Visualizzazione post con etichetta ricerca. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ricerca. Mostra tutti i post

mercoledì, ottobre 21, 2015

Bellissimo: Assassin's Creed lancia il motore di ricerca del XIX Secolo



Operazione molto bella.

In grande stile o meglio, con un bell'impegno e un bel budget. Ma, si sa, quello dei videogame è un settore dove girano i soldi, dove devono girare gli investimenti, dove wow effect e cool effect sono elementi chiave per decidere del successo o meno di un titolo.


Il 23 Ottobre (sì, è quasi qui) arriva la nuova release del famoso gioco - Assassin's Creed Syndicate, ambientato nella londra del 1868, deve assolutamente cercare di replicare e superare il successo delle puntate precedenti.

Tra le varie attività di comunicazione, bellissima pensata quella del motore di ricerca del 19° Secolo.
Ecco il link:


Un Search Engine che ci dà le risposte alle nostre ricerche (ovviamente su un numero limitato di termini) in pieno flavour tardo '800.

E sì, c'è anche il vintage porn (adeguato agli standard culturali del periodo).



The 19th Century Search Engine has been created to allow fans to brush up on their 19th century knowledge beforeAssassin’s Creed Syndicate launches later this month. Assassin’s Creed Syndicate will take place in London in 1868, during the peak of the Industrial Revolution, as players control sibling assassins, Jacob and Evie Frye (credit).

Bella l'art direction, bella l'idea, bella l'esecuzione del content.


Naturalmente l'idea non è del tutto originale, ma è comunque una gran bella operazione.

Il riferimento culturale va dal retrofuture allo steampunk, impossibile qui non citare "The Difference Engine" di William Gibson, profeta del Cyberpunk e Bruce Sterling - un libro che secondo me sta alla base dell'ispirazione per questa idea di comunicazione (se non l'avete letto, leggetelo, è la storia di un passato distopico, un'Inghilterra vittoriana dove sono stati inventati i computer - ovviamente meccanici e a vapore - libro davvero notevole).

giovedì, gennaio 22, 2015

Ricerca: perché la gente va in Rete? 4 Motivi



Segnalo questa ricerca di AT Kearney - "Connected Consumers Are Not Created Equal: A Global Perspective " 

Ci dice cose interessanti, specialmente una cosa: quali sono i motivi per cui le persone vanno in Rete, si connettono.

Spunti che se vi occupate di marketing, di strategia, se fate il planner sono il bread and butter del vostro lavoro quotidiano :-)

I motivi sono (in corsivo i miei commenti, le mie riflessioni):

Interpersonal Connection
La rete è un luogo sociale, dove si intessono relazioni nuove e si dà un valore aggiunto, un piano addizionale a quello "fisico", una sua continuazione o una sua sostituzione quando "dal vivo" non ci si può relazionare. L'uomo è un animale sociale e come tale trasforma e usa tutti i mezzi a quel fine. La marca può intervenire come abilitatore, sponsor, tool in tutto questo ?
(vedi nota alla fine del post)

Self-Expression
Dove forse dovremo parlare di Selfie-Expression :-) Dove tutti abbiamo qualcosa da dire, e molti lo dicono. Dai livelli più alti a quelli più rosiconi, la Rete ci permette di dare voce ai nostri pensieri. Dallo sfogatoio delle frustrazioni e delle paranoie complottiste al pensiero profondo, da filosofo, che una volta si poteva sfogare solo nell'agorà. Area sfruttata fino alla nausea (perché spesso in modo banale) dalle marche, ma che è ancora molto potente.

Esplorazione
Di marche, prodotti, idee, curiosità, gattini. La Rete ha fatto esplodere le nostre capacità di esplorare l'universo delle cose e delle idee... senza peraltro dare grandi garanzie di affidabilità.
Marche forti sono quelle che mi permettono di scoprire nuove idee, nuovi fenomeni culturali, nuovi meme e "mai più senza"

Convenience
Qui entra pesantemente (anche) il mondo dell'ecommerce. Praticità, facilità. Se fate ecommerce vivete (anche) di questo - forse più che di prezzo. Se fate retail fisico questo è uno degli elementi che potrebbero buttarvi fuori dal mercato. Certo, non tutti gli italiani usano l'ecommerce. Solo quelli di reddito tutto sommato più elevato, di cultura più alta... dipende su che mercato siete. Se vendete la pasta e i prodotti discount probabilmente per un po' siete ancora tranquilli... a parte i fatto che i margini sono ridicoli.

Altre cose interessanti dalla ricerca li copio e incollo.


  • Four motivations for connectivity. People go online because it meets four basic, universal needs: interpersonal connection, self-expression, exploration, and convenience. But respondents from different countries were more motivated by different factors. For example in emerging markets and places where offline expression is limited, the ability to express an opinion rates very highly; in more mature markets, exploration and convenience matter more.
  • The power of social media. Social networks are the places where connected consumers spend the largest amount of their time online. Social networks and social marketing are very effective in generating brand interest and purchases among younger consumers. However, the number of users on a social network is not necessarily an indication for engagement or, importantly, purchases. Furthermore, different social media sites display different usage patterns in different countries.
  • The convergence of physical and online stores. While most purchases today are still made in store, more than half of the survey respondents say they prefer shopping online as well as the online experience. Connectivity does not mean that consumers do everything online, but being connected offers access, speed, and convenience, and enhances the overall the experience. 


