi vivete su altri pianeti :-) o di Cynar.

Invece per il ministro Kyenge è stata ideata una bella operazione di online marketing partecipativo: la possibilità di scrivere (riempiendo un template) la propria versione del manifesto elettorale, con alti messaggi valoriali e motivazionali.


Piccolo problema: per un tempo non piccolo, la cosa non è stata moderata (guardate il video più sotto), ed è uscito di tutto, insulti razzisti, croci uncinate, porcate... tutto da copione (e una marea di goliardici e creativi messaggi da parte di noi addetti ai lavori che testavamo se davvero non fosse moderato...)

Vi allego foto del template da personalizzare, come l'ho personalizzato io (e sono stato buono). Su Facebook e ovunque trovate salvate cose molto meno carine (visto anche che la Signora Kyenge, con tutto il rispetto, è purtroppo un bersaglio appetibile per ingiurie e via discorrendo).



Comunque cito un mio commento su FB che ci sta bene pure qui:

La moderazione è SEMPRE obbligatoria: uno perché è pieno di buontemponi in giro. Due perché è pieno di cretini. tre perché è pieno di figli di buona donna. quattro perché rischi di passare dei guai legali, oltre a farci sicuramente una figura di merda. Ora appena dai in pasto alla gente una roba "personalizzabile", ci provano subito...



vedi anche: http://mgpf.it/2014/05/14/rickrolling-cecile-kyenge.html

Perché è importante parlarne: per fare cultura e far maturare il mercato e chi ci opera
Ora (e scusate se mi dilungo), se parliamo di questi epicfail non è per sfogare frustrazioni o dare dello scemo a certi colleghi. E' perché si impara molto di più dagli errori (nostri e degli altri) che dalle cose fatte giuste (purtroppo).

E' perché, se vogliamo fare crescere il comparto in cui lavoriamo e le persone che vi lavorano, è giusto far girare le norme di base e far circolare casi buoni e storie dell'orrore.
E' perché se facciamo qualcosa che può essere bucata, ci sarà sempre un numero non piccolo di persone che si divertirà a farlo o lo farà con cattiveria e odio.

E' perché se si combinano questi pasticci, i clienti e i potenziali clienti si costruiranno una percezione dei social come luogo pericoloso, delle agenzie come covi di cialtroni. E contribuiremo a far stentare la crescita di quello che è il settore della comunicazione a più alto potenziale di successo e di impatto sociale positivo.

Soprattutto qui non si tratta di sbeffeggiare chi ha sbagliato (ormai questo tipo di errore è diventato purtroppo talmente comune che dall'indignazione si è passati allo sberleffo); si tratta di ragionare su un semplice ma gravissimo fatto (dal punto di vista del business). 

Certo, non cade il mondo se qualcuno scrive un manifesto per l'ex ministro "Leviamo le rotelle alla bici, che l'Italia è pronta" (purtroppo me l'hanno censurato). Non è un dramma.
Non fosse che, decina dopo decina di queste goliardate, si svacca del tutto il senso dell'operazione.

Quella che doveva essere una possibilità per le persone di esprimere un pensiero politico, dei desideri, un supporto e una partecipazione è diventato uno sfogatoio, un modo più o meno scemo di dire assurdità, un esercizio di creatività.

Insomma, ha snaturato il senso dell'operazione, secondo me ne ha messo pesantemente in crisi l'efficacia.

E non venitemi a dire "che se ne parli bene o se ne parli male..:".

E' una puttanata, lo si sa da anni e tutte le ricerche lo dimostrano: se non sei una celebrità dello spettacolo o giù di lì, cui la controversia può fare comodo, quando si parla male di te le tue vendite vanno giù, punto. 

Può andare bene per la Ventura, che si critichi lo spot Pittarosso o che su X-Factor ci siano forti attacchi al suo personaggio.

A voi è venuta voglia di votare Kyenge, avendo visto messaggi tipo "Per una serata al Bingo, l'Italia è pronta"? Vi ha fatto simpatia e quindi pensate che la signora meriti il vostro voto? Se lo merita è per altre cose; le elezioni, nonostante tutto, sono una cosa seria. E buttarla in goliardica caciara non è ancora una delle strategie che si dimostrano vincenti nella comunicazione politica.
Ma, forse, è solo una questione di tempo.

AGGIORNAMENTO: verso mezzanotte (più o meno) deve essere scesa in campo la squadra pompieri. Intanto una serie di parolacce venivano automaticamente bloccate (rifiutava la pubblicazione - premoderazione basata su keyword). I contenuti inappropriati (o troppo scemi, come i miei di test) venivano pubblicati ma poi rimossi dopo pochissimi minuti. Meno male... però qualcosa gli scappava ancora:


martedì, marzo 25, 2014

#(Epic)Fail? La birra rosa che sa di pesce... ma che non si sa moderare


Scrivo questo post abbastanza a caldo.
Mi perplimo.

La storia: Ceres annuncia online, con apposito sito, il lancio di un nuovo prodotto, una birra rosa. Lampone e Zenzero.


Che uno potrebbe pure pensare a un fake di qualche tipo... non fosse che c'è anche uno spot - fatto benino.
Quindi qualche soldo ce l'hanno pure speso dietro questa operazione, come minimo per inserire a computer la bottiglia in un qualche spot che magari in Italia non è mai andato. Insomma, dopo i primi 5 minuti in ufficio ci convinciamo che davvero è un'iniziativa dell'azienda.



O si potrebbe pensare a un pesce d'aprile; è presto, direte voi, non fosse per il fatto che c'è un countdown per il lancio del prodotto che finisce proprio il 1° Aprile.

Fosse tutto qui... ma la cosa che sta facendo discutere è che, come strumento di buzz, hanno chiesto alle persone di postare dei propri messaggi, opinioni... parole in libertà.
Che vengono postate senza moderazione, in tempo reale sul sito.


E quindi la gente si è sfogata e sta venendo pubblicato di tutto. Io ho postato, oggi pomeriggio per prova, il messaggio che vedete in apertura del post. Pubblicato in diretta.

E io mi sono tenuto... ma dai bestemmioni in poi si è visto di tutto.

Ora, dai casi di Cynar in poi (per non scomodare Skittles) si sa benissimo che se si lascia mano libera alla gente, sono guai (vedi anche il caso della città di Batman, in Turchia, per Durex :-). Mai pubblicare nulla che non sia stato moderato.

Anche perché se uno pubblica chessò, un messaggio pedopornografico, o un'incitazione alla violenza razziale... possono essere guai veri, e non solo #epicfail.

Di certo questa faccenda sta creando un certo buzz.
Ma non è vero che l'importante è che se ne parli, bene o male (a meno che non siate Oscar Wilde o un personaggio controverso dello spettacolo).

Ma io mi domando, a fronte di ciò che resta (vedi sotto), questa operazione, come contribuisce a rendere Ceres una marca più forte e appetibile - se Ceres è la marca che permette a chiunque di postare bestemmioni, madonne, allusioni sessuali, pirlate in libertà e così via? Cosa vogliamo associare alla marca?

Un errore da principianti? Troppo grosso per essere vero, nel 2014.
Un tentativo di fare buzz scappato di mano per sottovalutazione dell'imbecillità della gente (o della loro voglia di vedere se davvero il sito non è moderato e se qualsiasi cosa viene postata)?

Credo che a breve qualche cosa di più sapremo... (AGGIORNAMENTO: LEGGETE FINO IN FONDO AL POST, DOPO LE IMMAGINI)

Nel frattempo, allego qualche screen dump, hai visto mai sparisca roba nella notte... (post scritto verso le 22.30 del 24/3) :-)









AGGIORNAMENTO 

Ah-ha. Qualcuno pare si sia accorto del casino. Non so se l'ultima immagine che vi ho postato (qui sopra) sia davvero del boss. Ma di certo su Facebook stanno rispondendo alla crisi ('nzomma...) ecco:

AGGIORNAMENTO SUCCESSIVO:
E' sparita dal sito la possibilità di inserire i propri messaggi.
Qualcuno però (vero Matteo? ;-) ha già provveduto a salvarli tutti a imperitura memoria.