  • Approfondimento:
    http://www.atkearney.com/consumer-products-retail/connectedconsumers/full-study/-/asset_publisher/Aj6WmQ8WDHBx/content/connected-consumers-are-not-created-equal-a-global-perspective/10192

    Nota: la ricerca parla di Interconnessione personale - io preferisco pensare in termini di interconnessione emotiva.
    Dove la connessione non è fatta solo con persone, ma con tutti gli oggetti, gli attori, i soggetti con cui la nostra affettività, emotività si attiva.
    Detta in maniera più banale, qui ci entrano anche le marche e (certi) prodotti, che possono avere un ruolo non banale nella sfera emotiva delle persone e magari riempire vuoti esistenziali che religioni, ideologie, strappi della società hanno aperto nell'anima delle persone.

    Cito da "Strategia Digitale"*:

    Si potrebbe scrivere un’enciclopedia su come l’arrivo di internet abbia cambiato la società e come le persone si relazionino in modo diverso, specialmente per effetto dei social media. L’entrata in questa arena di aziende e organizzazioni, che hanno visto nella possibilità di creare relazioni affettive un vantaggio competitivo, ha cambiato lo scenario del marketing; non si tratta infatti di fare advertising ma di cambiare il modo in cui le aziende prendono posto nel mondo delle persone.

    Di qui nel tempo si sono create attese e aspettative relativamente all’approccio di relazione delle e con le aziende. Non è detto che tutte si debbano relazionare - anzi: molte marche non sono titolate a relazionarsi ma solo a informare (va benissimo offrire sconti senza pretendere di essere grandi amici). È, in effetti, un errore abbastanza grave pretendere a tutti i costi di avviare una relazione o di costruire una “community” con persone che non ne sentono il minimo bisogno. Forse la nostra marca o il nostro prodotto non sono in grado di suscitare emotività, coinvolgimento, forse possiamo al massimo suscitare un sorriso - che sicuramente influisce sulla percezione e forse sulle preferenze d’acquisto. Sicuramente non possiamo imporre un’interazione se non siamo interessanti. Qui i casi sono due: non siamo stati abbastanza bravi nel nostro marketing, oppure il nostro prodotto proprio non ha speranze. È vero che con tempo, denaro e costanza, probabilmente si riesce a costruire un immaginario e una relazione su quasi qualsiasi cosa, usando professionisti capaci e dandosi un orizzonte temporale. D’altra parte però è sano domandarsi se il gioco vale la candela. Se questi investimenti di lungo periodo davvero porteranno risultati tali da giustificare i costi. Se davvero, una volta riusciti a trasformare la nostra marca di bulloni in un lovemark, riusciremo a sbaragliare la concorrenza sui prezzi dei cinesi.

    * Strategia digitale. Il manuale per comunicare in modo efficace su internet e i social media

    lunedì, gennaio 19, 2015

    Ricerca (scaricabile): la Rete incorona il Private Label - minor costo, stessa qualità

    Segnalo questa interessante ricerca fatta da The Fool, attraverso un profondo e mirato ascolto della rete, sulla percezione delle private label.

    Ma prima un caveat. 
    Come tutte le ricerche  anche questa ha dei limiti. E le ricerche sull'ascolto ci fanno ascoltare solo quelli che parlano. Le cui opinioni possono essere o meno rappresentative di quelli che non parlano. 

    Che a volte sono una maggioranza. Silenziosa. (per approfondimenti, si veda questo mio post).

     Detto questo, si riconferma che in tempo di crisi e di tagli alla comunicazione, le marche private dei supermercati rappresentano un competitor durissimo per le marche. 

    In questo scenario complicato dove la Grande Distribuzione è un alleato insostituibile (perché ti mette in vendita i prodotti) e un concorrente temibile (perché i prodotti te li copia e ti fa una concorrenza molto dura).

    Dove quindi per vincere è fondamentale l'innovazione continua e la comunicazione, per costruire la percezione della differenza tra la tua marca e quella del supermercato (sperando che esista davvero: è sempre interessante leggere le etichette e scoprire chi produce i prodotti a marchio commerciale).

    Parliamo ora della ricerca, di cui riporto alcuni estratti. Dove una delle cose più interessanti è il fatto che in molti casi queste marche ben percepite, a marchio della catena, non comunicano sui social o non comunicano come potrebbero.

    Dove quindi (ipotizzo) c'è un fenomeno di vampirizzazione della comunicazione del marchio imitato. La GDO lascia che i grandi brand costruiscano la percezione di una categoria di prodotto, di un tipo di prodotto, ingrediente, concetto... e poi cercano di fare in modo (principalmente con il packaging) di far pensare alle persone "ah, ecco, questo è uguale ma costa meno e va bene lo stesso".

    Cito:

    "Uno studio prodotto sull’analisi di migliaia di conversazioni della Rete relative alla attenzione e percezione dei prodotti a Marca del Distributore nella Grande Distribuzione Organizzata ed alla attenzione ai Social delle principali realtà di settore."

    "Il consumatore sui Social apprezza i prodotti a Marca del Distributore, che ritiene uguali (quando non superiori) ai prodotti di Marca dell’Industria e ne discute sui Social scambiando esperienze e consigli."

    "La diffidenza o la scarsa opinione verso questi prodotti è bassissima (inferiore al 6%) mentre per oltre un terzo (36%) dei consumatori che discutono online i prodotti a Marca del Distributore rappresentano un prodotto “a qualità uguale a quello a Marca Industriale”. Non solo: per una importante percentuale degli utenti (27%) della Rete il prodotto a Marca Privata rappresenta una scelta “smart”, soprattutto in un momento caratterizzato da stress finanziario verso le famiglie italiane, poiché classificato come “a stessa qualità e minore prezzo”. Una significativa percentuale del campione inoltre (30%) ritiene addirittura la Marca Privata “migliore del prodotto a marca industriale” soprattutto in funzione del rapporto qualità-prezzo e del comparto dei prodotti Biologici dove la Marca Privata pare rivestire un ruolo di primaria importanza nelle opinioni dei consumatori.

    A questa attenzione da parte degli utenti non corrisponde invece altrettanta attenzione da parte dei principali Brand del settore: ben il 52% del campione dei 34 Brand indagati risulta assente da qualunque Social Network, con assenze eccellenti anche di marchi di primaria importanza sul territorio nazionale."

    "Tra le Marche Private più discusse online appare in predominante posizione COOP, seguita da Eurospin, Esselunga, Carrefour, Lidl e Conad: gli utenti della Rete usano per informarsi e commentare i prodotti di Marca Privata i Social Network (24%), i Forum (26%) e ruolo fondamentale ancora una volta è rappresentato dai Blog (42%) mentre solo una esigua parte (8%) utilizza le news tradizionali come fonte informativa."

    La ricerca è interessante e la potete scaricare qui:


    Potete anche scaricare l'estratto della ricerca Brands & Social Media sulla GDO fatta dall'Universtà Cattolica e da Digital PR qui, ricerca per certi versi complementare:





    giovedì, dicembre 18, 2014

    Quanto è difficile per una marca farsi vedere su Amazon: ricerca

    Oggi vi segnalo una ricerca di Millward Brown.

    La sintesi: sappiamo quanto possa essere potente Amazon come canale distributivo per un prodotto, una marca. 

    Ma la lotta per riuscire a farsi vedere (e quindi comprare) è bella tosta. 

    A settembre è stata condotta un'analisi negli US: su 75 milioni di persone che sono andate sul sito, solo il 30% è andato oltre la prima pagina di risultati. 

    Si ripropone allora anche su Amazon l'effetto Google - dove o si è nelle primissime posizioni o spesso è come non esserci. 



     Infatti risulta che solo un 20% dei visitatori è pronto ad andare a visitare la seconda pagina, un 12.6 la terza e meno del 10% è disposto ad andare oltre (io personalmente devo essere nell'ultimo 0.5%, visto che di pagine ne guardo anche a decine, pur di poter   trovare  "una soluzione migliore"... ma so di non essere il target tipico).

     In effetti quello che capita è un fenomeno ancora molto legato ai modelli del retail tradizionale: faccio un (rapido?) giro, guardo cosa c'è sullo scaffale, se un prodotto mi colpisce l'occhio lo compro, senza investire troppo tempo e fatica a comparare, a esplorare.

    Quindi se la mia marca o prodotto non sono ben visibili.... (infatti ai supermercati si paga per avere l'esposizione preferenziale, quella che rende più visibile il tuo prodotto). Su Amazon invece, è il mitico algoritmo che decide tutto.

    Ecco allora che se già la nostra marca per farsi vedere in rete deve pensare ad un approccio di "Google Marketing" (sviluppo la mia comunicazione per piacere a Google, non solo alle persone - in modo da avere visibilità sul motore di ricerca), deve anche pensare a un "Amazon Marketing (devo piacere all'algoritmo di Amazon per uscire in prima pagina nella lista dei prodotti ricercati.

    Anche perché le persone (almeno negli US) non sembrano esser molto sofisticate o analitiche o interessate alla reale comparazione e ottimizzazione dell'acquisto: dalla ricerca risulta che un 35% clicca sul primo prodotto della lista, un 17% sul secondo. 

    Approfondimento: 

    Detto questo, va rilevato che se per le marche è dura, nemmeno per Amazon son tutte rose e fiori: al di là del casino combinato pochi giorni fa ( Il Natale nero di Amazon ) ci sono brutti segnali, come i problemi sindacali avuti in Germania e la decisione di non essere più disponibile a San Marino per disaccordi sul pagamento delle tasse di importazione. E anche le vendite non sembrano essere all'altezza delle aspettative:
    http://www.nytimes.com/2014/12/02/technology/to-gain-the-upper-hand-amazon-disrupts-itself.html?smid=pl-share&_r=0

    Per non parlare del fatto che molte persone considerano Amazon una "evil company" e cercano di evitarla, quando non addirittura di attaccarla... insomma, sarà interessante seguire l'evoluzione dei fatti.

    martedì, novembre 25, 2014

    Acquisti online/offline? Il Webrooming batte lo Showrooming (Ricerca).


    OK, i retailer erano già tutti belli preoccupati per lo showrooming quando adesso salta fuori che la tegola che gli cade in testa è un'altra, ed è pure peggio.

    Per chi non si ricordasse: lo Showrooming è il fenomeno del possibile cliente che entra nel negozio (fisico), guarda il prodotto, si prova la taglia, dice "grazie, ci penso" e poi si fionda a comprare il prodotto da un retailer online, cercando di risparmiare soldi (e ci si riesce, quanto ci si riesce, se si sta dietro alle offerte speciali...).

    Problemone, discussioni sul ruolo dei negozi fisici (a parte i flagship stores, che al limite potrebbero anche fregarsene, se di proprietà dell'azienda... diventano una sorta di piattaforma di comunicazione, più che di vendite...).