E Adesso?
Mah, direi il solito ciclo dell'EpicFail di medio livello. Se non fanno puttanate (o succedono cose strane come nel caso di Euronics), tra 2-3 giorni ce ne saremo dimenticati tutti. Certo è che quando vedremo una Ceres per lungo tempo ci verrà in mente questa cosa. E scuoteremo la testa alzando gli occhi al cileo. Poi magari però ce la berremo lo stesso...

lunedì, febbraio 17, 2014

Hashtag Fails - come farsi male da soli su Twitter

A volte capita.

Nella fretta, nell'approssimazione, nel casino dettato da tempi stretti e budget insufficienti per fare le cose per bene, nel coinvolgimento di persone troppo junior in progetti delicati... insomma, a volta capita di fare una pirl stupidaggine.

Anche nella scelta di quel piccolo ma delicato elemento di comunicazione che è l'hashtag.

In un mondo social pronto allo sberleffo, alla presa per i fondelli, all'urlo "Epic Fail!", al grido di battaglia "devi morire, azienda bastarda e cattiva".

A volta proprio uno non ci pensa che si sta tirando in casa potenziali autogol.

Ecco una compilation dei miei 5 hashtag fail preferiti:

1. #Susanalbumparty. Susan / album / party o Sus/anal/bum/party... per il lancio dell'album di Susan Boyle. Ma su questo ci ho scritto un post...

2. #heresthebeef lanciato da Wendy. Tributo alla carne. Peccato che sia stato lanciato proprio nel giorno del "Meatless Monday"... (detto questo: se fate un search su Twitter per #heresthebeef, il sentiment mi sembra complessivamente positivo o neutro - i negatives alla fine mi sembrano pochi...)


3. OK, questo non è proprio un fail ma è interessante comunque. Muore Margaret Thatcher. Pace all'anima sua. Ma un hashtag mal scelto innesca il cordoglio per la morte di Cher (la cantante). Ecco l'hastgag incriminato: 

#Nowthatchersdead ovvero Now Thatcher's Dead oppure Now That Cher's Dead... (occhio alla penna, vedi al punto 1)





4. una robina veloce: se dovete promuovere il film Lo Hobbit in Svizzera (CH), che hashtag usate? 

Ovviamente #hobbitch che in Inglese però non suona proprio bene... 

"A short, short tempered, short sighted female with colossal thighs and a malicious, unpleasant attitude that bears a resemblance to an imaginary being with hairy feet from the lord of the ring trilogy." (Fonte)

5. Gravissima per la stupidità (si spera) del fatto.

Metti che sei un'azienda di moda. E che fai un vestitino che si chiama "Aurora". Poi ti rendi conto improvvisamente che l'hashtag Aurora è in TT.

Ovviamente decidi di cavalcare l'onda, twittandoci sopra, per sfruttare la popolarità dell'hashtag, facendo la spiritosaggine di attribuire la popolarità al vestito (senza però andare a vedere perchè diavolo tutti parlavano in Rete di Aurora...)



Beh, sarebbe stato meglio controllare *perché* Aurora era in TT.

Magari perchè ad Aurora, in Colorado, un tizio aveva aperto il fuoco in un cinema, facendo 12 morti.

6. #AllSoggy - prendo questo per parlare di tutta una categoria di fail (e ne abbiamo visti anche qui in Italia, durante il terremoto). All soggy vuol dire tutti inzuppati.


Brillante idea di un azienda (Urban Outfitters) che dopo l'Uragano Sandy (morti, tantissima gente sfollata e senza casa...) pensa bene di legarsi all'evento atmosferico - non per dare una mano, aiutare in qualche modo - ma per promuovere i propri prodotti con una bella offerta promozionale (una fantastica consegna gratuita)

Del resto anche American Apparel non ha fatto molto di meglio - offrendo uno sconto alle persone che si annoiavano per via della tempesta...