    Insomma leggetevi i miei post precedenti sullo showrooming (li metto sotto) e andiamo avanti.

    Ora invece salta fuori da una ricerca - FutureBuy 2014 di GfK (sì, la potete scaricare dal link) - che il numero di persone che prima di comprare online sono andati in un negozio fisico è sceso, in percentuale dal 37% al 28%.

    Mentre invece è schizzato al 41% la percentuale di quelli che hanno fatto il webrooming, ovvero la ricerca l'hanno fatta, da un device mobile, solo sui negozi online e la distribuzione fisica proprio non se la sono filata. 

    Il che è malissimo, perchè se vengono a farti showrooming, magari... già che sono lì... se invece in negozio proprio non ci entrano...

    La ricerca dice un'altra serie di cose interessanti - ecco una sintesi della press release:


    The complex interplay between online and in-person shopping in the US has tilted slightly in favor of bricks-and-mortar retailers, according to GfK’s 2014 FutureBuy® global study of shopping habits and preferences. Incidents of smartphone “showrooming” – seeing a product in a store, then buying it online from another retailer using a smartphone – dropped from 37% in the US last year to 28% in 2014. But “webrooming,” in which consumers buy in a store after researching a purchase online using a smartphone, was reported by an even higher proportion of respondents, 41%.
    Use of a smartphone or tablet to “webroom” topped “showrooming” on those devices by 12 to 14 percentage points among Baby Boomers (ages 50 to 68) and Generations X (35 to 49) and Y (25 to 34). Only Generation Z preferred showrooming – and not by much.
    US shoppers who decided to make their purchases in a bricks-and-mortar environment were motivated by key differentiators such as “see and feel before buying” (58% prefer bricks and mortar, versus 9% online), “get products sooner” (53% versus 16%), and “hassle-free returns” (35% versus 10%). When online was the preferred purchase venue, attributes such as “save money” (61% versus 28%), “easier” (53% versus 24%), and “better selection” (46% versus 16%) were deciding factors.
    Though PCs and laptops still account for the lion’s share of online research and purchases, mobile devices (smartphones and tablets) are playing a growing role. Internet shopping via a traditional home computer (PC or laptop) dropped from 78% to 63% in the US in just one year, while use of mobile devices doubled – from 8% to 15% for smartphones, and 5% to 10% for tablets.
    Ed ecco per approfondire il tema showrooming:

    Che paura lo Showrooming: in negozio si paga per entrare.


    mercoledì, novembre 19, 2014

    SoDA Digital Marketing Report (scaricabile). Da leggere: dove sta andando il Digital Marketing?


    Ecco la nuova edizione del SoDA Digital marketing report.

    Per chi non la conosce è una pubblicazione curata dal SoDA, che è la "primary multinational organization focused solely on leading and representing top digital agencies and elite production companies through unparalleled collaboration, knowledge-sharing, business support and exploration of how technology can be leveraged to transform consumer experiences."

    Si parla, in questo report (di cui vi embeddo lo Slideshare qui sotto ma che è anche disponibile sul sito http://sodareport.com/), di una serie di trend interessanti, con una serie di contenuti che fanno pensare.
    Research and findings in Volume 1 revealed several key shifts in marketer/agency relationships and major discrepancies on topics such as: areas that brands and agencies believe are most valuable to clients, reasons clients walk away from agency relationships and the biggest talent shortfalls within client organizations. In this edition, we continue to explore some of those same findings, offering very different perspectives and lines of reasoning in an effort to challenge our own assumptions and improve our analysis of important industry issues.
    The meticulously-curated editorial sections within the Report include Industry Insider, Modern Marketer and Tech Talk. You’ll also find an exemplary collection of projects from SoDA members and partners that feature work with world-renowned brands such as Coca-Cola, Nike, Google, Pepsi, and YouTube in addition to immersive digital experiences for museums and academic institutions.

    martedì, novembre 11, 2014

    Ricerca scaricabile: a che punto è l'ecommerce in Italia


    Segnalo questa lettura importante per chi si occupa di marketing e strategia digitale.

    Si tratta dell'aggiornamento trimestrale della ricerca “Net Retail – Il ruolo del digitale negli acquisti degli italiani”, realizzata da Netcomm

    Vi faccio una sintesi della sintesi (presa dalla press release) - poi la ricerca la potete scaricare qui.
    • Il Net Retail cresce del 24,2% in Italia nell’ultimo anno, sono aumentati del 23,4% gli acquirenti abituali.
    • Al 23% la quota di chi negli ultimi sei mesi ha fatto acquisti via App su un dispositivo mobile. 
    • Gli e-shopper hanno un’età media di 40 anni e sono uomini per il 55,4%
    • 21,8 milioni di italiani hanno comprato online almeno una volta nella vita, di questi 10 milioni sono acquirenti online abituali (una volta al mese) 
    • 56 acquisti su 100 sono relativi a prodotti fisici, 44 riguardano beni digitali e servizi ma in termini di valore il rapporto d’inverte: ogni 100 euro spesi online, 54 sono spesi per beni digitali e servizi 
    • 23% la quota di acquirenti online che negli ultimi sei mesi ha fatto acquisti da app su dispositivo mobile 
    • 15 acquisti sono originati da dispositivo mobile ogni 100 acquisti online 
    • il 56,6% degli acquisti online avviene presso un sito sul quale si era già acquistato nel passato 
    • 9,5 milioni di consegne medie mensili di prodotti comprati online 
    • 103 euro è lo scontrino medio degli acquisti online nel periodo estivo
    Oltre 100 milioni di nuove esperienze di acquisto online saranno prodotte nel corso del 2014, su siti web o con App che gli acquirenti non avevano mai utilizzato in precedenza e in metà dei casi l'esperienza di acquisto ha tutte le caratteristiche di una "prima volta". 

    Tra i quasi 16 milioni di acquirenti online degli ultimi tre mesi si rileva che il 18% ha fatto almeno un’esperienza di acquisto utilizzando un’App su Smartphone e l’11% almeno un acquisto utilizzando un’App su Tablet (il 6% su entrambi i dispositivi). 

    La terza rilevazione del 2014 conferma la crescita dei volumi stimata a inizio anno, stabile intorno al 25% rispetto al 2013. Il profilo della curva mensile mostra l’evidente stagionalità del fenomeno: i picchi di luglio mettono in risalto il forte contributo del settore turistico. Il peso del comparto turistico nella spesa online è passato dal 25% nel primo trimestre, al 34% nel secondo, fino al 41% nel trimestre appena concluso.

    Nel giro di tre mesi la quota di acquirenti da App sul totale degli acquirenti online è passata dal 20% al 23%. Si tratta di un segmento di consumatori molto interessanti da rilevare, in quanto acquistano con importi medi più elevati e con frequenza maggiore della media.
    Nella prima metà del 2014 è stata superata la soglia delle 50 milioni di transazioni online ogni trimestre. Il dato è leggermente calato dopo la primavera ma l’andamento sin qui rilevato consente di stimare per l’anno in corso oltre 200 milioni di transazioni complessive. 

    Meno della metà degli acquisti del terzo trimestre riguarda beni non materiali mentre il 56% degli acquisti online mette in movimento un bene fisico. La frequenza media di acquisto è pari a 3,1 transazioni nel trimestre per acquirente (poco più di una al mese). La diversa frequenza di acquisto consente di distinguere tra acquirenti abituali (almeno una volta al mese) e acquirenti sporadici (uno o due acquisti nel trimestre). 

    Tale segmentazione mostra che il mercato è sostanzialmente guidato dal segmento degli acquirenti abituali: 10 milioni di individui che generano la quasi totalità del valore del Net Retail. La crescita del valore complessivo del Net Retail è al momento pari al 24,2% anno su anno. La dinamica di crescita era già sostenuta negli ultimi anni (tra il 15 e il 20%) ma ha conosciuto una forte accelerazione a partire dall’autunno del 2013. La frequenza di acquisto di prodotti fisici cresce a un ritmo superiore rispetto a quanto avviene per i servizi e i beni digitali.


    Il profilo di chi compra online:
    • Il profilo di età degli acquirenti online presenta un fenomeno popolato in particolare nelle fasce centrali (25-44 anni), in modo ancor più pronunciato per gli acquirenti abituali. Gli acquirenti sporadici sono più numerosi nella fascia giovane 18-24 e in quella over 54. Vale la pena rilevare che il profilo di età degli acquirenti online è molto più giovane della media della popolazione italiana e si concentra nelle fasce centrali di età (25-44 anni). Il 12,4% degli acquirenti abituali ha più di 54 anni, a fronte del 38% dell’intera popolazione 
    • Nessuna particolare differenza per sesso tra abituali e sporadici: come già avviene nell’intera utenza Internet, si nota per entrambi una leggera prevalenza maschile (55%). L’utenza Internet italiana è leggermente più popolata da uomini e questo si riflette nella composizione degli acquirenti abituali: nel 56% uomini rispetto alla media italiana del 48%. Tra gli acquirenti online abituali la concentrazione di laureati è quasi tre volte superiore alla media della popolazione. 
    • Gli acquirenti online abituali si concentrano nei grandi centri urbani: al crescere della dimensione del centro di residenza cresce la concentrazione di acquirenti online nella popolazione. Nei piccoli centri (meno di 10mila abitanti) si trova 1 acquirente online ogni 5,8 individui, nei grandi centri 1 ogni 2,1.

      Il valore degli acquisti per categoria disegna una distribuzione concentrata in poche categorie: in testa i prodotti di viaggi e turismo, seguiti dall’elettronica, nelle diverse forme, i servizi assicurativi, l’abbigliamento e gli accessori. 

      Il device utilizzato influenza la frequenza di acquisto online. In generale si nota che gli acquirenti online da smartphone fanno acquisti più frequenti, caratterizzati da un importo medio paragonabile a quello di chi utilizza altri dispositivi: si tratta quindi di un segmento più alto spendente. L’analisi si concentra sugli acquisti dei soli prodotti fisici e sulle differenze di comportamento tra il segmento che compie l’acquisto da un computer tradizionale (desktop o notebook) e quanti utilizzano un dispositivo mobile.
    E’ evidente l’effetto stagionale sulla distribuzione della spesa: a settembre si conferma il trend già evidenziato prima dell’estate, caratterizzato dal forte aumento dell’incidenza dei servizi turistici. Le prime due categorie sono legate ai viaggi e al turismo e generano a settembre il 41% del valore degli acquisti online, in crescita rispetto al 33,8% di giugno e al 25,2% di marzo. Le prime cinque categorie sviluppano oltre metà dell’intero valore del mercato (il 58,7%, in crescita rispetto al 57,6% di giugno e al 49,8% di marzo). Le categorie più ricche sono caratterizzate da un’ampia platea di acquirenti e uno scontrino più elevato della media. Il 53,5% del valore degli acquisti online è generato da servizi e beni digitali, era il 47,2% a giugno e il 44,6% a marzo. Tra le categorie di prodotti cresciute di più negli ultimi anni si segnalano l’abbigliamento e le calzature, gli elettrodomestici, i prodotti alimentari e i servizi online a pagamento (App e acquisti in-App inclusi).

    lunedì, ottobre 27, 2014

    Ricerca scaricabile. La Reputazione? Nasce dalle opinioni ed esperienze condivise dalle persone.