Lezioni:
a) quando si fa real time marketing, meglio essere un po' meno real time e controllare se non è successo un casino

b) quando si scrive un #hashtag, meglio farlo vedere a uno che non ne sa niente, magari i suoi occhi vedono cose che noi umani non vediamo

c) prima di sviluppare un hashtag (e soprattutto prima di approvarlo), assicurarsi che il cervello sia saldamente collegato e la nostra attenzione focalizzata...

mercoledì, ottobre 16, 2013

Chanel, Musica e Spacciatori :-) una storia di Fantamarketing


Una cosina che mi ha incuriosito. Non molto digitale però... ve la racconto lo stesso. 

Se volete, una storia che mi sono inventato, una robetta di fantamarketing. Probabimente non vera ma magari verosimile :-)

Ecco la storia: incappo un paio di volte alla TV in uno spot Chanel, di cui mi intriga la musica. Begli accordoni, un giro melodico interessante... decido di andare ad esplorare la cosa e di capire come è fatta.

Quindi tablet, sito Chanel, ecco lo spot (quello del prodotto giorno, notte e weekend. Interessante estensione dalla linea, tra un po' ci sarà anche il prodotto per la merenda e per la pausa caffé delle 11 :-)

Comunque non divaghiamo. Su questa pagina accedo allo spot "Dove inizia la bellezza". Peccato, peccato, che la musica sia diversa (!) (e mi sa, non solo quella). Lo spot ve lo metto sotto.

Mi faccio delle domande, delle riflessioni - sul senso strategico di avere una comunicazione differente tra TV e web.

Sono arrivato a due teorie - una sensata e una buffa e cattiva, che condivido con voi :-)

La teoria sensata: mezzi diversi, utenza in un frame of mind diverso (nella TV è push, viene sorpresa dallo spot, ha in testa alte cose; sul web lo sta cercando, è pull, ha scelto di vederlo, è più centrata sulla comunicazione).

Quindi ci sta un versioning del contenuto per sfruttare al meglio le specificità dello strumento.

La teoria non sensata: sì, vabbé, però essere tanto raffinati da cambiare la musica (e pagare due set di diritti...)... boh.

E poi il fatto che sia impossibile (almeno a me) trovare online la versione con la musica che mi piace... curioso. E qui mi parte la teoria del complotto, del fail, del c'è qualcosa da nascondere, tanto cara alle folle che popolano i social :-P

Con un po' di ricerca, comunque, almeno l'informazione si trova: il brano musicale che accompagna la versione TV è "The Pusher" nella versione resa popolare dagli Steppenwolf, gruppo fondamentale nella storia del rock (qui trovate una decostruzione degli accordi per chitarra, se vi interessa:  http://www.guitaretab.com/s/steppenwolf/21881.html).

Una canzone che qualcuno di voi si ricorderà nel film Easy Rider.

Oh, oh. The Pusher è una canzone che parla di spacciatori, parla esplicitamente di droga:
"You know I've smoked a lot of grass
O' Lord, I've popped a lot of pills"

A questo punto posso farmi un film.

Il commercial viene proposto, approvato, girato, magari messo in onda.

Poi di colpo qualcuno si rende conto che Chanel si sta associando ad una storia di droga e di spaccio - ambiti che non sono esattamente coerenti con il DNA della marca.

Ormai è troppo tardi e troppo costoso cambiare lo spot in TV - magari anche in considerazione che la programmazione è breve (chi lo sa - è solo una mia fantasia, ok?); però almeno si può farlo sparire dalla rete e sostituirlo con una versione che non metta a rischio la marca... :-)

Bah, chissà come è andata, non lo sapremo mai - e probabilmente è tutta una fantasia della mia mente contorta da addetto ai lavori... che si è fatto influenzare da precedenti casi di relazione tra una marca e una droga (Euronics, per intenderci :-)

Però mi ha divertito fare questo fantamarketing. Non prendetemi troppo sul serio.

Prendetelo solo come scenario teoricamente possibile - per ricordarci che basta un attimo di disattenzione per andare a incasinarci con la marca. Dio (o il diavolo, a seconda di a chi credete) sta nei dettagli.