    Interessante ricerca: "The Social Consumer Study - Social Media and Societal Good" prodotta dalla Society For New Communications Research.

    Segnalo questa ricerca, visibile su Slideshare, che mi sembra interessante (ve la "embeddo" sotto).

    Tra i dati più interessanti:
    1. La reputazione sempre di più nasce dalla condivisione di opinioni ed esperienze da parte delle persone, che parlano ad altre persone. Quindi ciò che l'azienda predispone, pianifica di comunicare si incontra / scontra con ciò che dicono le persone.

    2. I consumatori sono più critici, informati e attenti. Disincantati, vogliono vedere la sostanza, non solo le belle promesse, vogliono informazioni "relevant", vogliono capire perchè si dovrebbero fidare di noi.

    3. C'è una marcata differenza (negli US) tra uomini e donne: le donne hanno una probabilità doppia, rispetto agli uomini, di rivolgersi ai social media per informarsi e supportare le proprie decisioni d'acquisto. E hanno una maggiore sensibilità rispetto al committment dell'azienda verso la società.

    4. Le persone che condividono informazioni online sono una minoranza rispetto al totale degli user. Ma questi esercitano un'influenza sproporzionata su coloro che si limitano a leggere.

    5. il 71% degli intervistati usa regolarmente i Social per raccogliere informazioni, per restare informato.


    E un sacco di altre cose interessanti.
    Poi, lo sappiamo, gli USA sono diversi dall'Italia, però...



    mercoledì, ottobre 15, 2014

    Quali sono le 100 marche che valgono di più? BrandZ (la #1 è cambiata...)



    Ecco la nuova edizione della ricerca di BrandZ, sulle 100 marche dal maggiore valore economico complessivo (in realtà è uscita a Maggio...ma non avevo ancora trovato il tempo di parlarne).

    Indovinate un po' chi c'è al #1, qual è la marca dal maggior valore nel nostro sistema solare...

    Se avete 4 minuti, guardate il video:



    Se non li avete o ne avete di più, ecco la presentazione che potete sfogliare online

    Oppure qui sotto trovate la ppt in Slideshare:




    L'infografica la scaricate qui

    Se non vi basta, ecco il link all'app per iOS e per l'app Android.

    E qui il video di presentazione che spiega tutto l'ambaradan (1h 22'):

    mercoledì, settembre 24, 2014

    Osservatorio Brands & Social Media: la GDO in Italia. Il leader è...

    Nuova puntata della nostra ricerca Brands & Social Media, sviluppata insieme a Osscom - questa volta il focus è sul mondo della Grande Distribuzione Organizzata.




    Attraverso la ricerca sono state analizzate 20 fra le principali aziende della Grande Distribuzione Organizzata, per identificare le strategie di comunicazione adottate in Italia e individuare le best practice.

    La classifica vede al comando Carrefour, con 55,2 punti, seguito a distanza da Lidl con 43,1 punti eCoop con 38,7 punti.

    Le principali evidenze emerse:


    • Questo settore privilegia Facebook come principale piattaforma per comunicare con i propri clienti, con particolare enfasi sui prodotti venduti e le promozioni del momento.
    • L’utilizzo di applicazioni per smartphone consente ai brand della GDO di rimanere connessi ai propri consumatori, offrendo informazioni sui punti vendita, le offerte in corso, o funzioni di lista della spesa e consultazione della propria carta fedeltà.

    • I brand più attivi riescono a costruire delle community tematiche legate alle abitudini di consumo naturale, per bambini, ecc.) e le pratiche di acquisto degli utenti, anche attraverso offerte e servizi dedicati.





    Maggiori informazioni sul sito di Digital PR

    giovedì, maggio 22, 2014

    Socialnomics 2014, video da presentazione #strategiadigitale


    Una delle cose che diciamo nel nostro libro (una banalità?) è che occorre rimanere aggiornati su quel che succede. Nel mondo. Nel mondo digitale. Sui mercati. Sui media.

    In questo senso può essere utile darsi un'occhiata a questi 3 minuti circa di video, che contengono un po' di "ultime statistiche" sui Social e sul loro impatto sui mercati, sulle persone, su come viviamo.

    Probabilmente tutte cose che chi legge questo post più o meno sa (magari una rinfrescatina ai numeri serve) ma che possono essere degli "eye opener" per Clienti e Prospect, o per alunni. Quindi condivido, sperando serva... :-)

    Note:
    Questo post è il secondo di una serie di contenuti di approfondimento legate al nostro libro (Strategia Digitale, il manuale) - riflessioni e approfondimenti - cose che dentro al libro per motivi di spazio non ci sono state o notizie/casi che illustrano bene cose di cui abbiamo parlato, idee che entrano nel discorso della strategia e del digitale.

    Questi contenuti ( su base rigorosamente irregolare) saranno pubblicati sul blog di Giuliana e/o sul mio, e vastamente amplificati sui social, compresa la pagina Facebook
    (www.facebook.com/StrategiaDigitale)
    che stiamo costruendo - cui potete partecipare anche voi, se volete.
    Questi contenuti saranno contraddistinti ovviamente, dall'hastah #strategiadigitale :-)

    Messaggio promozionale: se siete interessati a comprare il manuale, cliccate sul banner in alto a destra o seguite questi link...

    (Versione su carta) : Strategia digitale. Il manuale per comunicare in modo efficace su internet e i social media

    (Versione digitale): 

    Messaggio informativo: se non avete idea di cosa sia il nostro manuale di strategia digitale, siete arrivati qui per caso ma il tema vi interessa, ecco un link da cui avere ulteriori informazioni sulla nostra opera :

    http://robertoventurini.blogspot.it/2014/04/e-finalmente-e-uscito-il-libro.html

    sabato, aprile 19, 2014

    Buona Pasqua e riassunto settimanale



    Se c'è qualcuno che, con questo lungo ponte in agguato, legge il mio blog - beh, auguri ! :-)

    E visto che siete qui, vi propongo la lista dei post di questa settimana, così se vi siete persi qualcosa.... magari serve.

    Eccola:

    DHL installa la Packstation a Milano: ritiro self-service, aiuterà l'ecommerce?


    e, dato che l'avevo saltata, ecco la lista dei post della settimana precedente:

    martedì, aprile 15, 2014

    Beauty 2.0, il leader è Pupa Milano - Ricerca Brands & Social Media di Università Cattolica + Digital PR su MakeUp/Cosmetici

    Disponibile la nuova puntata della nostra ricerca Brands & Social Media - questa volta il focus è sul mondo del Beauty.

    Fra le tendenze presidio dei social network più diffusi, attenzione al target, consolidamento dell’uso di tutorial, coinvolgimento di YouTuber e blogger.