Ecco lo spot come lo vedete su YouTube; e sotto uno dei tanti video della canzone - tenete conto che il tizio che canta (John Kay - nome anagrafico Joachim Fritz Krauledat) è del 1944... :-)
Enjoy.



sabato, settembre 28, 2013

Pesantissimo:Fail Barilla, interviene Libero


Il #fail Barilla prende di colpo una nuova piega.

Libero, noto quotidiano di centro-destra (non particolarmente noto per la sua obiettività) Fa un titolone in prima pagina: "Barilla, la pasta della Libertà".

E spara bordate questa volta direttamente omofobe contro le corazzate omosex che bombardano la casta e pura Barilla.

(I maledetti frocioni che vogliono distruggere la famiglia e meno male che c'è Lui che la difende, insomma...*)

Questa è pesantissima. Nn invidio chi è adesso nel comitato di crisi dell'azienda.

Se passa l'associazione Barilla = destra, berlusconismo... le masse si mobilitano davvero (ahimè, molto di più che per altri temi, diciamo).

Possiamo dire che Libero ha regalato una bella mela avvelenata alla famiglia Barilla? Ripartiranno i nostalgici del "Boicotta il Biscione"?

Garofalo risponderà con uno spot pro Renzi?

Compreremo i cibi sulla base del loro orientamento politico?

* Il primo che si permette di citare questa frase fuori contesto gli faccio del male, intesi?

venerdì, settembre 27, 2013

#epicfail gay Barilla: a chi giova?



Dico la mia sul tema. Più che raccontarlo (immagino che lo conoscerete già tutti) cerco di trarne una lezione, riflessioni utili in generale a chi fa comunicazione.

Consentitemi di restare stretto sugli aspetti "tecnici", di comunicazione dell'evento. Sul fronte umano c'è già abbondantissimo materiale in rete.

E dico la mia a caldo, mentre gli avvenimenti sono ancora in corso. Quindi perdonatemi se mi sono perso dei pezzi.

I fatti. 
Scandalo: intervista di Guido Barilla alla Zanzara (il programma radio, btw, che più detesto). 

In cui ha parlato di gay (in Barilla non farebbero mai pubblicità con una famiglia gay, credono nella famiglia tradizionale, nella donna tradizionale... e i gay facciano quello che vogliono senza infastidire gli altri - senza disturbare gli altri; e se non vogliono mangiare la nostra pasta ne mangeranno un'altra).

E poi però si è schierato a favore del matrimonio omosessuale (ma contro le adozioni omosessuali)

Apriti cielo. 

Naturalmente, essendo il tema molto delicato, si scatena immediatamente la polemica e il #fail diventa sempre più #epic sui social - venendo ripreso ovviamente anche dai mass media (da cui era partito); ad esempio con questo articolo di Repubblica che chiaramente ridigerisce e riformula (o sintetizza?) le cose dette in stile più "giornalistico".

E si va rapidamente in testa nei Trending Topic di Twitter.

A questo punto si presta il fianco non solo a critiche ma anche a incursioni della concorrenza - che con grande stile, nella personificazione della pasta Garofalo, affonda il suo colpo su Facebook:

e chi, come Altea, che lo fa in modo mooolto diretto - andando in collisione frontale con il "Dove c'è Barilla, c'è casa". 

Da capire poi se qualcuno non si arrabbierà anche per questa pubblicità, che potrebbe essere vista come un bieco sfruttamento dei gay e del pasticciaccio Barilla... (vedi alla voce "paraculaggine" - anche se mi dicono che forse è una pubblicità fatta già qualche tempo fa...)

E qui, se permettete, finisco la cronaca, tanto la trovate ovunque. E nel mentre che scrivo chissà quante altre belle cose stanno succedendo.


Questo epicfail, è lecito domandarsi, farà realmente dei danni all'azienda? Beh, difficile dirlo. Occorrerà vedere l'andamento delle quote - e quelle non le vedremo mai, noi del pubblico.

Quelli che si scagliano tanto furiosamente contro Barilla… sono davvero consumatori del prodotto? 