    Brands & Social Media - Beauty
    (In fondo al post trovate il link all'infografica...)
    L’Osservatorio Brands & Social Media, realizzato da OssCom – Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica – e Digital PR, pubblica il quinto report, dedicato al settore Beauty – Make Up/CosmeticiDiciotto i brand analizzati, selezionati fra i principali all’interno del mercato consumer italiano.
    Leader di classifica è Pupa Milano, con 61,29 punti, seguito a breve distanza da Deborah Milano con 58,48 punti. Al terzo posto si classifica invece Kiko Make Up Milano con 49,28 punti.
    All’interno della classifica il settore presenta una distribuzione omogenea dei punteggi (compresi fra i 61,29 di Pupa Milano e i 16,42 di Miss Broadway), rivelando una buona presenza sui social network e un uso maturo delle piattaforme. Si nota, inoltre, la tendenza a utilizzare le piattaforme più diffuseFacebook e YouTube in particolare, con stili di appropriazione e performance differenziate, ovvero la leadership sui parametri considerati si distribuisce su diversi brand e non su uno solo.
    Il social network maggiormente utilizzato è Facebook (18/18 brand), seguito da YouTube (17/18 brand). Le due piattaforme si presentano rispettivamente come il luogo dove aggiornare quotidianamente le fan su prodotti e iniziative e la repository dei video dedicati ai prodotti e al loro utilizzo. Twitter è invece utilizzato solo da 13 brand su 18, ma i profili realmente attivi durante il periodo di rilevazione sono 10, evidenziando una presenza di settore limitata e una probabile difficoltà ad appropriarsi di questo social network su un mercato come quello italiano dove gli utenti sono ancora una nicchia. Spicca l’utilizzo di Google+ (14/18 brand), anche se nella maggioranza dei casi si tratta di profili di mero presidio, con una scarsa attività da parte degli utenti, o collegati ai canali YouTube. Sorprende anche lo scarso utilizzo dei social media emergenti più visuali, come Pinterest (5/18 brand), Instagram (6/18 brand).
    Pupa Milano, costruisce la leadership di settore attuando una presenza estesa su tutti i social network considerati (tranne Instagram) e costante nelle sue performance. In questo modo riesce a mantenere mediamente elevati sia l’aggiornamento dei contenuti sulle diverse piattaforme sia l’engagement degli utenti. La scelta è quindi quella di presidiare in modo accurato tutti i canali, adattando i contenuti alle caratteristiche di ciascuno, facendo leva soprattutto sulla presentazione dei prodotti e il dialogo attivo con le proprie utenti, principalmente su Facebook (dove conta 677.451 fan nel periodo di rilevazione) e Twitter (16.300 follower nel periodo di rilevazione). Questa tendenza è incentivata dall’aver creato attorno al brand una vera e propria community alimentata anche attraverso il sito dedicato Pupa4Fun e la Pupa Nail Academy dedicata ai tutorial per la nail art realizzate in collaborazione con blogger e YouTuber. Spicca in questo senso un abbondante uso della comunicazione visuale (sviluppato anche su Pinterest) in cui vengono presentati i prodotti e le modalità di utilizzo. Fra i dati quantitativi rilevati Pupa Milano presenta il massimo punteggio per la frequenza di aggiornamento su Twitter (una media di 7,04 tweet al giorno nel periodo di rilevazione) e per il numero di iscritti al canale YouTube (oltre 30.500 nel periodo di rilevazione).
    Deborah Milano presenta caratteristiche simili a quelle di Pupa Milano, sia per quantità che qualità della presenza sui social network, ma con un livello di performance lievemente inferiore. Anche in questo caso si punta alla comunicazione di prodotto e al dialogo con le utenti, coinvolgendo anche blogger e YouTuber per la realizzazione di tutorial. Spicca in questo senso il livello di commenti sui video più popolari del canale YouTube (una media di 114,7 commenti per i 10 video più popolari), concentrati soprattutto sui video tutorial che coinvolgono le YouTuber più famose. Deborah Milano si distingue anche per l’utilizzo sia di Instagram che di Pinterest, attribuendo così un importante valore alla comunicazione visuale dei prodotti.
    Fra gli altri brand spiccano Kiko Make Up Milano per quanto riguarda il profilo Twitter dove è leader per i follower (49.900 nel periodo di rilevazione), retweet (una media di 8,10 nel periodo di rilevazione) e listed (il brand è inserito in 111 liste nel periodo di rilevazione). Il brand bergamasco attira inoltre un elevato numero di fan, grazie anche ad iniziative promozionali ad hoc (oltre 2 milioni nel periodo di rilevazione), ma non raggiunge i vertici della classifica per una presenza meno estesa sui social network considerati per l’analisi e per una minore efficacia del canale YouTube rispetto a quella dei primi due classificati. Notevole è inoltre la performance di L’Oréal Parisper quanto riguarda la media di commenti e di like su Facebook (rispettivamente una media per post di 89,5 e 1573,75 nel periodo di rilevazione) e per il numero di visualizzazione dei caricamenti su YouTube (41.622.355 nel periodo di rilevazione). Il brand francese riesce quindi a guadagnare il quarto posto in classifica nonostante attui un presidio limitato di piattaforme (Facebook, YouTube e Google+). Da segnalare, infine, le performance di Yves Rocher per quanto riguarda la condivisione dei contenuti Facebook (una media di 1188,82 per post nel periodo di rilevazione), risultato ottenuto anche coinvolgendo le “consigliere di bellezza”, molto attive sulla pagina, e il numero di fan su Facebook di Nivea (13.267.517 nel periodo di rilevazione, un dato davvero notevole se si considera che si tratta di una pagina riservata al mercato italiano).
    Fra le tendenze di settore si può notare l’ormai consolidato utilizzo di tutorial realizzati coinvolgendo famosi make up artist oppure note make up YouTube e blogger, la presenza di una forte fidelizzazione in termini di marca e soprattutto di condivisione della filosofia del brand per quanto riguarda lo stile proposto o l’approccio alla cosmesi. In questa direzione spicca l’attenzione per gli inci (la composizione dei prodotti) da parte delle fan e clienti di brand che usano per esempio materie prime vegetali oppure che storicamente non effettuano test sugli animali.
    “Anche questo settore si presenta come peculiare rispetto alla comunicazione sui social network e la concentrazione sulle piattaforme maggiormente diffuse nel nostro Paese mostra l’attenzione che i brand hanno nei confronti del proprio target, andando a intercettarlo nei luoghi e con gli stili comunicativi più adatti, anche ottimizzando gli investimenti - spiega Piermarco Aroldi, direttore di OssCom -. In questo senso la diversità delle performance si spiega anche in base al diverso mercato e caratteristiche dei brand considerati per l’analisi che spaziano dal mass market alla vendita diretta”.
    “Quello della cosmetica - dichiara Nicolò Michetti - è da sempre un tema molto dibattuto sui social media. E’ un settore dove si parla molto di prodotto e dove la componente visiva è molto forte. Molti brand hanno saputo cogliere quest’opportunità, avviando una conversazione attiva con i propri interlocutori sulle più varie piattaforme social e rivelandone un uso maturo rispetto ad altri comparti. Chi eccelle deve il proprio successo non solo a un uso estensivo e accurato delle varie piattaforme, ma anche alla capacità di adattare sapientemente i messaggi e le storie alle diverse caratteristiche dei canali social, con la creazione di vere e proprie brand community.”
    La ricerca, che si propone di analizzare la comunicazione sui social media di alcuni dei più rilevanti brand nazionali e internazionali presenti sul mercato italiano, si avvale di una metodologia in grado di cogliere con precisione uno scenario comunicativo dinamico e sempre in evoluzione grazie a più di 60 diversi indicatori relativi alle variabili di esposizione, di coerenza e di interazione con il pubblico. Per questo report il campione dei brand beauty più rilevanti sul mercato italiano è stato definito a partire dai fatturati 2013 dei maggiori gruppi cosmetici, confrontato con la classifica degli utenti e quella della giuria dei Beauty Web Awards 2013 e definito in collaborazione con Cosmetica Italia.
    La rilevazione dei dati è relativa al mese di febbraio 2014 e sono stati analizzati i profili rivolti al mercato italiano.
    I dati principali sono riassunti nell’infografica di anteprima allegata al comunicato. Per ordinare i report completi, che contengono anche indicazioni di ordine strategico, è necessario contattare osscom@unicatt.it o info@digital-pr.it.
    Contatti
    Ufficio stampa Milano: ufficio.stampa-mi@unicatt.it – tel. 02 72342307
    Referente: Emanuela Gazzotti emanuela.gazzotti@unicatt.it – cell. 335 1223934
    Digital PR: info@digital-pr.it – tel. 02 319141
    Referente: Nicolò Michetti nmichetti@digital-pr.it – 02 31914270