Ho dei sospetti che un attivismo in rete sia in qualche modo legato a dimensioni culturali che si riflettono anche sui consumi - non so, sbaglierò ma vedo la pasta Barilla come un prodotto di fascia più bassa… quindi di lì non si perde quota, perché già non c'è.

La famiglia italiana, a fronte di queste dichiarazioni, boicotterà Barilla? Mah. In genere la gente ragiona con il portafoglio. Tanti sono già passati alle marche del supermercato, che costano meno. 

Altri, come me, comprano un paio di marche premium (tipo Garofalo) quando sono in promozione al supermercato - mi stocco per qualche mese e il divario di prezzo con Barilla si riduce molto sensibilmente, per un prodotto ovviamente organoletticamente superiore.

I gay boicotteranno Barilla? beh, questo è più probabile.

Certo è che, in un momento di mercato difficile, invitare i consumatori ad andarsene, se vogliono, rischia sempre di far scattare ragionamenti che sarebbe meglio non insinuare nella testa della gente. 

Fa brutto dire una cosa che suona come un "per quello che ce ne frega, potete anche andarvene da un altro". Indipendentemente che si parli a omo, eteri o bisessuali. Con la fatica che fanno le marche mass market ad essere inclusive…

Tra l'altro in un momento in cui Barilla deve anche confrontarsi con una insidiosa bufala che sostanzialmente dice che i loro prodotti sono cancerogeni.

In realtà potrebbero anche guadagnarci, dall'operazione. Se infatti qualcuno abbandona Barilla e va verso l'alto, cambiando marca, rischia di comprare comunque un prodotto di proprietà della Barilla… venduto con margini più elevati. Dato che Voiello è proprietà di Barilla. 

Quali lezioni trarre? Quali domandi porsi?

beh, secondo me:

1. Tutto comunica. Specialmente una persona che fa parte della famiglia proprietaria di un'azienda. E' ovvio che occorre essere consapevoli che ciò che si dice sarà diffuso alla popolazione rapidamente.

2. Se si va in una trasmissione in cui fanno di tutto per estrarre commenti, dichiarazioni controversial, in cui vivono su scandali che generano un audience morbosamente affezionata - occorre essere triplamente cauti. Sapendo che là fuori ci sono testate che non vedono l'ora di soffiare sul fuoco, anche reinterpretando cose dette per dare un tono un po' più piccante.

3. Quando si comunica è saggio darsi l'obiettivo di fare del bene alla propria marca. Portare business. Se necessario e opportuno prendendo posizioni, certo. Essendo controversial se è il caso. Ma se controversia deve essere, che sia pianificata e gestita.

4. In realtà, escludendo i gay era ovvio che si sarebbero scatenate polemiche, danno d'immagine, insulti e boicottaggi. Magari, l'abbiamo detto, che coinvolgono gente che già non consuma Barilla. Magari che non portano poi danni economici all'azienda.

5. Un conto possono essere le opinioni personali (e si dice "io"); un conto quelle aziendali (in cui si usa il "noi"). Se si usa il noi si parla a nome del management, dei quadri, dei dipendenti. E' l'azienda che prende posizione. E non sempre è saggio (o sensato, o giusto) che un azienda - che vive per fare profitto - prenda posizione su dinamiche umane e sociali.

E in questo momento è stata messa in difficoltà tutta l'azienda, con un affannoso mobilitarsi per cercare di affrontare quella che si è trasformata in una crisi di immagine su scala planetaria (ad es. : https://www.facebook.com/BarillaUS/posts/592044824175763)

Ma la vera domanda è: con un'iniziativa di questo genere  - e dico iniziativa perché penso che una persona di quel calibro pensi bene a quello che dice, rifiuto di immaginare che parli senza pensare alle conseguenze - ecco, con un 'iniziativa così, quale beneficio ci si poteva attendere per il business aziendale?

E quindi la vera considerazione è: Se vuoi fare una cosa che non vedi come possa avvantaggiarti ma che potrebbe in qualche maniera penalizzarti… ma chi te lo fa fare di prenderti questa gatta da pelare?



Approfondimento: qui uno storify sul caso, può essere interessante. Qui un altro storify.